Il 1° Maggio è la Festa del lavoro ma oggi, al tempo del Coronavirus, si ripresenta pressoché come una nuova lotta e fatica beffarda, amara. Molte aziende non solo italiane, bensì in tutto il mondo, sono di fatto ferme pur con vivi i costi da affrontare per poter ripartire non appena la pandemia lo permetterà.

Tante imprese e servizi, commercianti, albergatori, ristoratori, bar etc. chiusi mentre non pochi ad esempio gli autisti ed operai in cassa integrazione, licenziati.


C’è chi sostiene si debba (continuare a) puntare su una strategia di tipo assistenzialista, perché a tutti devono essere forniti mezzi di sussistenza e chi invece preferirebbe convogliare fondi erogati dallo Stato a fondo perduto attraverso le aziende affinché il sistema produttivo rimanga in piedi e non collassi irrimediabilmente con tutto ciò che ne consegue ad ogni livello. L’opinione si divide fra la volontà di certi d’un intervento basato su prestiti in quanto credito a linfa per “barcamenarsi” e dall’altra parte la convinzione che esso, il credito, non possa e non debba essere un debito addosso alle imprese per cui occorrono programmi di sostegno e di garanzia ripresi dallo Stato. In aggiunta taluni vorrebbero la concentrazione di risorse dove il danno è maggiore, all’opposto di coloro che inneggiano provvedimenti indifferenziatamente a pioggia. Chi è propenso ad interventi condizionati, chi al contrario incondizionati.

Il problema maggiore comunque pare essere di fiducia, consapevolezza e chiarezza a costringere in una stasi con l’interrogativo sul prossimo o no sopraggiungere di recessione, se non addirittura totale cedimento generalizzato della produttività ed economia italiana, ed internazionale, dovuti ad una troppo lunga fase di lockdown.

Quale il senso, dunque, nel 2020 del 1° Maggio allorché la democrazia risulta forse ancor più primariamente questione di regole formali e non di meno pure di condizioni materiali d’esistenza? Lavoro, la prima delle condizioni materiali in un periodo in cui la solitudine del singolo si configura moltissimo secondo l’esclusione dal rapporto di sicura e certa continuativa presenza in aziende, negozi ed uffici.

Ma la domanda di fondo che si pone oggi è: quale futuro ci attende?

Giulia Quaranta Provenzano

PRIMO MAGGIO: ORIGINI DELLA FESTA

Quale il suo significato, da dove nasce e perché di festeggia? Data, questa, che affonda le radici  nel  passato e ricorda l’impegno dei movimenti sindacali e gli obiettivi sociali, economici raggiunti dai lavoratori dopo lunghe battaglie.   

La scelta simbolica del 1° Maggio per non dimenticare la tragica rivolta di Haymarket Square, a Chicago, nel 1886 – furono i sindacati della città dell’Illinois appunto ad organizzare quel giorno uno sciopero per chiedere la giornata lavorativa di otto ore.  Ad inizio mese di tal anno si erano susseguite proteste e scioperi di quest’ultimi proprio con lo scopo principale di ridurre l’orario di lavoro da sedici o dodici ore quotidiane ad otto al giorno. Il 3 maggio i manifestanti si riunirono davanti alla fabbrica McCormick e vennero attaccati dalla polizia apparentemente senza motivo, portando ad ulteriori proteste data l’indignazione pubblica. Fu il dì seguente, il 4 maggio che scoppiarono così ulteriori scontri culminati con la morte di diversi lavoratori ed alcuni poliziotti. Uno sconosciuto lanciò infatti un ordigno contro le forze dell’ordine che presidiavano la piazza del mercato delle macchine agricole, e la polizia iniziò a sparare sulla folla reprimendo nel sangue la grande manifestazione operaia.

La Festa dei lavoratori divenne ufficiale in Europa a partire dal 1889, quando venne ratificata a Parigi dalla Seconda Internazionale. L’obiettivo dell’organizzazione internazionale fondata dai partiti socialisti europei era di coordinare i sindacati ed essi stessi, partiti operai e socialisti europei.

In Italia la suddetta fu introdotta soltanto due anni dopo. Nel nostro Paese la Festa del lavoro è ricorsa dal 1891, poi soppressa dal fascismo ma ripristinata nel 1945. Il Primo Maggio del 1947 duemila persone, tra cui soprattutto contadini, manifestarono contro il latifondismo a Portella della Ginestra in provincia di Palermo. Fu un attacco armato deciso dalla mafia, con la complicità di coloro che avevano interesse a reprimere i tentativi di rivolta degli or ora accennati contadini.