Sono tanti i modi per avvicinarsi al mondo della programmazione, ma quello dei bootcamp è uno di quelli che sempre più spesso vengono scelti dall’aspirante coder perché permette di imparare le basi necessarie per operare concretamente coi codici, in tempi relativamente brevi. Si tratta di percorsi intensivi proprio come il corso Hackademy di Aulab, un’esperienza immersiva che permette affrontare in maniera teorica i pilastri della preparazione di un bravo sviluppatore, non tralasciando l’aspetto pratico, utilissimo per un accesso più rapido nel mondo del lavoro. Spesso però le cose imparate tramite un corso di programmazione non sono sufficienti a trovare quello sbocco occupazionale tanto agognato, nonostante il livello della propria preparazione sia elevato. Ecco alcuni consigli per rendere il passaggio tra un bootcamp e il mondo del lavoro il meno lungo e traumatico.

Il fattore esperienza 

Il non sapere come proporsi davanti a un selezionatore dopo aver concluso con successo la propria esperienza in un corso specialistico intensivo, accomuna tantissimi aspiranti coder. C’è chi si presenta senza timori, forte di un portfolio interessante, ma c’è anche chi invece patisce di più a livello psicologico e non riesce ad esprimere quello che potrebbe. In entrambi i casi il colloquio di lavoro è destinato a concludersi con un nulla di fatto, lasciando l’amaro in bocca al candidato. In questi casi è giusto analizzare le ragioni del flop in maniera obiettiva. Il problema che in generale accomuna i nuovi prospetti è che non hanno ancora l’esperienza per poter mettere a frutto concretamente quelle basi sedimentate durante le tante ore di lezione e in seguito ai tanti lavori realizzati.


La pratica rende migliori

Un primo consiglio è quello di rendere la propria preparazione teorica inappuntabile, approfondendo aspetti che durante le settimane del bootcamp, per ovvi motivi di tempo, non sono stati affrontati. In questo modo si avrà una marcia in più e si darà l’impressione al recruiter di avere delle basi superiori alla media e che non si limita allo stretto necessario per lavorare coi codici.
Dal punto di vista pratico la strada da percorrere è quella della creazione di lavori ad hoc per fare esperienza e per arricchire il proprio portfolio per renderlo appetibile agli occhi delle aziende presso cui ci si candida. La strategia vincente è quella di non fare il passo più lungo della gamba e di andare per gradi, iniziando da progetti semplici ma ben studiati e realizzabili in tempi ragionevolmente brevi.
Meglio un lavoro con un coefficiente di difficoltà relativamente basso ma realizzato a regola d’arte, che uno dannatamente complesso ma imperfetto. 

Le regole d’ingaggio

Un altro errore macroscopico che i newcomer nel mondo della programmazione compiono dopo aver concluso il proprio corso specialistico, è quello di inviare centinaia di candidature senza soffermarsi troppo sulla tipologia del lavoro e sulle richieste esplicitate dall’azienda. Il problema è che lo spam raramente porta a esiti positivi, mentre una selezione più ragionata e limitata a poche application per volta, permette di prepararsi al colloquio in maniera mirata. Inoltre, le aziende amano sentirsi importanti, e non c’è modo migliore per farlo, se non quello di approfondire aspetti del loro operato e della loro storia imprenditoriale. Fare dei riferimenti ben circostanziati su lavori del passato o su tecnologie che vengono utilizzate regolarmente per la produzione dell’azienda, aiuta a dare l’impressione che si tenga particolarmente a quel lavoro. 

La forza dei contatti

Se anche questo approccio non porta a risultati concreti, un altro passo che è possibile fare è quello di impegnarsi nella creazione di un proprio network di contatti in grado di intavolare discorsi e connessioni che alla lunga potrebbero portare a proposte di lavoro interessanti. Per farlo si può partecipare attivamente a una delle tante community di appassionati presenti in rete, o prendere parte ai meeting tematici in cui di solito si riversano migliaia di coder da tutte le parti del mondo.