Sala Romita dell’ex-Caserma Passalacqua, attuale sede del Comune di Tortona. Da diversi anni, arrivati in vista dell’Esame di Stato, le classi terminali del plesso Carbone “ripassano” gli eventi bellici del secolo breve con il supporto di esperti e studiosi della storia locale. A Tortona va riconosciuto un ruolo importante nella storia antica, moderna e contemporanea e molti tortonesi ne sono stati non solo attori, ma protagonisti.
Dell ’Avv. Corrado D’Andrea, il nostro relatore di oggi, abbiamo già imparato ad apprezzare la capacità di coinvolgimento e le scelte documentative (così, è innegabile, la storia è più avvincente). In questi ambienti, da fine ‘800 fino al termine della Seconda Guerra Mondiale furono ospitati prima gli uomini del 43° Reggimento di fanteria, poi il 38° Reggimento della Brigata Ravenna. Le campagne circostanti hanno visto l’azione della Resistenza, hanno assorbito l’eco dei bombardamenti, l’angoscia dei rastrellamenti nazisti, le fucilazioni. Proprio davanti all’ingresso dell’allora Caserma, proprio dove siamo entrati poco fa, si sono fermate le truppe di Liberazione del contingente brasiliano. In questo ampio cortile gli esuli rimpatriati dalla Grecia, dalla Libia, gli istriani, quelli sfuggiti alle persecuzioni titine, si sono raccolti, hanno dato voce al loro dolore, prima di cercare un nuovo inizio…
D’Andrea illustra le carte della ”vecchia“ Europa, quei tracciati di linee di confine che parlano di spostamenti tattici, di interessi economici, di alleanze strategiche, ma su queste motivazioni e dettagli degli eventi passati ci invita a ragionare, per decifrare i “perché” del nostro presente. La comunicazione, sia essa veicolo di propaganda o, per sua assenza, prova muta di repressione, diventa elemento fondamentale per capire la storia; le fanno da contraltare i reperti, i frammenti, le testimonianze, che le attribuiscono una profondità ed un diverso spessore emozionale. Le foto montate sui pannelli della Sala Romita, i frammenti di ordigno, i resti (le briciole, verrebbe da dire) di un aereo da combattimento abbattuto e precipitato nei pressi dl Castello e dei cui piloti D’Andrea è riuscito a ricostruire l’identità “raccontano” e trasmettono con immediatezza l’intensità e la tragicità di ciò che sui libri occupa interi capitoli. Essere lì è stato come sentire il tempo stesso parlare.
Ma solo attraverso la memoria e la consapevolezza possiamo onorare chi ha vissuto quegli eventi e impegnarci a costruire un futuro diverso.
Non c’è enfasi ne retorica quando D’Andrea ci spiega l’ultimo oggetto: è piccolo ed è bellissimo. Ma non è propriamente un reperto di guerra. Per tutta la durata dell’incontro ha ammiccato con discrezione dal colletto della giacca blu dell’Avvocato: è una spillina, un memorabilia da lui acquistato in occasione di un viaggio a Monaco. È una rosellina bianca, è la Rosa Bianca di Sophie e Hans Scholl, di Christoph Probst, Alexander Schmorell e Willi Graf. Studenti appena più anziani di noi che, avendo conosciuto la guerra in tutto il suo orrore, fecero della cultura e dell’opposizione pacifica una scelta di vita, pagata con la vita, contro i deliri nazisti
….. “La Guerra è Follia”. La Pace degli Eroi
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Giovedì 29 maggio, sempre in Sala Romita, si è tenuto l’ultimo appuntamento del progetto “Incontri con la Storia”, in occasione del quale l’ex studente del plesso Carbone e appassionato di storia Marcello Vaccari ha presentato alla classe 5^AR il frutto delle sue ricerche sulla Campagna di Russia.
Durante l’incontro sono stati posti in risalto alcuni aspetti spesso trascurati di questo capitolo di storia, attraverso gli stessi quesiti che, appassionato, si era posto nel suo passato da studente e ai quali, nel corso del tempo e grazie alle ricerche svolte, è riuscito a dare risposta. Mosso dunque dalla curiosità personale, oltre che dall’affezione per la propria città-natale, Vaccari ha voluto proporre una lezione alternativa, non solo scandita da date o da nomi importanti, benchè doverosamente citati ed imprescindibili, ma arricchita da segmenti di vita, storie di soldati e delle loro azioni dimenticate. Ricordando i testi scolastici a volte poveri di immagini, ha voluto proporci una ricca raccolta di fotografie, documenti autentici e filmati, testimonianze degli attimi di vita quotidiana e della tragedia degli uomini impegnati sul fronte russo.
Se da una panoramica iniziale, risulta che l’esercito italiano fosse numericamente inferiore ai contingenti Alleati, i suoi uomini si sono distinti su più fronti per la loro tenacia e, non ultima virtù, per la loro umanità.
Vaccari ha particolarmente a cuore la storia del 38° Reggimento Ravenna, allocato, come detto prima, nell’attuale sede del Comune di Tortona. Tra le schiere del 38° si trovavano i graduati di formazione accademica a fianco di uomini comuni: operai, contadini, insegnanti, medici, artigiani, tutti partiti per la Russia nel luglio del 1941. Ma come? Durante la sua esposizione, Vaccari ci ha fatto toccare con mano alcuni degli oggetti della sua collezione: le uniformi, i documenti e l’equipaggiamento in dotazione. Mostrandoci la qualità dei materiali impiegati ci ha dimostrato con prove concrete come dovrebbero essere sfatati, almeno in buona parte, alcuni luoghi comuni che, alla stregua di leggende, accompagnano in modo pressoché indelebile le figure del corpo militare italiano della Seconda Guerra Mondiale e spiegando i motivi della disfatta con la quale si è conclusa la campagna, ma anche gli ideali ed i successi che avevano caratterizzato l’avanzata iniziale dell’ARMIR, spesso trascurata nell’immaginario collettivo.
L’incontro non era volto a trasmettere soltanto informazioni tecniche, nonostante siano comunque stati presi in esame molti importanti aspetti organizzativi e logistici del Regio Esercito. L’obiettivo ultimo era piuttosto dedicare una riflessione sulle motivazioni che hanno spinto tanti giovani uomini verso un tale destino. Più che una lezione sugli eventi, quindi, una considerazione sui costumi: al di là di qualsiasi data, di qualsiasi nome, di qualsiasi ideale, ciò che guida la maggior parte degli uomini nelle loro scelte, sono gli usi, i principi etici della propria epoca. Molti di noi, che da studenti ora studiamo criticamente la Storia, 80 anni fa avrebbero probabilmente preso la stessa decisione di arruolarsi, avrebbero sostenuto l’entusiasmo dei più e quasi tutti, se non tutti, avremmo avuto la stessa fede cieca: non tanto nella supposta supremazia di giovane Paese, ma nel fatto che qualcuno lassù ci avrebbe protetti mentre sfidavamo la sorte. Così 80 anni fa, loro hanno salutato mogli, madri e figli con la speranza di tornare a casa più forti, non soltanto da sopravvissuti, ma da eroi.
Ma perché? Per un ideale, probabilmente; perché era costume dare sé stessi per ciò in cui si credeva. Questa cieca passione e tutti gli errori a cui ha portato, tutti i fallimenti a cui ha condotto, è servita a darci la Pace: noi, dopo 80 anni di pace e di benessere, cosa saremmo disposti a fare per mantenere tutto ciò? Cosa ci motiverebbe? In cosa credono oggi gli uomini? Qual è la nostra fede, non religiosa ma personale? E, se ne abbiamo una, cosa ci è rimasto?
Volutamente il nostro relatore non ha preteso di spiegare la Storia, ma si è prefisso di tramandarne il racconto o, almeno, una parte di esso. Ben prima di essere soldati, tutte quelle persone erano semplicemente uomini. Uno di loro, reduce della Campagna, diede a Vaccari, che lo stava intervistando, un consiglio, uno spunto con cui abbiamo concluso l’incontro “voi giovani dovete ricordarvi di non dimenticare”. Soltanto parlando, si mantiene viva la memoria di tutti coloro che hanno perso la voce, di coloro che, in entrambi i fronti, difendendo una postazione, aiutando i civili, traducendo in coraggio i propri dubbi e umane paure, riflettendo sulle loro stesse scelte e responsabilità, hanno creduto con forza che alla Follia dovesse, assolutamente, seguire la Pace. Tutti coloro che, oggi, possiamo definire Eroi.
Andreea Maria OLTEAN e Lucrezia TETI 5^AR Amministrazione Finanza e Marketing