Nel mese di dicembre scorso una donna si è presentata in Questura per denunciare quanto da lei subito dalla figlia e da suo marito. Questa, spaventata ed estenuata per quanto stava vivendo, raccontava che nella primavera scorsa aveva vissuto per due mesi a casa della figlia per darle una mano sia nella gestione della casa che con il figlio minore in quanto il marito era in carcere.

Ad inizio del mese di dicembre l’uomo aveva chiamato la suocera, tornata a casa sua da diverso tempo, per dirle che gli doveva 2000 euro per la permanenza nella sua abitazione. La donna, indigente, gli diceva che per la sua condizione economica non era in grado in esaudire la richiesta, ma l’uomo e successivamente anche la figlia iniziavamo una martellante richiesta di denaro con minacce anche di morte con frasi dal tenore macabro “Ti ammazzo, ti faccio a pezzettini tanto che non rimarrà nemmeno un pezzo di carne”. La donna spaventata, raccontava quanto stava succedendo ad un’amica, che decideva di aiutarla ospitandola a casa sua, ma anche di darle 500 € nella speranza che i due smettessero nel loro fare minatorio, fatto che effettivamente aveva avuto temporaneamente luogo, ma dopo poco erano tornati ad insistere e minacciare sia la donna che l’amica che la ospitava creando ovviamente in loro un forte stato di agitazione e paura. Pressione psicologica che è proseguita per diverse settimana con telefonate e messaggi su whatsapp sempre più insistenti e con minacce di morte eloquenti ad ogni occasione.


Gli operatori della Squadra Mobile attuavano tutte quelle attività propedeutiche a ricostruire i fatti, ma anche per far cessare l’attività criminale dei due. Dall’analisi dei tabulati telefonici e dalle chat whatsapp intercorse fra le parti si aveva riscontro di quanto denunciato dalla donna, ma dalle intercettazioni telefoniche emergeva anche che l’uomo sfruttava e favoriva la prostituzione della moglie dandole indicazioni sul cosa fare, sul quanto chiedere, su come vestirsi ed atteggiarsi oltre ad accompagnarla nei luoghi concordati per le prestazioni sessuali, concordando altresì le gestione del loro figlio minore durante l’incontro della moglie con i clienti.

Per quanto accertato i due venivano segnalati all’A.G. competente per territorio ed il G.I.P. del Tribunale di Vercelli, in attesa del Giudizio, stabiliva la misura della custodia cautelare in carcere dell’uomo, mentre alla donna veniva applicato il divieto di avvicinamento ad una distanza non inferiore ai 500 metri dalla madre e dall’amica che l’aveva aiutata ed inoltre di non comunicare in alcun modo con loro.