Vi raccontiamo l’esperienza vissuta da alcuni studenti dell’Istituto Marconi di Tortona, che fanno parte della redazione del giornalino scolastico “Marconews”. Quest’anno, guidati dalla Caritas diocesana di Tortona, sono andati alla scoperta di quelle realtà che in città si occupano, in varie forme, dell’assistenza a persone bisognose e in difficoltà.
Giovedì 6 novembre 2025, nel primo incontro con la Caritas, la redazione del Marconews è andata alla scoperta di realtà differenti e di luoghi dedicati alla beneficenza a Tortona, che sono spesso invisibili per la maggior parte delle persone, ma che in realtà svolgono funzioni fondamentali a livello sociale.
Il percorso è iniziato al Centro d’ascolto, dove siamo stati accolti dalla responsabile Elisa Finocchiaro, dottoressa in psicologia,e dal Direttore della Caritas Luca Simoni, che ci hanno spiegato quali sono le attività svolte sul territorio, con una presentazione di carattere generale e un piccolo gioco sui pregiudizi.
L’attività svolta consisteva nello scegliere alcune persone da salvare in caso di un’ipotetica fine del mondo e da portare con noi su una navicella destinata a ripopolare un nuovo pianeta. Di queste conoscevamo solo il mestiere e la loro condizione economico-sociale. In un secondo momento, dopo che le scelte erano state prese, ci è stato rivelato di più sulle loro vite, aprendoci gli occhi sui pregiudizi che avevano guidato le nostre decisioni.
La tappa successiva è stata all’Emporio della Solidarietà gestito dalla Misericordia, dove vengono offerti gratuitamente beni primari che vengono donati attraverso il Banco Alimentare di Novi Ligure con fondi nazionali ed Europei. Le volontarie distribuiscono solo ai bisognosi, che vengono segnalati dal comune di Tortona in base al loro ISEE.
Ci siamo poi diretti alla mensa, dove siamo stati accolti da Armanda Bisio e Michela Simoni, due volontarie sempre sorridenti. La mensa è finanziata dalla fondazione Cassa di Risparmio di Tortona, è aperta 365 giorni all’anno e serve pasti caldi ai bisognosi in possesso di una tessera che viene fornita dopo un colloquio. Vengono distribuiti oltre 30.000 pasti all’anno, ovvero 50 pranzi e 40 cene al giorno. La mensa è anche un luogo di ritrovo pomeridiano che offre attività ricreative come il gioco degli scacchi o corsi d’arte di vario genere.
Proprio di fronte alla mensa risiede il dormitorio femminile, che offre la disponibilità di sette posti letto a donne in difficoltà, che possono però soggiornarvi per un mese a meno che l’ospite non si attivi in un progetto di crescita personale. La volontaria Fausta Rolando ci ha guidato per il dormitorio, facendoci vedere l’ingresso e il soggiorno dove si trova spesso a parlare con le ragazze ospitate, per poi mostrarci le stanze dove alloggiano le ospiti.
L’ultimo luogo verso cui ci siamo diretti è stato il centro medico, dove abbiamo parlato con il dottor Riccardo Prete, il quale ci ha spiegato come la struttura fornisca aiuto gratuito a chi ne ha necessità. Il problema maggiore che viene riscontrato quotidianamente riguarda la difficoltà nel distinguere tra chi effettivamente ha la necessità di usufruire di un tale servizio e chi invece se ne approfitta. Abbiamo successivamente visitato le varie stanze del centro medico, dove, nel solo 2024, sono state eseguite 283 prestazioni e forniti 15.000 euro di farmaci.
Nel secondo incontro ci siamo ritrovati alla sede della Caritas per parlare della realtà carceraria insieme ad Alessia Cacocciola – responsabile del Centro Ascolto di Voghera – e Giorgia Marino, che sempre a Voghera sta attualmente svolgendo attività di Servizio Civile Universale.
Alessia all’interno del carcere si occupa dello “sportello ascolto”, incontrando i singoli detenuti in modo tale che anche loro abbiano una persona con cui parlare e sfogarsi. Abbiamo iniziato l’incontro con un gioco in cui abbiamo interpretato i ruoli di carcerato e di persona libera, rispondendo a domande relative a normali attività quotidiane. Chi si metteva nei panni del carcerato provava a rispondere basandosi sulle sue idee riguardanti il funzionamento del carcere, mentre l’altro rispondeva alle domande in modo sincero. Abbiamo così scoperto che molti di noi hanno degli stereotipi sulla vita in carcere, che spesso non corrispondono affatto a quello che succede effettivamente nella realtà. Ad esempio, i carcerati possono mangiare gratuitamente il cibo fornito all’interno della struttura, oppure possono cucinare in modo autonomo con un fornellino, acquistando il cibo con i propri soldi.
Successivamente, leggendo le risposte che abbiamo dato in un questionario fornitoci all’inizio dell’incontro, abbiamo scoperto tanti altri aspetti della vita quotidiana “dietro le sbarre”, come la lentezza delle giornate e le poche attività che ci sono da fare. Tutto questo contribuisce a rendere il tempo estremamente lungo, noioso, monotono; per i detenuti quindi un incontro con una volontaria è molto importante e per questo cercano sempre di fare una buona impressione. Una cosa a cui i carcerati tengono molto è il loro aspetto fisico, infatti cercano di allenarsi e di mantenersi in forma per mostrarsi al meglio ai parenti durante i momenti di visita e non far percepire loro le difficoltà che devono fronteggiare quotidianamente. Ogni cella ha un televisore ma sono anche presenti delle restrizioni relative ai canali che si possono guardare; lo scorso anno a Voghera i carcerati hanno chiesto un abbonamento aggiuntivo per poter vedere le partite di calcio, ma questa richiesta è stata rifiutata.
Giovedì 20 novembre 2025 c’è stato il terzo incontro, durante il quale abbiamo conosciuto Alessandro Barbagelata, un ragazzo di 24 anni che ha compiuto un viaggio in Burundi di sedici giorni con alcuni suoi coetanei, sponsorizzato dall’associazione Ascolta l’Africa. L’esperienza consisteva nel fare animazione a circa 800 bambini burundesi, che possono vivere un’esperienza di questo genere soltanto per pochi giorni l’anno.
L’intento di Alessandro è stato quello di raccontarci quanto anche solo la compagnia dei Muzungo (termine con cui i burundesi indicano l’ “uomo bianco”, tipicamente usato per definire i volontari) fosse sufficiente a rendere felici i bambini.
Alessandro ha infatti sottolineato che il loro contributo non consisteva esclusivamente in un aiuto di tipo materiale, ma soprattutto in attenzioni, compagnia e giochi, aspetti della vita trascurati in Burundi a causa delle difficili condizioni di vita. L’obiettivo era quello di regalare un po’ di “infanzia“ a bambini che fin dalla più tenera età sono spesso costretti a comportarsi da adulti.
Un altro aspetto della loro cultura che abbiamo scoperto con Alessandro è il ribaltamento della tipica concezione occidentale che vede l’uomo nero come “diverso”. Questa in Burundi si rovescia, essendo l’uomo bianco una minoranza, e ciò ci ha spinto a riflettere sull’origine dei nostri pregiudizi, su quanto essi non arrivino da verità oggettive e spesso varino in base al contesto in cui si sviluppano.
Queste esperienze ci hanno aperto gli occhi su nuove realtà che spesso quasi ignoriamo; abbiamo capito le difficoltà di molte persone che cercano comunque di reagire e di trovare una ragione per andare avanti. Tutti noi, anche con piccoli gesti, possiamo migliorare la vita a qualcuno, basta solo esserne consapevoli e non ignorare il problema, rendendoci conto che spesso molte situazioni sono più vicine a noi di quanto pensiamo.
La redazione del giornale scolastico “Marconews”
Ecco le parole di chi ha partecipato
Irene
Il posto che mi ha colpito maggiormente è la mensa dei poveri; mi piace l’idea che tante persone diverse possano trovarsi in un posto per passare del tempo insieme. Qui ho incontrato due signori anziani che giocavano a scacchi e uno di loro si è offerto di fare da coach per insegnarmi!
Carlo
Presso il Centro Medico il dottore responsabile della struttura ci ha spiegato come molti si approfittano della buona fede altrui. Per chi pratica volontariato è sicuramente un problema distinguere le persone che hanno realmente bisogno da quelle che cercano di sfruttare il disagio degli altri per un proprio tornaconto.
In questo percorso ho scoperto che anche in una piccola realtà come Tortona esistono tante situazioni complesse. Non bisogna pensare che i cosiddetti “invisibili” siano così distanti da noi.
Ludovica
La mensa è un posto accogliente, e anche se in quel pomeriggio non era previsto lo svolgimento di un’attività specifica c’erano comunque molte persone. Sembrava di essere davvero in famiglia.
Matilda e Maryam
Mi piacerebbe vivere un’esperienza come quella che Alessandro ha trascorso in Burundi. Adoro viaggiare, visitare posti diversi da quelli in cui abito e conoscere culture e stili di vita differenti.
Genny
Entrando nella sala da pranzo del dormitorio femminile mi sono resa conto che era veramente la casa di una famiglia un po’ speciale, fatta da donne con tante storie difficili alle spalle che in quella stanza, ben arredata, cercano un po’ di pace e di calore.
Alessandra
Sicuramente questo percorso ha modificato la mia visione di Tortona e delle sue realtà. Fortunatamente esistono molte persone che aiutano gli altri senza chiedere nulla in cambio, che stanno vicino a chi vive un’esistenza che altrimenti sarebbe triste e solitaria.
Alina
L’esperienza al dormitorio femminile è stata sicuramente molto forte. Le volontarie ci hanno detto che le ospiti molto spesso all’inizio fanno fatica ad aprirsi con gli altri, anche perché hanno paura di essere giudicate. Qui invece nessuno le giudica, nessuno le indica, nessuno le tratta come degli scarti, e questa è per loro la novità più grande e più bella, quella che le spinge piano piano a ricominciare ad avere fiducia negli altri.
Matilde
Mi ha colpito l’Emporio della Solidarietà, perché è un posto a cui le persone bisognose possono affidarsi. È stato bello vedere che all’interno in esposizione non c’erano solo alimenti e bevande, ma anche vestiti, giochi e pannolini per i bambini. È bello che si sia pensato anche a bisogni che spesso sembrano secondari, ma che in realtà sono fondamentali per i più piccoli.




