La Guardia di Finanza di Valenza che al comando del capitano Andrea Pipoli ha effettuato controlli nei confronti dell’ Associazione dilettantistica bocciofila Belvedere” con sede in via Michelangelo  17 a Valenza, e l’accusa di aver evaso al Fisco ricavi per oltre 646 mila euro con oltre 50 mila euro di  I.V.A. evasa e  due lavoratori “in nero” .

Il Comune di Valenza, sulla base del Verbale redatto dalle Fiamme Gialle dispone la sospensione immediata dell’attività chiudendo il ristorante aperto dalla stessa Bocciofila che secondo l’autorizzazione avrebbe dovuto servire solo i soci, mentre, secondo l’accusa, serviva anche persone esterne.

Invece, secondo gli accertamenti delle Fiamme Gialle valenzane, non solo veniva svolta attività di ristorazione anche a personale esterno, ma venivano pure omessi ricavi. Una doppia violazione che ha portato il dirigente del Comune Roberto Melgara a predisporre un’apposita ordinanza a carico del presidente pro tempore,  Bruno Amisano di 73 anni, residente in Valenza piazza Giovanni XXIII n. 5, in cui viene contestato che presso il circolo dell’associazione veniva effettuata attività di ristorazione aperta al pubblico, ovvero a persone diverse dai soci; e poiché la convenzione, stipulata tra il Comune e la Bocciofila veniva stabilito che  i fabbricati esistenti e le aree esterne, dovevano essere adibiti esclusivamente ad attività sportivo-ricreative e servizi accessori e non possono in nessun caso, essere adibiti a struttura di ristorazione aperta al pubblico viene disposta la chiusura dell’attività.

La vigente normativa, infatti, consente agli enti non commerciali, quali appunto l’associazione verificata, di svolgere anche attività di carattere commerciale, purché non ne derivi un lucro per i soci: i guadagni di tali attività devono cioè essere reinvestiti nell’associazione.  Solo a questa condizione, gli eventuali guadagni  conseguiti dall’ente non commerciale possono beneficiare di una tassazione agevolata, giustificata dalle finalità sociali perseguite.

 

L’INDAGINE DELLA GUARDIA DI FINANZA

Secondo i finanzieri  invece, se, fino al 2009, l’associazione era realmente un ente non commerciale, a partire dal 2010, con l’apertura dei servizi di ristorazione, aveva cominciato a distribuire utili senza reinvestirli nelle attività istituzionali, facendo così venire meno i presupposti per continuare a valersi del particolare regime fiscale agevolato.

Non solo, i finanzieri hanno anche scoperto che buona parte dei proventi derivanti dalle relative consumazioni veniva totalmente occultata, sottraendola quindi del tutto anche a quella minima tassazione agevolata di cui l’associazione non aveva più spettanza.

In realtà, già prima del 2010, prima dell’apertura dei servizi di bar e ristorazione, l’associazione era incorsa in altre irregolarità, puntualmente emerse dall’esame documentale condotto dai verificatori. L’ente, infatti, aveva considerato come diretta espressione delle proprie finalità di promozione sociale («per il sano ed utile impiego del tempo libero») anche la gestione di apparecchi da gioco, per cui i ricavi che ne derivavano finivano per non scontare indebitamente alcuna imposizione, neanche quella agevolata riconosciuta agli enti non commerciali.

Ma è comunque dopo, con l’apertura dei servizi di ristorazione, che l’ente ha subito una radicale trasformazione, diventando a tutti gli effetti un’impresa commerciale rivolta al pubblico. A nulla sono valsi i tentativi di nascondere questa nuova realtà: addirittura, dopo l’ingresso dei finanzieri, i responsabili hanno proceduto a tesserare come soci alcuni avventori, nell’erronea convinzione di poter così giustificare la propria attività.

Ora chiamato a rispondere sarà il presidente, nonché rappresentate legale della società che dovrà versare oltre all’IVA anche le dovute sanzioni. Inoltre, l’ Associazione dovrà trasformarsi in ente commerciale e dichiarare fino all’ultimo centesimo i ricavi, tra cui sono state conteggiate anche le quote associative.

 6 novembre 2012