“L’amministrazione comunale finora ha fatto il minimo sindacale per quanto riguarda la questione Ilva. Per minimo sindacale intendo la presenza ai presidi tenuti dai lavoratori davanti all’Ilva in un momento di crisi come questo e l’incontro in videoconferenza con il Prefetto di Alessandria, l’assessore regionale al Lavoro Elena Chiorino,le organizzazioni sindacali, i rappresentanti della proprietà. Ma c’è un tema da affrontare, quello di tenere alta l’attenzione e far comprendere alla città che la questione Ilva riguarda tutto il territorio e quindi con un approccio non formale ad una vertenza. L’impressione che ho avuto, invece, è stata proprio quella di una visione formale, burocratica, della vicenda da parte dell’amministrazione comunale. Il fatto è che, di fronte ad un rischio enorme come quello che vivono i dipendenti dell’Ilva, non ci si deve limitare alla formalità, ma far sentire la propria vicinanza, si deve entrare con il cuore e con la mente nelle questioni”: così Giordano Ottavio Marilli, coordinatore cittadino del partito Democratico di Novi inizia l’intervista con la quale spaziamo sui temi fondamentali della città, tra Ilva, Pernigotti, Outlet ed ospedale.

Minimo sindacale, gestione burocratica della questione Ilva. Secondo lei in concreto che cosa dovrebbe fare l’amministrazione comunale?


Per esempio mi aspetterei che, anche se non è previsto all’ordine del giorno, la questione Ilva venga portata all’attenzione del consiglio comunale convocato per mercoledì 27 maggio, almeno con le comunicazioni del sindaco ed un minimo di interventi da parte dei consiglieri comunali. Ma, dalla percezione che ho, temo che non sarà così. Il fatto è che non mi sembra ci sia una adeguata consapevolezza della questione. Fermo restando che io non intendo entrare in una polemica con il sindaco Cabella ma voglio sottolineare che la questione è fondamentale per l’economia e l’occupazione del Novese nella prospettiva e nell’immediato. Il sindaco rappresenta tutta Novi e deve essere in prima linea per difendere una prospettiva. Se la proprietà presenterà delle proposte di basso profilo l’amministrazione comunale si trincererà dietro l’affermazione che trattandosi di un privato non si può fare niente?

Una amministrazione comunale si misura anche in questo, nel mettere in atto tutte le azioni e nell’usare tutti gli strumenti a propria disposizione per una risoluzione positiva che vada nella prospettiva della difesa di un territorio, facendo coincidere gli interessi del territorio e del lavoro con il mantenimento di una attività imprenditoriale. Il comune come istituzione si deve attivare perché ci siano tavoli per una soluzione positiva, si deve mettere con tutta la forza che possiede. Si devono prevedere ammortizzatori sociali, interventi sul territorio che siano in grado di assorbire eventuali situazioni di difficoltà. Quali sono le strategie che il Comune intende mettere in campo? Un privato non può fare quello che vuole e una amministrazione comunale deve tutelare gli interessi di tutti, degli imprenditori e dei lavoratori.

Il quotidiano “Il Sole 24 Ore” riporta la notizia che ha lasciato, ultimo dei dirigenti, Taranto e l’Arcelor Mittal di Taranto il direttore finanziario, l’uomo dei conti. Quanto può incidere questo fatto nel futuro della vertenza dell’Arcelor Mittal?

Temo che sia una notizia affatto buona. Il timore, che condivido, è che Arcelor sappia di voler mollare e voglia azzoppare un potenziale concorrente.

Lei recentemente ha sottolineato anche la questione dei lavoratori dell’Outlet. Purtroppo l’Outlet vive su di un turismo che non è più possibile ipotizzare per un periodo abbastanza lungo. Come crede che si debba affrontare la situazione?

Temo, infatti, che ci vorrà molto tempo prima che l’Outlet recuperi quei volumi di traffico, di persone, di turismo che aveva prima della emergenza sanitaria del coronavirus. Però è un luogo fondamentale per l’economia del territorio ed abbiamo la necessità di sapere come mantenere in piedi un centro di quelle dimensioni come quello in una situazione che è mutata. Non ci deve essere passività rispetto a quello che sta succedendo. C’è la necessità di discutere, di coinvolgere le parti, di capire quali sono gli strumenti migliori da utilizzare.

Chi guida le amministrazioni locali deve essere di stimolo, di pungolo, talvolta anche molesto se vogliamo, nei confronti dei livelli superiori. Abbiamo delle situazioni di potenziali crisi che non dobbiamo aspettare che scoppiano, dobbiamo intervenire prima perché potrebbero essere difficili da affrontare quando la crisi sarà scoppiata. Dovessero saltare Ilva ed Outlet quale potrebbe essere il futuro di questo territorio? Il comune dovrebbe coinvolgere tutti in una battaglia di territorio, pronto a chiedere gli interventi dei livelli superiori, senza polemica. In questo momento al governo c’è una alleanza di centro sinistra ma sono sicuro che ci fossa stato il governo dello scorso anno con Movimento 5 Stelle e Lega e a Novi il sindaco ancora Muliere sono convinto che quest’ultimo, comunque, avrebbe chiesto a quel governo di intervenire. Quando si difende un territorio la casacca che si mette è quella della propria città e non quella di un partito politico.

Detto questo ci sono delle misure che potrebbero essere adottate e nel caso quali?

Fino al 3 giugno all’Outlet possono andare solo le persone residenti in Piemonte, nella regione. Successivamente le cose, se il trend della diminuzione dei contagi da coronavirus dovesse confermarsi, dovrebbero cambiare. Ma anche qui si possono immaginare dei percorsi, degli strumenti di tutela, un accompagnamento, eventuali riconversioni ma è chi governa che si deve porre come obiettivo di avere un quadro chiaro della situazione del territorio. Se vengono erogati tantissimi soldi dal livello centrale c’è però il bisogno che questi soldi vengano investiti con una progettualità forte sul territorio. Il governo centrale può aprire i rubinetti ma che poi le risorse stanziate vengano erogate nel modo giusto, è a livello locale la responsabilità che prendano le strade giuste. Il governo ha stanziato moltissimi soldi soprattutto per quanto riguarda la produzione e le attività anche se ci sono cose positive ed altre che devono funzionare meglio ma l’importante è che si sia partiti dal concetto che nessuno deve rimanere indietro. Principio che io condivido appieno così come la necessità di ripensare al rapporto con lo Stato e con il pubblico anche sul territorio.

Altra questione: nei giorni scorsi il Tar ha bocciato lo strumento urbanistico adottato dalla precedente amministrazione comunale che vietava speculazioni nello stabilimento della Pernigotti in viale della Rimembranza a meno che la proprietà non avesse proceduto ad una rilocalizzazione all’interno del Novese. Una sentenza che l’amministrazione comunale di Novi non può fare altro che accogliere?

In merito una amministrazione comunale può scegliere se accettare la sentenza del Tar o difendere una prospettiva. Una sentenza è oggetto di possibili revisioni se convinti di una bontà della scelta. Se noi pensiamo che la Pernigotti sia un tratto della identità di questo territorio e tempo fa sia il capogruppo della Lega alla Camera dei Deputati Riccardo Molinari che quello di Liberi ed Eguali Federico Fornaro si erano fatti interpreti in Parlamento di soluzioni che vedevano legati al territorio i marchi più significati al fine di non vederli sparire. Se si condivide il discorso che la Pernigotti è un marchio fondamentale  e significativo per questo territorio io cercherei di bloccare qualsiasi ipotesi di fuga da Novi dello stabilimento della Pernigotti, impugnando quella sentenza.

La vendita del comparto che c’è stata all’inizio dell’autunno, quella del magazzino, a che cosa è servita? A preparare il terreno ad una fuga oppure a riconvertire alcune parti mantenendo lo stabilimento? Questo significa non avere una visione burocratica delle questioni, la capacità di avere una visione delle questioni e di intervenire su quello che è necessario. Se la Pernigotti dovesse lasciare Novi, cosa che spero non accada, potremmo accettarlo, tollerarlo? Pernigotti va altrove, Outlet e Ilva in crisi quale sarebbe la prospettiva a cinque o dieci anni di questo territorio? Sappiamo che cosa può diventare? Il fatto di campare alla giornata mi sembra tutto fuorchè tipico di una buona amministrazione.

Sanità: il coronavirus ha dimostrato quanto sia importante l’assistenza territoriale.

L’ abbiamo detto anche nel documento presentato alla città ed alla amministrazione comunale. Come partito Democratico riteniamo che si debba fare un grosso investimento sulla sanità territoriale.  L’ospedalizzazione eccessiva della crisi del covid è tra le responsabili di una esplosione di contagi. Ci sono due regioni, il Veneto e l’Emilia Romagna, politicamente diverse, che hanno preso due strade diverse e che hanno saputo gestire molto meglio la diffusione del contagio. A questo aggiungo che dobbiamo fare in modo che dobbiamo superare la stagione degli egoismi, dei particolarismi dei vari territori e sapere fare rete tutti insieme.

Sapendo che sulla sanità c’è la necessità di fare rete creando un sistema che tenga conto dei riferimenti territoriali ma che sappia valorizzare in modo pieno tutto il territorio. Quindi non fare sentire nessuno figlio della serva ma mettere in moto una gestione della sanità nuova, con al centro una sanità del territorio, la presenza di centri ospedalieri importanti magari molto ben specializzati oltre che sul pronto soccorso anche su reparti specifici, un nucleo centrale forte da cui si diramano queste eccellenze. Non mi immagino una difesa della sanità del territorio basandosi su degli egoismi. Inutile pensare di salvare il San Giacomo di Novi basandomi sul fatto che vivo a Novi. L’ospedale “San Giacomo” è una realtà importante da un punto di vista ospedaliero e punto di riferimento per tutto un territorio ma non può andare a detrimento delle realtà ospedaliere di altri territori. L’ospedale di Tortona non è l’ospedale che deve nascere sulle ceneri dell’ospedale “San Giacomo”. L’errore fondamentale che è stato fatto è nell’aver creato una guerra fra poveri, dei derby. Il rischio di questi egoismi territoriali è che poi si risulti tutti più poveri. Dobbiamo diventare tutti più forti insieme.

Ultima battuta: lei è un docente, come giudica il fatto che il liceo Doria per il prossimo anno scolastico abbia raddoppiato le classi prima e la rilocalizzazione dell’indirizzo enogastronomico del Ciampini-Boccardo presso l’ex ristorante Bunet?

Io insegno al liceo classico anche se non a Novi e quindi il fatto che dal prossimo anno raddoppino le classi prime al liceo classico “Doria”, con le classi prime che passano da una a due, non può che farmi felice. Significa che è stato fatto un ottimo lavoro da parte dei miei colleghi di Novi nella divulgazione della bellezza della cultura classica e della bellezza di questo indirizzo. Sono quindi molto contento del risultato ottenuto al liceo Doria.

Sulla destinazione dei locali dell’ex Bunet all’indirizzo enogastronomico del Ciampini-Boccardo penso che l’importante si svolga tutto in sicurezza, gli strumenti dell’apprendimento siano quelli che servono in un indirizzo altamente specializzato e non ci si ritrovi in un contenzioso. Penso però che l’amministrazione comunale abbia fatto su questo punto tutte le verifiche necessarie.

Intervista a cura di Maurizio Priano