Ferrari: “In 66 giorni di lockdown il Governo non è stato in grado di definire le regole per far ripartire le imprese. Così non si fa! Individuare le linee guida per far convivere le attività economiche del paese con i protocolli per la sicurezza sanitaria doveva essere una delle priorità del Governo. Perché quando abbiamo chiuso, tutti ben sapevamo che alla riapertura il virus ci sarebbe stato ancora e la sospensione delle attività doveva servire a dare il tempo di riorganizzare sanità e vita sociale ed economica, in modo da poter convivere con il Covid-19 nel modo più sicuro possibile. Invece, ad oggi, non abbiamo ancora alcuna certezza. E’ inaccettabile per delle categorie, quelle del commercio e della ristorazione, che hanno visto azzerati i propri fatturati da più di 2 mesi. La riteniamo una grave mancanza di rispetto e di considerazione per un settore vitale per l’economia del Paese”.

A 48 ore da quella che “dovrebbe” essere la data di riapertura di tutte(?), molte(?), alcune (?) delle attività commerciali ancora chiuse, gli imprenditori non sanno quali saranno le categorie  che effettivamente potranno tornare nei loro negozi da lunedì 18 maggio e quali saranno i protocolli di sicurezza anti-contagio da applicare nelle proprie attività.


“Chi riaprirà effettivamente il 18 maggio? – dicono Vittorio Ferarri ed Alice Pedrazzi, presidente e direttore della Confcommercio provincialeAncora non lo sappiamo. Abbigliamento? Calzature? Articoli moda? Articoli da regalo? Gioiellerie? Parrucchieri? Estetisti? Baristi? Ristoratori? Ad oggi non c’è alcun provvedimento ufficiale, nessun decreto, niente di niente. Si rincorrono sul web e sui social voci ed ipotesi, alcune postate anche da quelli che dovrebbero essere esponenti delle istituzioni, ma senza che ci sia un provvedimento ufficiale, senza che alle imprese sia riconosciuto il diritto di avere certezza del proprio imminente futuro”.

Non sappiamo nemmeno – aggiungono il presidente ed il direttore della Confcommercio locale –quali saranno i protocolli di sicurezza anti-contagio che le aziende dovranno attuare. E questo, se possibile, è ancora più grave. Perchè il Governo ha avuto 66 giorni per studiarli e metterli a punto e, indipendentemente da quella che sarebbe stata la data di riapertura, avrebbero dovuto renderli noti alle aziende nel più breve tempo possibile.

L’apertura delle attività non si improvvisa, va pianificata ed organizzata: approvvigionamenti, organizzazione del lavoro dei dipendenti, acquisto dei dpi necessari, allestimento vetrine e molto altro! Alle aziende vanno date certezze nei tempi adeguati. Non è solo una questione di rispetto – benchè sarebbe più che dovuto – verso una categoria che da sempre è la spina dorsale dell’economia italiana, ma è una assoluta necessità. Siamo esterrefatti e molto contrariati da questo modo di affrontare l’emergenza delle imprese”.