Luca Bonasera ècantautore e blogger cresciuto nella provincia romana. Si avvicina al mondo della musica e della scrittura sin da adolescente, prendendo parte a molte manifestazioni canore svoltesi nel Lazio. Partecipa inoltre a numerosi concorsi e festival, che lo vedono sempre tra i primi classificati e nel 2005 anche all’Accademia di Sanremo, arrivando alle finali nazionali. Segue poi un lungo periodo di distanza dalle scene musicali, arco di tempo in cui l’artista laziale intraprende la carriera in ambito turistico. Otto anni in uno dei maggiori tour operator italiani formano Luca dal punto di vista autorale, musicale e attoriale tant’è che arriva a ricoprire svariati ruoli, sino a quello di capo équipe e capo animazione. Poco dopo firma un contratto con Music Ahead, per la produzione del suo primo album dal titolo “Luca Bonasera”. A seguire l’intervista per Oggi Cronaca, per la nostra rubrica Oggi Musica.

Luca, come ti descriveresti in quanto persona e come artista? Sono un sentimentale cronico, ammalato di solitudine ed innamorato delle fragilità delle persone, nonché narcisista seriale. Artisticamente, idem. Anzi, come artista aggiungerei che riesco ad essere completamente trasparente e sincero, cosa che in altri ambiti della vita non sempre mi riesce.


Come, in che circostanze e con quali aspettative viene alla luce il tuo album d’esordio “Luca Bonasera”? Avevo e ho una grande necessità di comunicare; ho sempre avuto l’impressione di riuscire appunto a comunicare al meglio scrivendo – sia che si tratti di un libro (il mio primo romanzo uscirà in primavera…), sia che si tratti di un semplice post. Nella scrittura, attraverso le cose che scrivo, mi sono ossia sempre sentito compreso più che attraverso qualsiasi altro canale. 

Vi è un messaggio in particolare che vorresti trasmettere con questo tuo cd, il cui titolo porta il tuo nome? Che siamo tutti frangibili, ma che mostrare le proprie debolezze e le proprie fragilità è da forti. Ecco: nel mio album ci sono io, senza corazze e senza maschere…  

Hai spiegato che l’album “Luca Bonasera” racconta di storie, le tue, perché scrivi canzoni per non dimenticare l’amore. Solitamente se si ama, come pure se si è amati non c’è tanto bisogno di ricordarlo perché i gesti di bene e desiderio parlano da soli (mentre nei periodi di mancata compagnia non è sempre terapeutico “mettere il dito nella piaga”), ma forse con ciò non ti riferivi ad esperienze passate quanto piuttosto al sentimento in sé? …Puoi scendere più nei dettagli di tale tua affermazione? Io non saprei dirne il motivo, però resto legato alle persone che ho amato anche a distanza di anni e cioè pure quando la storia è ormai terminata. Non ho mai portato rancore o indifferenza verso una compagna, anzi mantengo e ho tutt’ora bellissimi rapporti di amicizia con le mie ex. Rimango grato a chi mi ha amato per un certo periodo e non voglio ovvero dimenticare che per qualcuno e per un poco sono stato davvero importante. Ciò deriva con ogni probabilità da esperienze infantili complesse. Convivo con la sindrome dell’abbandono, credo dunque ogni volta che le persone se ne andranno perché non mi ritengano “abbastanza”. Mi colpevolizzo e mi carico di colpe che, in realtà, non ho. 

Hai poi continuato che scrivi canzoni perché ti piace il suono dei tuoi pensieri e perché senti il bisogno di condividere affinché le tue emozioni possano essere le emozioni di tutti, cosa che fa sì che “Luca Bonasera” sia uno specchio. Specchio che ti ha messo di fronte a te stesso benché – hai affermato – riuscire a giudicarsi sia complesso e pericoloso. Quanto amor proprio e quanta fragilità, quanta necessità di attenzioni e quanti interrogativi sulla costituzione del proprio sé vi sono nell’esigenza dichiarata? E perché ritieni che giudicare se stessi sia complicato e pericoloso? Domanda complessa, ma bellissima. Di sicuro mi caratterizza tanto amor proprio, quanta fragilità. E per lo più evitiamo tutti, di continuo, di giudicare noi stessi poiché per farlo in maniera davvero obiettiva servono occhi distaccati. Serve tanto coraggio. È un percorso lungo e non facile quello della presa di coscienza, ma se ne esce più consapevoli. Io sto iniziando tale percorso proprio ora. 

Hai rivelato che il brano “Giorno perfetto” si riferisce a quel giorno in cui la persona che si desidera, torna al nostro fianco. Tu credi ai legami a distanza ed inoltre pensi che le relazioni “riscaldate”, le seconde possibilità siano cosa buona? Io so soltanto che in una notte di ottobre, senza soldi e con una macchina approssimativa, sono partito da Roma per arrivare a Barletta unicamente per riabbracciare una persona  …Per cinque minuti e poi sono dovuto tornare indietro. E lo rifarei altre mille volte, seppure adesso la meta fosse Sidney. Credo che il sentimento, quando è forte, abbatta qualsiasi barriera. 

Sei una persona che l’amore lo conquista, lo costruisce e lo nutre giorno dopo giorno oppure invece sei più “ballerino” e ti è capitato di buttarlo via al primo soffio di vento, alla prima distrazione? Sono un inguaribile romantico, ma sono anche un perfetto idiota nel gestire i miei rapporti. E non parlo di tradimenti o avventure. Se devo tradire, allora lascio prima perché ho il rispetto più assoluto per la compagna. Parlo invece delle dinamiche di coppia. Mi è capitato di desiderare allo stremo qualcosa e subito dopo, ottenuto tal cosa, perderne interesse. È un mistero l’amore, per me…

La canzone “Hei buongiorno” è una sorta di rivelazione di come, per te, svegliarsi con il sorriso dell’amata nella tua casa sia sempre un buongiorno. Qual è invece la tua buona giornata? Beh, ad esempio, svegliarmi il 12 dicembre e trovarmi in classifica vendite iTunes Chart ha reso tal giorno una buonissima giornata. Più in generale, comunque, una buona giornata è quella in cui mi sveglio sereno e rimango nella mia zona di comfort – che è la mia ambizione primaria. Non ambisco ossia alla felicità che è, a mio avviso, fugace e passeggera, breve. Io ambisco per l’appunto alla serenità. 

“Cattive abitudini” [https://youtu.be/0TT0c8f0dtc] e “Sono così” sono brani che rammentano come quando si sta per mollare non di debba, al contrario,  smettere di credere. Come capire, tuttavia, quando si è davvero arrivati al “The End”, quando cioè è impossibile e deleterio un proseguo? E come riconoscere l’amore che realmente vale? “Sono così” vede quale focus tematico quello del raggiungimento dei propri obiettivi, di ciò che si ama quindi …nel mio caso, il mio album. Ché quando si pensa di non farcela più, perché nessuno comprende la nostra “arte”, bisogna non di meno prova ancora perché forse in un messaggio o in un provino mai inviato vi è invece la chiave per il “successo”. Mai mollare, mai! 

Tu cosa ricerchi in una compagna e, a tua volta, come partner cosa pensi di essere in grado di donare sempre e comunque? In questo momento ho bisogno di dare protezione, di essere scudo e rifugio. Ma, al contempo, parimenti vorrei che qualcuno fosse balsamo per me. Sentirsi protetti e amati è la sensazione che più si avvicina all’invincibilità. 

Nella canzone “Brilla Venere” canti di come a volte ci si allontana lentamente senza accorgersene, vittime dell’abitudine e della monotonia. Come si arriva a questo, secondo te? Nella quotidianità, fatta di impegni lavorativi e pure preoccupazioni di varia natura dovute forse in gran parte all’incapacità di far fronte in maniera positiva a ciò che diviene assuefazione di doveri, qual è un possibile “antidoto” al pericolo di una piatta uniformità e logorante scontentezza? L’abitudine è ciò che mi spaventa di più; invecchiare senza amore, assuefatto dalla routine sarebbe terribile. Terribile è inoltre desiderare una vita per la quale non si ha avuto il coraggio di lottare, con tenacia ed instancabile volontà. Non ho idea di quale potrebbe essere un efficace antidoto alla scontentezza, però ho sempre cercato di evitare la monotonia. Di sicuro è necessario mantenere ognuno i propri spazi e non privare il partner del piacere della scoperta perché sennò tutto diventa davvero piatta abitudine, ogni gesto e situazione scontati. 

Con il brano “Smeraldi dal fango” proponi una storia fragile, come tante, ma nella convinzione che basti insistere solo un altro po’ per raccogliere appunto smeraldi dal fango. Per associazione di idee, a proposito di insistenza, hai voglia di metterci al corrente del tuo punto di vista a proposito della brutalità diretta contro donne, la cui giornata internazionale per l’eliminazione della detta violenza è caduta il recente 25 novembre? Chi alza le mani e chi minaccia una volta sarà capace di pentirsi sinceramente e redimersi senza più macchiarsi di bestialità o le donne devono capacitarsi dell’impossibilità del ravvedersi del compagno? Personalmente non concepisco come si possano alzare le mani su una donna. Chi lo fa è frustrato, debole o insicuro ma ciò è per me inaudibile ed intollerabile. Se uno è violento una volta, lo sarà sempre. Io non credo nella possibilità che le persone si redimano e, ripeto, non concepisco alcun tipo di violenza – né quella verbale, né quella psicologica e tantomeno quella fisica. La rabbia è da deboli mentre i più forti, all’opposto, amano. 

Della canzone “4otto” hai anticipato <<(…) nasci con un fardello, quello di non essere stato voluto, allora ti fai spazio come puoi, in cerca della tua strada e della tua felicità>>. Il testo è autobiografico, l’hai scritto per te? Sì, il testo parla del giorno della mia nascita, il 4 agosto. Parla di come sono stato abbandonato da chi non mi ha voluto (da qui la mia sindrome dell’abbandono ) e di come il destino mi abbia però poi donato la famiglia più bella del mondo.

Talvolta si viene al mondo senza essere stati cercati però ci sono casi in cui si è poi non di meno amati, e certo pure altri in cui la madre e il padre sono incapaci di provare alcuna tenerezza ma, a mio parere, la nascita non è mai una colpa da imputarsi come figli. Te la senti di spiegarci i meccanismi psicologici, interiori che si attivano tanto da arrivare ad individuarsi come pesante costrizione che coloro che generano subiscono? Questa che hai descritto è la mia storia… venire al mondo sembra quasi una colpa, un peso. Io comunque sono stato fortunato, il più fortunato tra tutti i bimbi abbandonati e di questo ne sono convinto. Non giudico alcuno né alcunché, ma tante delle mie paure e delle mie insicurezze dipendono da quello che ho attraversato. So di avere dei fratelli, e mi piacerebbe conoscerli ma non posso, perché “io non esisto”. Strana la vita, vero?!?

Il brano “Milka & Sashimi” [https://youtu.be/RRff4ry7Atc] sostiene che gli opposti si attraggono e si respingono. L’attrazione o la repulsione ritieni che, alla fine, abbia la meglio nella maggior parte dei casi (e nel tuo caso)? Una relazione, ossia, in cui le differenze caratteriali, gli stili di vita, l’approccio alle situazioni, gli interessi e il più delle progettualità sono orientati tanto diversamente è fattibile da portare avanti? Mi piace da morire quel detto per cui <<Il vitello tonnato è la prova che gli opposti si attraggano>>. Scherzi a parte, come anticipato prima, ho fatto realmente di tutto per salvare un rapporto in cui credevo …ma ne deve valere la pena per giungere a ciò. 

Con la canzone “Ancora di salvataggio” dai voce ad un simbolo per descrivere l’immagine di colui che è salvagente in momenti in cui i dubbi potrebbero minare un percorso a due. Tu nella vita di tutti i giorni sei un istintivo o per lo più sei razionale, ragione per cui veicoli il cuore secondo disegni ben precisi (che ti portano quindi a trovare un senso pure alle tempeste, dalle quali riemergere)? Sono un istintivo-razionale, nel senso che ad oggi ho imparato a veicolare la mia istintività e a far meno danni. Nonostante tutto, le mie cazzate continuo a farle, ma con cognizione di causa…

In “L’amore non basta” [https://youtu.be/uZqR8LPPN9A] sostieni che il solo amore non è sufficiente a tenere insieme due persone, a dispetto della complicità. Quale potrebbe essere dunque un efficace collante al di là dell’innamoramento? Sì, lo sostengo soprattutto quando si debbono fare i conti con un sentimento e delle emozioni che non sono del tutto corrisposti o, perlomeno, che sono sbilanciati. 

Giulia Quaranta Provenzano