Sabato 25 aprile, il Settantacinquesimo anniversario della Liberazione dell’Italia dall’occupazione e dal regime fascista. Festa nazionale della Repubblica Italiana, simbolo della vittoriosa lotta di resistenza militare e politica attuata dalle forze armate alleate, dall’Esercito Cobelligerante Italiano ed anche dalle forze partigiane durante la II° Guerra Mondiale a partire dall’8 settembre 1943 contro appunto il governo fascista della Repubblica Sociale Italiana e l’occupazione nazista.

Alla luce del personale pensiero per cui <<I ricordi sono le radici del futuro>>, credo sia bene porre un focus anche sull’importanza e sul ruolo delle femmine nella Resistenza italiana. Quest’ultimo che, ancora oggi, troppo spesso viene associato soltanto a quello di “custodi del focolare domestico”.


Femmine (sesso e genere infatti non per forza debbono coincidere) alle quali non è mai stato riconosciuto il reale merito  tributato invece ai maschi nella partecipazione attiva alla Resistenza, nella lotta contro il nazifascismo, per la riconquista della libertà.

Le partigiane quotidianamente recuperavano beni di prima necessità trasportando cibi e medicinali, diedero vita a gruppi organizzati di propaganda antifascista e scioperi, raccoglievano fondi ed assistevano detenuti politici, fondarono squadre di primo soccorso per aiutare i feriti e gli ammalati, erano addette al mantenimento delle comunicazioni nelle operazioni militari per la liberazione della patria, identificavano i cadaveri e davano assistenza ai familiari dei caduti e si trovarono impegnate altresì nell’emancipazione di coloro che spesso dovettero sostituire pur il ruolo di capofamiglia dei mariti arruolati e il loro posto nell’industria e nell’agricoltura.

Femmine dunque importantissime alla collettività partigiana che oltre a cucinare, lavare e occuparsi dei bisognosi offrivano un enorme contributo politico ed organizzativo, arrivando perfino ad impugnare le armi superando spesso i posti di blocco nemici – affermando di dover assistere ammalati, anziani e bambini affamati. 

Coraggiose che lavoravano nel settore tessile, alimentare ed industriale e non di meno nelle catene di montaggio, nei pubblici impieghi e in attività massacranti dove prima escluse. Femmine a difendere una pacifica e serena esistenza e parimenti a non tirarsi indietro e a combattere quando minacciata quella dei cari affetti.

Ricordare è poi fondamentale perché conoscere il passato e i suoi fatti permette di essere più consapevoli di ciò che ha portato all’oggi e sviluppare così il futuro in coscienza.

In questo 2020 tuttavia vi è un nuovo dittatore, il Covid-19 ma la speranza è che quanto prima ce ne libereremo tutti, in maniera definitiva. Mondo che ha bisogno di reagire di fronte ad imprevisti, difficoltà traumatizzanti e rotture e che quindi, nella pandemia, deve dimostrarsi ancora una volta resiliente. Il pensiero di chi qui scrive non è pertanto solo rivolto alla Patria, bensì all’aver a cuore l’intera umanità della quale tutti i popoli, le specie animali e vegetali fanno parte e che in pari misura ed urgenza devono essere rispettati, preservati e tutelati concretamente. 

Vorrei infine fare pubblicamente gli auguri ai miei nonni materni che proprio il 25 aprile di sessantuno anni fa si sono sposati, superando il traguardo delle nozze di diamante per arrivare quest’anno a quelle di platano.

Giulia Quaranta Provenzano