«La parola “logistica” e la parola “sostenibilità” hanno in comune la ricerca di un unico obiettivo cui però, ancora oggi, il settore della committenza e degli operatori dà significati diversi e spesso opposti: il punto in comune è però l’efficienza. Dietro a questa parola si nascondono due altri concetti che sono il quotidiano ambito di scontro e incontro per qualsiasi professionista che abbia un ruolo attivo nell’ambito della supply chain: costo e valore». L’analisi di Roberto Cigolini e Daniele Testi, direttore del Global Executive Master in Operations & Supply Chain della School of Management del Politecnico di Milano, presidente di Sos Logistica Testi, pubblicata un paio di anni fa sulla rivista “Industria Italiana”, contiene molti spunti. Ma questo passaggio mette in evidenza uno dei punti più critici per il comparto. Che oggi, però, è in grado di fornire sempre più risposte innovative, efficaci e coerenti per uno sviluppo capace di coniugare le due parole. Una opportunità in questo senso, sia per le aziende, sia per gli enti locali cui spetta la programmazione dei territori, arriva dal Protocollo Slala per la sostenibilità, il cui marchio di impresa è stato registrato dal Ministero dello sviluppo economico. La Fondazione Slala – Sistema logistico integrato del nord ovest d’Italia (il presidente è Cesare Rossini) ha infatti definito un protocollo di sostenibilità orientato agli hub logistici e alla logistica più in generale, tratteggiando delle linee guida, articolate su dieci strategie efficaci, affinché possano divenire uno standard per la logistica e per la valutazione dei suoi impatti sull’ecosistema. Il documento, denominato appunto “Protocollo Slala” ha ricevuto l’apprezzamento della Bei (Banca europea per gli investimenti) e del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili.

Il decalogo, tutelato anche dal marchio, è stato messo a punto da Fabrizio Dellachà, consulente tecnico di Slala. «L’obiettivo iniziale – spiega – è stato individuare precise linee guida di natura quantitativa che possano non solo garantire l’armonizzazione delle necessità di sviluppo con la tutela ambientale, ma anche diventare un riferimento sia nazionale, sia internazionale».


Il protocollo ha suscitato l’interesse di Gbc (Green Building Council) Italia, associazione senza scopo di lucro cui aderiscono le più competitive imprese e le più qualificate associazioni e comunità professionali italiane operanti nel segmento dell’edilizia sostenibile, e del direttore generale, Marco Caffi. La Fondazione Slala è socia di Gbc Italia.

La versione aggiornata del Protocollo, suddiviso per macro categorie, contiene un elemento innovativo che è l’attenzione alla Iaq (Indoor air quality) e alla Oaq (Outdoor air quality).  «Questi parametri tecnici e una attenta progettazione orientata alla qualità dell’aria – racconta Dellachà – li ho concepiti a seguito della pandemia. Avere un continuo e costante monitoraggio dell’aria e adottare sistemi di depurazione attivi e passivi da particolati e microparticelle biologiche, virus compresi, garantirà una superiore salubrità e un impatto zero sui territori di coronamento degli Hub logistici».

I punti qualificanti sono dieci: Aria (Iaq/Oaq e controllo delle emissioni inquinanti, uso di biometano, edifici senza canne fumarie); Acqua (riuso di quelle meteoriche, preservazione della falda, nessun uso di acqua dolce per costruire e condurre gli Hub); Terra (scelta preferenziale di aree industriali preesistenti e riconversione di siti abbandonati, evitare di consumare e di impermeabilizzazione il suolo); 4) Energia & Ict (autoproduzione da fonti rinnovabili, uso di mezzi elettrici per spostamento merci e caricamento/stoccaggio, ottimizzazione dei processi tramite istituzione di database informatizzati e di codici di lettura sui container); Materiali (calcolo del Life Cycle Assessment (Lca, Analisi del ciclo di vita) e impiego di prodotti riciclabili); Filiera (filiera breve, riuso degli scarti, messa in moto della produzione locale, approvvigionamento a chilometri zero); Tempi ridotti di cantiere (edificazione modulare a secco, edifici scatolari antisismici, impianti modulari di rapida posa); Edifici efficienti (Nearly zero energy building, passivhaus, edifici attivi che autoproducono l’energia necessaria); Clima (controllo delle isole di calore con asfalti speciali, nessuna emissione inquinante in atmosfera, controllo e compensazione delle emissioni in ecobilancio nullo); Natura (piantumazione essenze mangia-smog, contenimento del rumore con barriere verdi, laghetto artificiale ove possibile).

Il Nearly zero energy building (Nzeb) dal gennaio di quest’anno è un parametro obbligatorio in Italia per tutti i nuovi edifici.