Militari della Stazione Carabinieri Forestale di Acqui Terme, a seguito di incendio boschivo che nel mese di aprile aveva interessato una superficie boscata di circa 4000 mq all’interno dell’argine del fiume Bormida in comune di Ponti, dal quale erano scaturite approfondite indagini di natura tecnica, deferivano in stato di libertà un soggetto di nazionalità italiana per il reato di cui al co. 1 dell’art. 423 bis del CP, in quanto tale soggetto volontariamente cagionava incendio dell’area boscata limitrofa al fiume.

In un periodo caratterizzato dalle alte temperature e dalla scarsità di precipitazioni con conseguente emergenza idrica per l’intera provincia di Alessandria, diventa fondamentale il ruolo svolto dalla specialità Forestale dell’Arma dei Carabinieri nella prevenzione e soprattutto repressione del reato di incendio boschivo. La perimetrazione dell’area percorsa dal fuoco e l’individuazione delle evidenze lasciate dalle fiamme necessarie per ricostruire la dinamica dell’incendio sono tra le prime azioni che vengono intraprese per l’individuazione del possibile responsabile.


Per incendio boschivo deve intendersi un fuoco incontrollato che ha suscettività ad espandersi ad area boscata, cespugliata o arborata oppure a terreni coltivati o incolti e pascoli limitrofi a dette aree; è sufficiente dunque che bruci anche solo una piccola area incolta limitrofa al bosco per far configurare, laddove ci siano le condizioni climatiche e orografiche atte a farlo estendere, il reato anche qualora l’area boscata non venisse affatto interessata dalle fiamme.

Emerge dunque la volontà chiara del legislatore di punire, sia a titolo di dolo che di colpa, chiunque metta in pericolo e cagioni un danno al patrimonio boschivo del territorio. Di fronte ad una statistica che vede tra le principali cause degli incendi boschivi della provincia di Alessandria la negligenza e l’imprudenza, in questo caso gli elementi di prova raccolti hanno portato ad ipotizzare che ci fosse veramente la volontà di bruciare; il soggetto denunciato rischia la reclusione da quattro a dieci anni.