Lecce da i natali a Francesco Bozzetti, meglio conosciuto con il diminutivo Cino

Il padre ha partecipato alla spedizione dei mille, successivamente decide di lasciare la Puglia per il Piemonte con la famiglia, per fermarsi nel


comune di Borgoratto Alessandrino

Cino, così chiamato dalla sua baby sitter, fin da piccolo è alla ricerca del disegno, ama giocare con i colori, dimostra abilità disinvolta nel tratteggio, s’impegna di buon grado nell’incisione; riproduce soggetti a lui familiari, ferma l’attenzione, almeno per il momento alla pittura.

Venticinquenne, nel 1901, frequenta per poco tempo l’Accademia Albertina di Torino, sotto la guida dei maestri Carlo Ubertalli e Carlo Follini.

È autore di magnifici intagli, sbalzi, alternati ad oli ed acquerelli, a carboncini, a colori un invito per esporre, nello stesso anno, all’Esposizione della Società Promotrice di Belle Arti di Torino.

La delicatezza del suo animo è sottolineata dalle tele, queste hanno una selettiva trasparenza, ben notata nei sottoboschi, nei paesaggi di campagna, meglio ancora intravista negli scorci fluviali, ricercati lungo il corso del Bormida.

La raffinatezza del suo stile s’intravede nelle prospettive, nella profondità lontana dei fiumi, negli scorci velati dalla nebbia; non mancano le sfumature del paesaggio, affiancate dalla natura, quasi uno specchio per definire lo stato d’animo, attraversato nel momento di tracciare i contorni.

Questo è il suo paesaggio, è alla ricerca di un mondo sempre nuovo, nello stesso tempo con le sue spiccate caratteristiche.

Il dovere della Patria lo chiama al fronte, costì ha l’opportunità d’immergere la sua capacità nelle incisioni, realizzate chissà come, esterna ad ogni graffio l’opportunità di vivere in un mondo nuovo, molto lontano dall’esser gradito.    

Il ritorno tanto atteso a casa è dedicato all’arte, torna alla riproduzione consistente di soggetti/oggetti, quasi a recuperare l’inutile tempo perduto nelle trincee.

La prima esposizione personale avviene nel 1930 a Torino, allestita con incisioni, molto gradite ai visitatori, collezionisti, quasi un invito a presentare le sue opere, nello stesso anno, alla Biennale Internazionale d’Arte di Venezia, nella quale i suoi lavori saranno presenti per quattro edizioni consecutive, con opportune innovazioni.

Il successo conseguito è uno sprono per essere presente alla Bussola di Torino, con una personale del 1947, collocandolo fra i migliori incisori italiani.

L’anno successivo è a Venezia, alla Biennale, per terminare alla rassegna di acqueforti nel panorama della Calcografia Nazionale di Roma nel 1949, presentata da Carlo Petrucci.

                                                                                 Franco Montaldo