Roberto, come si descriverebbe come persona ed in quanto artista? Partendo dal fatto che non riesco ad immaginare distinta la persona dall’artista e viceversa perché – a mio parere – non c’è differenza fra i due aspetti della stessa vita, sono pacato, sognatore e dichiaratamente romantico. Un uomo che ha sogni, aspirazioni e ambizioni, come ogni altro uomo, ma con la fortuna di poter “parlare e scrivere” il linguaggio universale della musica. Se dovessi usare un solo aggettivo userei costantemente innamorato.

Da bambino chi sognava di diventare “da grande”? Da bambino sognavo di diventare un astronauta. Eravamo negli Anni Sessanta e c’era [da assistere al] la conquista dello spazio – forse per questo mi vedevo alla guida di un’enorme nave spaziale. Sogno però durato poco, visto che ho incontrato giovanissimo la chitarra, grazie ad uno zio che suonava. Da quel momento ho sempre pensato che la chitarra, per l’appunto, potesse diventare una professione.


Vi è qualcosa che vorrebbe condividere con noi e che, magari, non ha mai condiviso prima con alcuno? Professionalmente credo di non avere cose “originali” da raccontare… probabilmente non ho mai parlato del mio vero grande amore: il cibo! Amo immensamente cucinare e, ahimè, anche mangiare …penso che la mia debolezza sia proprio il concetto del “pasto”. 

Quando la musica è entrata nella Sua vita senza possibilità di ritorno? Non c’è una data o un episodio specifico – so solo che un giorno, giovane bambino, mi sono ritrovato una chitarra fra le mani. Merito di un mio zio che, “stornellatore” per passione, mi fece vedere un paio di accordi che io ossessivamente ripetevo tutto il giorno …per l’immensa felicità dei miei genitori. Di conseguenza il fatidico bivio e cioè o rompermi la chitarra in testa, o portarmi a studiare musica sul serio. Mia madre, la vera artista di casa, decise per la seconda opzione (per mia fortuna, o per fortuna della mia testa).

Cosa rappresenta per Lei la musica in generale e come definirebbe il Suo fare musica in particolare? Può darsi che la mia affermazione sia banale, tuttavia la musica non rappresenta la mia vita, bensì è la mia vita. Dal primo respiro del giorno all’ultimo momento della giornata, tutto è in sua funzione e vi ruota attorno. Una diteggiatura che non mi convince, un’unghia che mi preoccupa, un allievo che ha bisogno di me, un passaggio ostico che ripeto e ripeto ed ancora ripeto… È un continuo accavallarsi, rincorrersi, perpetuarsi per ogni istante del dì…. È un tarlo instancabile, continuo, appassionante e convincente. La musica non mi permette di distrarmi, di pensare ad altro. È un’amante instancabile e che non tollera tradimenti. È questo e molto altro, che non saprei spiegare e dire altrimenti. Io sono il mio vivere la Musica. Poi c’è la convinzione, e di certo anche un po’ la presunzione, che io non faccio musica ma è la musica a costruire me. Mi modella e mi rende quello che sono e quindi la nostra simbiosi quando si esprime, come vale per molti musicisti, è più di una semplice emissione di suoni.

Quale ritiene essere il potere della Musica nonché il suo principale pregio, valore e finalità? A mio parere, la Musica è potenza assoluta. Ha la capacità di dominare e di assoggettare, è tiranna, e pur dolcissima. È la massima possibilità di espressione. La Musica unisce l’idea di chi la crea con quella di chi la interpreta e, se le personalità si identificano, è linguaggio vero. Tecnicamente parlando, la Musica è una delle tante forme di linguaggio e suo scopo essenziale è comunicare …Comunicare appunto l’idea di un autore, rivelare il livello culturale dell’interprete; o più semplicemente comunicare raccontando una storia. Il suo pregio è sicuramente la “semplicità” con cui si lascia modellare, mentre il suo valore è l’universalità dei coinvolgimenti e la sua finalità è quella semplice di funzionare come lingua, di essere utilizzata come linguaggio. 

Dal Suo punto di vista cosa è auspicabile caratterizzasse l’Arte e gli Artisti meritevoli della A maiuscola? Personalmente non riesco a distinguere gli artisti secondo dei criteri che possano essere anche lontanamente oggettivi. Tutti coloro che usano un mestiere in modo comunicativo meritano, a mio avviso, il titolo di artista ovvero ‘colui che vive di arte’. Manca comunque, a mio modo di vedere, un sistema coerente nella gestione dell’Arte e di conseguenza degli artisti e questo, così, permette che certi stereotipi vengano determinati dai luoghi comuni. Ecco, molti meritano il titolo di Artista (con la A maiuscola) e non mi riferisco solo alla musica… Per quel che mi riguarda, un vero Artista è colui che coerentemente si riconosce per la qualità dell’impegno nell’ottenere un ruolo sociale e politico in una società, purtroppo, troppo abbandonata a se stessa.  

In un’epoca storica quale quella odierna dominata da Internet, dai social e dai reality come è possibile, secondo Lei, riuscire ad emergere per il proprio autentico essere laddove i canali di diffusione sono di gran lunga in numero superiore a quanto richiederebbe normalmente non soltanto il mercato, ma un forse più attento ascolto? È, questa, una domanda scottante… Internet è la più grande invenzione di tutti i tempi e non di meno, come per ogni invenzione, è nell’uso che se ne fa che si debbono fare i distinguo. Non sono i social il problema, ma il loro utilizzo improprio che li rende deleteri nella maggiore parte dei casi. Internet è un veicolo di comunicazione diretto, immediato ed efficace. Io lo uso moltissimo, come altresì uso ogni social per tenermi aggiornato e per avere il detto contatto diretto con moltissimi dei miei amici e con coloro che credono in me. Al pari è da tenere presente che in un continuo flusso comunicativo i messaggi inviati diventano obsoleti con la stessa velocità con cui si propagano eppure, daltra parte, non mi pongo il problema della personalità perché io cerco di essere sempre me stesso, piaccia o meno, anche sui social. Quello che si vede su Internet è lo stesso Roberto che si può incontrare in Conservatorio o ad un concerto, al supermercato o a passeggio con la mia famiglia. La mia è stata una scelta precisa ossia non inventarsi nulla e, all’opposto, ho optato per l’aderenza alla realtà! Mi piace tantissimo l’idea che si possa “viaggiare” nel mondo con un semplice click – nonostante ciò, ebbene, non rinuncerei mai al “disagio” degli aeroporti, all’ingombro dei bagagli e alla scoperta diretta di una cultura. È importante, per me, ascoltare con attenzione e trasformare il semplice “sentire” in coscienza di ciò che si ascolta, e non credo che il problema di tale mancanza sia Internet quanto invece il decadimento della curiosità culturale che cela il vero motivo della superficialità dell’osservazione dei fenomeni musicali.

Lei che rapporto ha con la tecnologia e con la Rete, cosa ovvero apprezza e cosa al contrario la infastidisce di esse? Personalmente non sono  un cosiddetto “tecnologico”. Uso la testiera e il computer da semplice utente. Non amo perdermi nella rete e non leggo libri dal video perché amo sfogliarne le pagine, non ascolto musica dal telefonino ma da un buon impianto stereofonico, prediligendo i vinili, seppure non potrei più fare a meno di tutti i privilegi che Internet fornisce. Penso infatti e soltanto alla possibilità, in un’epoca come questa, di poter rimanere in contatto quotidiano con i miei allievi sparsi per l’Italia (e non solo) grazie alla tecnologia. Certo che, per quanto sia inutile ribadirlo, il rapporto umano e diretto delle lezioni frontali è e rimane l’autentico universo didattico …in casi come la pandemia, però, almeno posso sentirmi coinvolto dalle problematiche di tanti ragazzi grazie a codesto contatto immediato e ciò rende Internet e la rete un bene prezioso. Come dicevo prima, esiste l’uso improprio del mezzo, che non dipende da me… io semplicemente lo evito. Tutti i “neo-laureati” in medicina, scienze economiche, statistica, politica eccetera eccetera che sforna ogni giorno il fatto contingente non é cosa che mi prende. Non perdo tempo a leggere gli sproloqui di personaggi che quotidianamente si improvvisano esperti sol perché hanno letto quattro “informazioni” su un qualsiasi sito. Non mi interessa!!! Se voglio un parere medico, mi rivolgo al medico e se voglio parlare o discutere di musica lo faccio con artisti veri e non con presunti tecnici senza curriculum e senza titolo.

Vi è qualcuno con il quale vorrebbe al più presto collaborare? Ci sono tantissimi Artisti – notare la A maiuscola – con i quali vorrei semplicemente avere uno scambio di idee e che, ovviamente, mi piacerebbe coinvolgere in qualche progetto. Se avessi la bacchetta magica mi troverei solamente nell’imbarazzo di dover scegliere chi. Qualche rimpianto lo ho, questo è vero… Avrei voluto, ad esempio, coinvolgere Eddie van Halen in qualcosa di stuzzicante ed eccitante. Da giovane scrissi un libro su di lui e poi, più recentemente, ho scritto un brano ispirato a quello più famoso del gruppo dal titolo “Jumping”. A settembre, tra l’altro, è uscito un video sul pezzo da me scritto …una sorta di omaggio a chi ha dato un input particolare al gusto chitarristico. In realtà, non ne faccio un problema di “personaggio”, a me piace per la maggiore l’idea del progetto. Mi arrivano moltissime richieste di collaborazioni e spesso sono costretto a rifiutare per via del poco tempo a disposizione o per “colpa” di una proposta che non mi coinvolge. L’idea mi deve prima di tutto conquistare e dopo ci lavoro persino 24 ore al giorno, ma se non scatta la scintilla c’è poco da fare.

Dal 18 febbraio è online il video di “HAMMAM” [https://youtu.be/V2O7OhO8UkQ], il Suo singolo con Edin Karamazov, uno dei più grandi liutisti del panorama internazionale, noto per aver collaborato con Sting in “Song from the Labyrinth” …Ha raccontato che ha conosciuto Edin nel febbraio  del 2009; eravate in cartellone entrambi per il Guitar Art Festival di Belgrado, lui suonava in duo appunto con Sting mentre Lei, il giorno dopo, avrebbe aperto il concerto di Ennio Morricone all’Arena della città serba davanti a 20000 persone. Fu in quell’occasione che con Karamazov vi proponeste di realizzare in futuro un progetto insieme ed ora, a tal proposito, è venuto alla luce “Hammam”. Ebbene, cosa la colpì a tal punto di Edin Karamazov tanto da desiderare un abbraccio della vostra rispettiva musica? Edin è una persona educata, sensibile e aperta al concetto di Musica. Non ha preclusioni o preconcetti. Riesce a spaziare con la stessa profonda cultura dal classico al jazz, passando per il pop, e con una sensibilità e una leggerezza invidiabili. È un professionista serio ed affidabile, pieno di idee e con il quale si può dialogare con semplicità. È un vero musicista, un profondo conoscitore dello strumento e delle sue possibilità. La serata passata insieme è stato uno dei momenti più affascinanti della mia vita professionale. Ci si lasciò allora con la promessa di creare qualcosa assieme, di far volare la fantasia e la creatività e, dacché ci abbiamo creduto, nella sua drammaticità il Covid-19 ci ha permesso di condividere un momento di tranquillità per realizzare il progetto.

Quali sono le Sue priorità attualmente e, inoltre, si ritiene più “spettatore” o “attore” di codesta presente nostra realtà? Qual è il Suo punto di vista sul Destino, esiste, cos’è? Le mie priorità hanno destinazioni diverse, a seconda dell’ambito in cui mi trovo. Professionalmente è per me prioritario uno studio profondo, una conoscenza attenta e puntigliosa, una vera disponibilità a trasmettere le competenze e a “divertire” chi mi ascolta quando suono. In ambito privato le priorità sono quelle più scontate per un padre, vale a dire la felicità e il benessere dei propri figli, l’armonia con il proprio coniuge, la ricerca di una certa tranquillità. Mi ritengo uno “spettatore attivo”. Ognuno di noi vive entrambe le situazioni poiché si è spettatori e attori in diverse occasioni. A me piace vedermi come uno spettatore coinvolto dalla e per la realtà. Non riesco a rimanere indifferente davanti allo spettacolo della vita, e difatti qualche volta desidero calcare le scene come attore. Siamo tutti timidamente protagonisti. Il destino – non ho mai riflettuto su questo – mi appare ora come uno di quei misteri su cui tutti hanno sempre da dire e ridire. Di sicuro c’è una componente di casualità che spesso scompiglia il piano o il progetto iniziale. È destino che debba finire così, oppure siamo noi ad aver sbagliato tutti i piani dall’inizio? Come si può fare la prova del 9? Sdrammatizzando potrei dire che non so se esiste, ma sono un forte sostenitore della Teoria del Caos e dei 9 corollari della Legge di Murphy…

Quali, infine, i Suoi prossimi progetti artistici e personali, a breve e a più lungo termine? Progetti ne ho, ce ne sono, molti. Dalla pubblicazione di un testo per i Conservatori di ben centosettanta brani, che ripercorre la storia della chitarra dalle origini al ‘900 e che permette una seria preparazione per il percorso di studi – libro che è appena uscito – alla realizzazione e pubblicazione di alcuni dei brani più famosi di Lucio Battisti con arrangiamento per chitarra classica, entrambi editi da Carish/Hal Leonard – la casa editrice con la quale lavoro – e con cui ci sono in cantiere anche altre cose …ma saranno motivo di ulteriori interviste. Ho in mente di allargare il duo chitarra-liuto con la collaborazione di un chitarrista elettrico ché confrontare i linguaggi ci permetterà di evidenziare maggiormente le affinità che i due mondi, apparentemente così distanti, invece, hanno in comune. Poi c’è il grande e costante lavoro didattico come capo del dipartimento di chitarra del Conservatorio Statale di Musica di Teramo, dove insegno. Non mi sentirei soddisfatto se non avessi i miei allievi con i quali cresco ogni giorno, imparo ogni momento e che mi obbligano ad uno studio quotidiano. Il lavoro del professore è un lavoro che va affrontato con molta attenzione, non solo verso le esigenze dei ragazzi, piuttosto con il preciso obbligo di dover dare risposte serie e competenti alle differenti questioni che sorgono senza sostaNon deve mai venire meno il senso del dovere allo studio e all’approfondimento. Per i progetti personali mi preparo a veder crescere la più piccola delle figlie e a seguire, con discrezione, il percorso delle due “grandi” che sono musiciste anche loro. Una brava cantante e una brava violinista, con talenti diversi, e che mi riempiono di orgoglio – soprattutto quando suoniamo in concerto tutti e tre. Poi ci sono i sogni, ma quelli sono un’altra cosa… Grazie per lo spazio che mi ha concesso e che spero di aver in qualche modo riempito in modo interessante. Domande impegnative, fuori dal comune e che denotano un approccio al mondo dell’arte diverso dal solito. Le auguro un grande “successo”, che meriterebbe per la perspicacia con cui mi ha questionato.

Giulia Quaranta Provenzano