“La ex Caserma Passalacqua in corso Alessandria 62 è oggi la sede del Comune di Tortona, la casa di tutti i cittadini tortonesi, ma tra il 1946 e la fine degli anni Sessanta del secolo scorso, è stato uno dei più grandi centri di raccolta profughi del nord Italia, ospitando almeno ventimila persone in fuga dalle loro case e dai loro affetti per il solo motivo di essere italiani. Donne e uomini che dalla Grecia, dall’Istria, dalla Dalmazia, dalla Libia, hanno dovuto ricostruirsi una vita partendo proprio dalla “casa” di corso Alessandria, e oggi sono parte integrante della nostra comunità.”

Sono le parole proferite dal Sindaco di Tortona Federico Chiodi, oggi, in occasione della manifestazione che si è svolta in occasione del “Giorno del ricordo” e mai parole avrebbero potuto essere più concise per rappresentare quello che a Tortona è stato un periodo difficile, che ha visto in Don Francesco Remotti, a cui per altro è intitolata la Sala Polifunzionale proprio alla ex caserma, il cappellano di questo “Campo profughi” dalle dimensioni davvero inusuali.


Oggi i profughi che arrivano dall’Africa vengono trattati coi guanti, messi in hotel con pasti di alto livello, dotati di ogni confort: televisione e persino di telefono cellulare per chiamare a casa e quasi tre euro al giorno per le loro spese personali, eppure molti di loro si lamentano e non sono contenti e pretendono la luna.

Lo scriviamo non per essere razzisti perché è giusto aiutare chi ha bisogno, ma per sottolineare che le persone che oggi sbarcano sulle coste italiane provenienti dall’Africa sono, a tutti gli effetti, stranieri che scappano dalla guerre e dalle tribolazioni ma rimangono sempre e comunque cittadini stranieri molti dei quali hanno profumatamente pagato il loro viaggio in Italia: arrivano qui e vengono trattati coi guanti, mentre coloro che giunsero alla caserma Passalacqua nel dopoguerra, erano veramente profughi italiani a cui i governi avevano tolto tutto e “rispedito” in Italia viaggiando su carri di bestiame per giorni senza neppure lavarsi e una volta arrivati qui, alla Caserma Passalacqua, a differenza dei “profughi” di oggi, hanno vissuto per anni in stanze con pareti separate soltanto da coperte, decine di persone in pochi metri quadrati, con bagni in comune, acqua fredda e cibo sul quale è meglio stendere un velo pietoso.

Hanno poi dovuto aspettare diversi anni prima che lo Stato fornisse loro una casa di soli 45 mq per tre persone. Qualcuno dirà che non è vero e siamo i solti razzisti, ma se non ci credete andate a chiederlo ai chi, di loro, ancora abita nelle case popolari in corso Romita, Via Ferrer, via Saccaggi e in altre zone della città.

Oggi è facile parlare o stigmatizzare, ma solo chi ha conosciuto quei profughi italiani, che vivevano alla ex Caserma Passalacqua, sa perfettamente quanto hanno dovuto sopportare e come i tortonesi li hanno accolti. Ecco perché, per tutti questi motivi, è giusto ricordarli e ricordare cosa è successo, perché la memoria storica di una città è importante e deve rimanere sempre nitida.

Ciò che siamo oggi, infatti, è anche la conseguenza di quello che è successo nel passato.

Di seguito altre immagini della manifestazione di oggi tratte dal profilo FB del Sindaco Chiodi.