Cogliere la bellezza impermanente attorno a noi per sentirsi parte di un unico grande tutt’uno e godere dell’estetica dell’attimo

I bonsai, ma tutte le piante in generale, non trasmettono il verbo tramite espressione sonora ma  tramite il canale emotivo.

Le emozioni e gli stati d’animo che essi stimolano sono i nostri compagni di viaggio.

I loro colori affascinanti risvegliano in noi gioia, stupore, meraviglia, curiosità.

Tanto quanto ci affascinano, tanto incutono verso di loro rispetto.

Queste emozioni sottolineate da questi colori e da queste forme rassicuranti, hanno da sempre affascinato anche il popolo giapponese che ha fatto della stagione autunnale (AKI) un emblema della calma interiore e del rasserenamento.

In particolar modo nel bonsai tradizionale giapponese, l’autunno è fatto per godere dell’aspetto migliore dei bonsai che, vivendo un ciclo quasi interminabile di trasformazioni, è per sua natura transitorio e incarna il concetto della caducità delle cose e degli esseri viventi.

Senza entrare nel merito e senza aver la pretesa di definire compiutamente un siffatto fenomeno naturale posso dire con certezza che l’addivenire ad un cambiamento di stato, sia esso fisico, spirituale, materico è un motivo di apprezzamento per ciò che si ha e che si è, piuttosto di ciò che si vorrebbe essere o possedere.

Il fatto poi che alcune certezze siano temporanee, consente di godere o di emozionarsi per alcuni fatti /avvenimenti che ai più potrebbero sembrare consuetudinari.

Quanti, ad esempio, pensano che la fioritura di un albero sia una cosa certa e ripetibile anno dopo anno? Quanti ne sanno apprezzare il suo massimo splendore? Quanti si sono mai soffermati ad osservare la conformazione dei rami e delle foglie di un albero?

Quanti pensano all’irripetibilità dell’attimo che stanno vivendo proprio in questo momento?

L’autunno è, per nostra fortuna, una stagione ricca di sentimento.

Questo sentimento di compartecipazione ai cambiamenti naturali, è da sempre musa ispiratrice e momento di struggente malinconia per lo scorrere ineluttabile del tempo.  Anche nella poesia sono stati e vengono ancor oggi affrontati questi temi.

In proposito nel KOKIN WAKA SHU, ovvero la raccolta delle poesie antiche e moderne del Giappone si trovano delle poesie che esprimono alcuni stati di predisposizione del nostro animo:

  1. L’autunno non viene per me solo: eppure come sento il canto degli insetti la tristezza mi assale”;
  2. “Al calare della sera nel roMIto borgo di montagna, ove canta la cicala del crepuscolo, non viene nessun visitatore se non il vento d’autunno”;
  3. La candida rugiada col suo unico colore come fa a tingere le foglie d’albero autunnali di mille radiose tonalità?”;
  4. “Non cadono ancora, eppure già rimpiango le radiose foglie d’autunno ora che le vedo nel loro massimo splendore”.

L’autunno, stagione quasi di attesa e di passaggio tra quella estiva e quella invernale, racchiude in sé un insieme di significati a cui forse, spesso, non si pensa. E’ una stagione di contemplazione, ma anche di tristezza per tutto ciò che addiviene mutando l’aspetto. Gli alberi, assoluti e incontrastati protagonisti e la natura tutta, disegnano scenari colorati.

Tutt’intorno a noi, nella frenesia delle vite odierne, riverbera il movimento dei colori e la sottile malinconia per ciò che cambia. Compartecipiamo, indirettamente, a questo cambiamento delle cose e senza neanche accorgercene, viviamo noi stessi la vita delle cose.

Il sentimento, questo silenzioso traghettatore tra i diversi stati d’animo, ci accompagna e proietta, quasi in disparte in un angolo del nostro io, la bellezza dell’attimo.

Questa “estetica dell’attimo”, come qualcuno ha definito compiutamente, gioca un ruolo in noi e ci scuote, man mano, dalla routine giornaliera.

Essa entra quasi silenziosamente in noi e si fa breccia nel nostro cuore. Ci scopriamo vulnerabili ma desiderosi di lasciarci trasportare in questo mare magnum. Lì e in quel momento siamo noi stessi e non indossiamo nessuna maschera. Lì e in quel momento appare e si svela la nostra vera anima.

La bellezza di quel momento, di quell’attimo irripetibile, ci conduce fuori da noi e ci permette di diventare, per un attimo, un tutt’uno, un unico grande respiro con la natura e con tutti gli esseri che la compongono. Quel momento racchiude anche il significato dell’impermanenza.

In Giappone questo concetto è definito come MUJO. Il suo significato è che la bellezza non dura molto e che bisogna coglierla anche nelle semplici circostanze di ogni giorno. Simbolo nell’impermanenza e della caducità è il fiore di ciliegio. Esso dura solo pochi giorni e poi deperisce e scompare per ripresentarsi, forse, l’anno successivo.

Si vive l’attesa e si gode del momento del suo massimo splendore ma è proprio in quanto impermanente che ne si apprezza il valore. Se fosse sempre presente che valore avrebbe?

Una poesia del Maestro DOGEN spiega bene questo sottile significato.

“ I fiori cadono, proprio quando per affetto vorremmo trattenerli e le erbacce crescono proprio quando ci danno fastidio”.

La bellezza è dunque impermanente. Ciò che ci appare, tra un attimo forse non ci sarà più ed è per questo che è ancora più preziosa.

La bellezza va ricercata, non è manifesta e risiede in ogni elemento. La bellezza è discreta, celata, non appariscente. La bellezza si conquista!

La bellezza va ricercata dove non sembra esserci. Un bonsai contorto che ha sofferto ma è riuscito a vivere rappresenta la bellezza della forza vitale, del desiderio di sopravvivere ed esprime per questo una raffinata bellezza, discreta e non appariscente.[1]

Ma cosa contribuisce a rendere massima la bellezza delle piante e dei bonsai in questa stagione?

Sicuramente un ruolo importante lo giocano i pigmenti.

Essi sono presenti nelle foglie come in altri organi e tessuti e sono responsabili delle più spettacolari cromie vegetali osservabili in autunno.

Il tipico colore delle foglie, in questa stagione, è dovuto alla colorazione data da dei gruppi di pigmenti.

Questi sono normalmente presenti in quantità inferiore rispetto alla clorofilla e in normali condizioni il colore predominante di questi vegetali è il verde.

Quando però nei mesi freddi la pianta interrompe i processi di sviluppo, in quanto variano le ore di luce e il calore circostante, essa si prepara a perdere le foglie.

La clorofilla degrada rapidamente lasciando come pigmenti predominanti i colori giallo/rosso/arancio tipici dei mesi autunnali.

I due pigmenti coinvolti nelle colorazioni autunnali sono gli Antociani e i Flavoni, entrambi del gruppo dei Flavonoidi.

Gli Antociani sono responsabili del colore dei fiori/frutti/foglie autunnali con le tonalità che variano dal rosso al blu.

Dai Flavoni invece dipendono colori giallo e arancio.

L’intensità dei colori dipende dal PH del terreno e dai metalli del tessuto interno nel quale si trovano.

Questi pigmenti proteggono le piante dai danni causati dalle radiazioni ultraviolette in primavera. Un forte irraggiamento è responsabile dell’aumento della loro produzione, evitando di danneggiare la clorofilla. Essi proteggono le piante nei momenti di illuminazione elevata, assieme a siccità e alte temperature.

Michele Rossi


[1]     Prof. Aldo Tollini