Un libro Fantasy? Drammatico, Poetico o cos’altro? L’unico modo per saperlo è leggerlo. Intanto vi spieghiamo cosa tratta l’ultima opera di Filomena Iovinella con un’intervista all’autrice che spiega le ragioni che l’hanno portata a creare un libro sicuramente poliedrico.

A metà tra l’umano e il divino si incontrano storie adatte ad ogni cambiamento del cielo: sono “racconti d’Amore” che in piena pandemia rintracciano ogni sorta di sensazione, lasciando libera la mente di mitigare il dolore e lo spaesamento, per trovare la forza di scoprire il percorso più congeniale per vivere la difficoltà.


L’Amore vero di una vita intera si unisce così a quello che va oltre e abbraccia l’Universo, per arrivare all’Amore fiabesco, come riscoperta del senso della vita, una dolorosa e struggente danza… anche al limite dell’umano. Perché queste storie sono abituate a tutto per superare i propri limiti e il dolore causato dalla vita. Desiderio di lottare per la sopravvivenza e curiosità dell’ignoto, depressione e inaspettato riscatto: ci sono tanti modi per perdersi ma, a volte, ve ne sono altrettanti per ritrovarsi, per riscoprirsi migliori. E i personaggi di questi racconti lo sanno bene. Ognuno di loro sceglierà l’unica reale possibilità che avrà da percorrere, nell’immenso ventaglio di probabili occasioni che capitano, si cercano, si sprecano, si sfruttano. Un viaggio difficile, complesso, dai mille sapori, con esperienze piene, cariche di tutti e un’unica risposta: la vita, l’amore.

L’intervista

Iniziamo con una domanda banale: perché scrivi?

Quando scrivo mi sento bene e in questa sensazione si annida il desiderio di donare, come un circolo vizioso di creazione. Mi percepisco e so che nei libri ho trovato sempre i miei pensieri lontani e vicini all’autore, mi emoziono ogni volta quando poi, tocca a me; parlare e presentare i personaggi che mi hanno tenuto compagnia, che sono ancora prossimi al mio cuore, prima di dare il cambio, la staffetta ad altri, come in una comunità invisibile di persone di carta, un incanto!  

Hai scritto un libro con tre storie apparentemente diverse ma c’è un filo comune che le lega assieme, vero?

Ti dico l’Amore. Ti rispondo con una parola dai mille significati, che molte volte viene sacrificata per dare spazio alla ragione, alla difficoltà del momento, alla particolare circostanza a cui si deve porre rimedio nel piccolo e nel grande, in forma nazionale oppure internazionale con tempismo e determinazione. Con questa mia affermazione dovrei averti dato già un primo indizio. Il filo comune è di qualche anno fa, ancora qui con noi, a dire il vero, è qualcosa che ci ha destabilizzati tutti, ma soprattutto che in fasi differenti ha portato a comportamenti e a disagi opposti, ossimori esistenziali. Da questo è partita la mia idea, creare mondi tanto distanti, quanto simili, per dire in definitiva la stessa cosa; usando volatilità, a sottolinearne la “sua” caratteristica di virus. Sento sempre il bisogno di bloccare il vissuto e farne storia narrativa, per coprire l’esigenza di non lasciar andare, sapendo soprattutto che oggigiorno il tempo di mettere in moto la mente emotiva non c’è, cosi sfugge alla nostra parte sensibile molto di ciò che accade, parlo di pandemia, ma sono storie d’Amore.   

Perché questa scelta?

Un po’ ho già detto. Ma nel profondo la scelta nasce anche dal prendere contatto con me stessa e definire la mia di coscienza emotiva. Ho giocato a far emergere il mio istinto, a farmi dare una risposta certa, o’ quanto meno vicina ad essa, ed è l’Amore. Non ho trovato nulla di più potente che potesse ricondurmi alla normalità, ancora prima che questa giungesse più o meno nella vita di tutti i giorni e per tutti.

Tre ambientazioni fra cui soltanto una realistica e le altre due pur fantasiose molto diverse tra di loro, a cosa è dovuta questa scelta?

Un altro elemento a me caro è la fantasia. Ho iniziato e portato avanti un discorso narrativo, per un tempo relativamente lungo, per un racconto, una storia di due persone anziane con un loro passato e ho cercato di farli reagire in modo differente a quello che accadeva. Ma dopo, lo scollamento con la realtà mi è apparso persino inevitabile e sono andata ad esplorare la fantasia sotto forma di cosmo; in questi giorni le foto del telescopio James Webb sono state un tuffo al cuore, come la mia luna del secondo racconto. Ho terminato poi con una fiaba che mette sempre d’accordo grandi e piccoli nel cercare un significato e un excursus esistenziale, perché il bambino che c’è in noi, va tenuto presente più che mai. 

Quale delle tre è la più “sentita” da parte tua e perché?  

Ci ho messo un tantino a scegliere. Ho lanciato a me stessa, prima la risposta: il secondo racconto; poi però mi sono detta il primo e perché non la danza del terzo? La verità è che sono nati ognuno dalle mie mani, perché ho l’abitudine di usare carta e penna e quando me le guardo, le mani sono entrambe uguali, sono mie e spesso sporche di inchiostro. Come le storie, sono tutte mie, con Amore.

Qual è il messaggio che vuoi lasciare ai lettori? 

Non facciamo in tempo a riprenderci che il mondo ci sconvolge nuovamente, non facciamo in tempo a riprenderci il quotidiano che mille altri problemi spuntano dinnanzi. Molte situazioni ci interrogano con pressante critica, io vorrei lasciare la riflessione del bambino interiore, dell’adulto consapevole. Infatti la consapevolezza di doversi fermare e ragionare; e tutto questo può farlo un libro con la sua pratica temporale, che scandisce il tempo della vita in modo non frenetico, ci allontana, ci tiene catturati, ci lascia a noi stessi, ci porta a quello che abbiamo vissuto.