Tema di oggi le evidenze dell’ultimo rapporto CENSIS per quanto riguarda il risparmio delle famiglie italiane. Ci focalizzeremo infatti in prima battuta sul sentiment dei nuclei famigliari in Italia, poi sull’orientamento al risparmio ed infine sulla liquidità.

Secondo quanto emerso proprio dall’ultimo rapporto CENSIS, il 67,8% degli italiani afferma di avere paura per la situazione economica familiare. Una paura radicata nel territorio, trasversale a diversi gruppi sociali. La sopraddetta percentuale sale al 72% tra i millennial e le donne, sfiora il 75% nel Sud mentre supera il 76% tra gli imprenditori, per arrivare addirittura all’82,6% fra la gente con i redditi più bassi.


Da evidenziare che, nell’attuale fase di post emergenza Coronavirus, il timore per la salute (cioè pure del contagio) si intreccia a quello per le incertezze dal punto di vista del reddito e degli averi. Per il 49,7% degli italiani l’epidemia ha ovvero generato vulnerabilità e disorientamento economico ed esistenziale. Da ciò ne è derivato che il 39,7% delle persone pensi che serva cautela nella gestione dei propri soldi, dato che giunge al 45% nel Nord Est – fino a portare alla conseguente odierna contrazione dei consumi. 

Stupisce forse all’opposto come il 38,9% degli italiani dichiari di aver incrementato appunto il proprio risparmio durante il lockdown – tanti italiani con più risparmi da investire!, percentuale che tocca il 49,1% fra i risparmiatori abituali.

Un altro dato molto interessante è come le entrate del 71,2% dei percettori di reddito non siano state intaccate dalla crisi. Il risparmio forzoso pertanto pare sostanzialmente in continuità con quelle che sono le retribuzioni che taluni non hanno mai smesso di percepire (si pensi ai pensionati, dipendenti pubblici etc.) e che, quindi, a fronte di una continuità di retribuzioni e di una flessione dei consumi hanno permesso loro di implementare la personale quota di risparmio.     

Per quanto si tratta dell’orientamento nell’investire queste somme, il 51,3% degli italiani non comprerebbe titoli di Stato a causa della preoccupazione che l’elevato debito pubblico possa generare, nel lungo periodo, dei rischi anche per i risparmiatori. Contrariamente invece alla sfiducia nei confronti dei BTP, molto favorevole è l’indirizzo verso strumenti ESG tant’è che il 52,3% degli italiani si dice interessato ad investire in strumenti orientati ad opportunità di mercato originate da aziende che sono virtuose nell’ambito sociale, ambientale e di governance. La percentuale a lievitare al 68,2% tra i laureati e al 70,2% fra i dirigenti e quadri. Questo conferma una voglia di sostenibilità nondimeno nel mondo degli investimenti, che attualmente assai si lega alla tematica della tutela e della promozione della salute.

In ultima analisi, si ha dallo studio CENSIS la conferma del boom di liquidità sui conti correnti. A fine giugno il denaro delle famiglie italiane parcheggiato sui detti era di oltre 1600 miliardi, una cifra record; ed altresì la giacenza media dei conti correnti alla fine di agosto 2020 era parecchio elevata, ossia 18000 euro (cifra, questa, sorprendente considerata la storicità del livello di giacenza media in essi che nel primo semestre del 2010 ammontava a circa 10000 euro). 

La liquidità in Italia è ovvero aumentata enormemente, di 34,4 miliardi nei tre mesi più neri del Covid-19 (febbraio-aprile). Codesti numeri sono risorse che si aggiungono ai 121 miliardi di liquidità accumulata negli ultimi tre anni, prima dell’esplosione dell’epidemia. Se il trend proseguirà al medesimo ritmo del triennio scorso, nel 2023 ci saranno ulteriori 135 miliardi di liquidità aggiuntiva per le famiglie italiane. Nonostante tal ipotizzato, di sicuro rimane necessario auto-tutelarsi a tuttotondo non solo attraverso l’accantonamento di somme – che è una modalità insufficiente per fronteggiare gli imprevisti – bensì associando delle coperture per la protezione dell’individuo e del patrimonio a quello che è l’investimento e il risparmio.

Giulia Quaranta Provenzano