Fuori dai consueti itinerari e dai centri d’arte deputati alle grandi esposizioni, quasi per caso a Tortona si scopre una insospettata mostra di nicchia di grande qualità nell’ambito delle iniziative dedicate al bicentenario della morte di Felice Giani (San Sebastiano Curone 1758 – Roma 1823), artista anticonvenzionale tra fascino dell’antico e tensioni preromantiche: a Palazzo Guidobono la sezione principale Felice Giani e il nuovo classicismo eterogeneo e preromantico, al MuseoDiocesano l’appendice Felice Giani pittore giacobino e l’esperienza del sacro.

Le scarse informazioni che filtrano fuori dal territorio e la genericità delle notizie sui contenuti rendono la mostra un’autentica sorpresa per la qualità delle opere e l’importanza dell’artista, tanto da porsi la domanda del come mai il suo territorio d’origine – San Sebastiano è a soli 30 km. – abbia atteso tanto per valorizzare una propria gloria. Probabilmente è nuociuto l’avere in esposizione nelle raccolte cittadine e da pochi anni la sola Pala di Pallavicino del Museo Diocesano, anche se va dato atto ai volontari dell’Archivio Pittor Giani di far conoscere a San Sebastiano i disegni di locali collezioni private.

La perplessità che aleggia sul nome di Felice Giani, almeno negli ambienti meno informati, è forse dovuta al fatto di essere comunemente noto come grande decoratore di palazzi e residenze pubbliche e private in età napoleonica, a Bologna, Faenza, Forlì, Venezia, Roma ecc., meno come pittore da cavalletto essendo rari i dipinti esposti in collezioni pubbliche. Al contrario il nome di Giani è ben noto in ambito museale e collezionistico, in primo luogo come straordinario disegnatore, si pensi che quasi tutti i musei del mondo possiedono se non collezioni almeno qualche suo disegno. L’obiettivo della mostra di Palazzo Guidobono è di ristabilire e definire gli aspetti di una personalità artistica singolare che si muove con grande padronanza negli ambienti artistici romani a cavallo tra Sette e Ottocento, ben inserito nei giri che contavano, in contatto con i grandi artisti dell’epoca; conteso da una colta committenza anche da personalità dell’entourage napoleonico, ma conosciuto anche per la produzione grafica che aveva un proprio mercato. Le interrelazioni tra bozzetti per decorazioni, brani anche importanti di decorazione parietale, come quelli per Palazzo Bentivoglio di Bologna, schizzi, disegni, studi, tendono a ricostruire un linguaggio artistico singolare che sa cogliere ben oltre la passione per l’antico il senso di un’epoca di transizione al preromanticismo.

Il tentativo di una ricostruzione cronologica dell’opera prende le mosse dal ritrovamento di opere precocissime, stampe e una porta dipinta, purtroppo non in mostra, datate al 1777 quindi agli anni pavesi. A Pavia e alla possibilità di un’apertura nel senso di un’attribuzione fanno riferimento l’Andromeda del Museo Civico e una serie di telette di collezione privata; e ancora con auspicio di discussione sull’autografia il bell’ Autoritratto della Biblioteca Hertziana di Roma, datato 1804. Seguono opere fondamentali come il Sansone tradito da Dalila della Pinacoteca Nazionale di Parma, coevo al Giuramento degli Orazi di David, e una serie di opere straordinarie dalla serie delle telette della Pinacoteca di Faenza ai disegni e alle tempere riferite al Palazzo Laderchi e al Palazzo Naldi di Faenza, e ancora brani di decorazioni parietali staccate, soprattutto una serie di disegni di grande formato della collezione Piancastelli della Biblioteca di Forlì, che danno conto della qualità ed esuberanza del segno di un artista che sapeva essere pittore anche quando disegnava. Da ultimo intriganti riferimenti alle arti applicate, dalle maioliche di Faenza con decoro “a foglia di vite”, ornato naturalistico inserito di frequente negli apparti decorativi tra fine ‘700 e inizi del secolo, e una bella ribalta Direttorio pirografata e dipinta con una figura consueta al repertorio dell’artista.


La piccola sezione del Museo Diocesano, causa la ristrettezza degli spazi che condizionano l’allestimento, non riesce a dar conto dell’ambizioso assunto del titolo, risulta pertanto indispensabile far ricorso all’ampio ed esauriente catalogo per leggere le opere in rapporto alla loro funzione e al periodo di esecuzione; ma tra queste si segnalano autentici capolavori quali la Fede in gloria della Pinacoteca di Faenza e Il sogno di Sisto III del Museo Arcivescovile di Ravenna. Allo stesso catalogo occorre far riferimento per altre opere importanti che ci si rammarica non siano in mostra, rendendo inevitabile l’auspicio che iniziative di spessore ma più esaurienti dedicate a Felice Giani possano essere riproposte in futuro con un concorso finanziario maggiore e una più estesa informazione.

Nella foto: Autoritratto di Felice Giani Biblioteca Hertziana Roma