biodigestore - IEgregio Direttore,

se dalle biomasse può derivare uno sviluppo sostenibile per il territorio, è altresì vero che per i relativi sottoprodotti esiste una ambiguità normativa di spinosa interpretazione. Riprendo l’argomento, in previsione della Conferenza dei Servizi del 7 maggio prossimo, quando la Provincia sarà chiamata a pronunciarsi sull’autorizzazione allo spandimento richiesta da una azienda agricola locale.

Da un approfondimento sul tema ambientale degli impianti a biogas e biomassa è emerso che molte delle norme che disciplinano i procedimenti autorizzativi di tali impianti sono in contrasto con le direttive della Comunità Europea. E già sappiamo, in questa tipologia di controversie, chi la spunta e chi ne paga le conseguenze.

Il famoso “digestato”, residuo del processo di fermentazione anaerobica che avviene all’interno dei digestori degli impianti a biogas, secondo le ultime pronunce dell’Unione Europea, non sarebbe un fertilizzante bensì un rifiuto, e come tale dovrebbe essere trattato. Tuttavia, al momento viene riversato da molte aziende agricole come un concime sui campi senza sapere realmente quale effetto possa avere sui prodotti della terra, le sue conseguenze sull’uomo e gli animali (nel caso dei mangimi). La normativa prevede che venga richiesta specifica autorizzazione agli Enti Locali per poter procedere allo spandimento, come accadrà nella settimana a venire.

La richiesta di autorizzazione, oggetto della Conferenza dei Servizi precedentemente evidenziata, invoca l’Art.208 del d.lgs. 3.4.2006 n. 152, che regola l’Autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti.

http://www.normattiva.it/atto/caricaArticolo?art.progressivo=0&art.idArticolo=208&art.versione=1&art.codiceRedazionale=006G0171&art.dataPubblicazioneGazzetta=2006-04-14&atto.tipoProvvedimento=DECRETO%20LEGISLATIVO&art.idGruppo=37&art.idSottoArticolo1=10&art.idSottoArticolo=1&art.flagTipoArticolo=0#art

Ma come è possibile? Non si trattava di un biodigestore, il cui sottoprodotto (digestato) doveva essere un ottimo ammendante per agricoltura?

La possibilità di utilizzare in campo il digestato (tal quale o, meglio, nelle sue frazioni separate, liquido e palabile) dipende dal suo inquadramento normativo: nella classificazione di questo prodotto si incontrano diversi provvedimenti, nessuno dei quali però in grado di trattare l’argomento in maniera compiuta e dedicata, con il risultato talora di generare incertezza ed interpretazioni divergenti tra gli operatori del settore agro-energetico e gli Enti Locali preposti alla concessione delle necessarie autorizzazioni. Vediamo il quadro delle contraddizioni e cerchiamo di capirci qualcosa.

 

Il digestato è sottoprodotto (per la legge Italiana)


La legge di conversione 7 agosto 2012, n. 134 del decreto legge 22 giugno 2012 n.83 , al comma 2-bis dell’articolo 532, prevede che, ai sensi dell’articolo 184-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è considerato sottoprodotto il digestato ottenuto in impianti aziendali o interaziendali dalla digestione anaerobica, eventualmente associata anche ad altri trattamenti di tipo fisico-meccanico, di effluenti di allevamento o residui di origine vegetale o residui delle trasformazioni o delle valorizzazioni delle produzioni vegetali effettuate dall’agro-industria, conferiti come sottoprodotti, anche se miscelati fra loro, e utilizzato ai fini agronomici. Con decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono definite le caratteristiche e le modalità di impiego del digestato equiparabile, per quanto attiene agli effetti fertilizzanti e all’efficienza di uso, ai concimi di origine chimica, nonché le modalità di classificazione delle operazioni di disidratazione, sedimentazione, chiarificazione, centrifugazione ed essiccatura.

 

Intervento della Cassazione: il digestato non è un rifiuto

Con la sentenza del 31 agosto 2012 (n.33588) anche la Corte di Cassazione è intervenuta sulla questione della qualifica del digestato derivante dalla produzione di biogas e, in particolare, sulla possibilità di impiego di tale sostanza a fini agronomici al di fuori del campo di applicazione della normativa in materia di rifiuti.

Condividendo le conclusioni del Tribunale del riesame di Perugia, la Corte ha riconosciuto la possibilità di qualificare come sottoprodotto il digestato che presenti le caratteristiche di un fertilizzante o di un ammendante e che, quindi, possa essere impiegato sul terreno a fini agronomici.

Inoltre, il giudice di legittimità ha affermato l’applicabilità dell’esclusione dal campo di applicazione della disciplina in materia di rifiuti – di cui all’articolo 185 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152

 

Ma l’Europa non ha dubbi: il digestato è rifiuto, non concime

Un elemento di verifica e di riflessione viene dal Commissario Ue all’ambiente Janez Potočnik che, rispondendo all’interrogazione dell’eurodeputato Andrea Zanoni sugli eventuali effetti tossici del digestato prodotto dagli impianti a biogas, sostiene che: “I digestati derivanti dalla produzione di biogas sono considerati rifiuti prodotti, pertanto rientrano nell’ambito di applicazione della normativa sui rifiuti.”

Tuttavia, come ha precisato lo stesso Potočnik, “il Centro comune di ricerca sta lavorando sui criteri tesi a stabilire quando un rifiuto cessa di essere tale per i rifiuti biodegradabili sottoposti a trattamento biologico, e il digestato rientra in questa categoria di rifiuti”.

Significa che questo lavoro preparatorio potrà portare in futuro all’elaborazione di un regolamento specifico che definirà le circostanze in cui un digestato cessa di essere un rifiuto. Quindi, fino al momento in cui non saranno a disposizione nuovi studi, il digestato va considerato come un rifiuto e come tale va trattato.

Le autorità italiane dovranno applicare alla lettera le disposizioni della normativa UE sui rifiuti affinché sui nostri campi non vengano sparse sostanze potenzialmente nocive per gli animali, l’ambiente e la salute dei cittadini.

Come si possa autorizzare lo spandimento nei terreni agricoli di una sostanza, inquadrata, dall’UE alla categoria di “rifiuto”, mi risulta, tutt’ora, inconcepibile.

 

Uno stop al biogas in attesa di chiarezza legislativa?

Dall’analisi delle numerose contraddizioni esistenti tra le normative statale, regionale e comunitaria il suggerimento può essere, unicamente, quello di agire in base ad un principio precauzionale, anche pensando alla possibilità di sospendere a livello cautelare l’attività di tutti gli impianti a biogas affinché venga chiarita la situazione della definizione del digestato come rifiuto, rammentando che, in caso di mancato adeguamento a quanto prescritto dalle normative europee, si potrebbe incorrere in una procedura di infrazione per inadempienza avviata dalla Comunità europea con prevedibili conseguenze sanzionatorie.

E chi ne pagherebbe le conseguenze, in ultima istanza?

Si tratta di una possibilità ribadita anche da una interrogazione parlamentare a risposta scritta presentata nel dicembre scorso dal Movimento 5 stelle; i firmatari concludono la propria richiesta con la significativa riflessione “Se non si ritenga necessario assumere iniziative al fine di introdurre normative più stringenti di quelle oggi esistenti per limitare, se non vietare, l’uso del digestato come ammendante per evitare che si ripropongano le condizioni che avevano portato alla messa in mora dello Stato Italiano.”

http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=11747&stile=6&highLight=1

Non esistono limiti a ciò che può essere inserito in un impianto industriale di digestione anaerobica, eccetto quelli dati dall’autorizzazione che l’autorità competente ha rilasciato. Tali sostanze, però, devono essere conferite all’impianto come rifiuti e l’impianto stesso deve essere autorizzato ai sensi della normativa sui rifiuti. Mettiamocelo in testa: si tratta di RIFIUTI. Per quanto riguarda il digestato, si ribadisce, essendo richiesta l’autorizzazione (in Conferenza dei Servizi) ad essere gestito come “rifiuto”, lo stesso deve essere trattato come rifiuto, non come ammendante in agricoltura. Non ultimo, a maggior ragione, la stessa precauzione andrebbe adottata per i biodigestori alimentati con la frazione umida proveniente dalla raccolta differenziata….

 Annamaria Agosti

 4 maggio 2014

 

 

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