Cosa fare ai tempi del Coronavirus? Film, Tv, libri e basta? Oggi Cronaca cerca di dare il suo contributo attraverso un’iniziativa innovativa che vi proponiamo oggi e proseguirà nei prossimi giorni.

La studiosa indipendente nonché poetessa, fotografa e critica d’arte originaria d’Imperia, Giulia Quaranta Provenzano (Classe 1989) ha deciso di scrivere e far avere a noi di “ Oggi Cronaca” una sorta di suo diario, giornaliero – iniziato ieri – della presente tragica quarantena da Covid-19.


Tutto questo nasce dalla volontà della giovane ligure di impegnare e trascorrere il tempo a disposizione, adoperandosi per uno scopo comune: dare e lasciare una testimonianza concreta e condivisibile di un momento che rimarrà epico nella storia dell’umanità.

Periodicamente pubblicheremo, quindi, gli scritti di Giulia, nella speranza di poter fornire, in qualche modo, un contributo e al tempo stesso un aiuto a chi è costretto all’inattività da questo Coronavirus, tra le mura domestiche e, stanco di vedere film o drammatici edizioni dei TG desidera spaziare in altri campi e, insieme a qualche buon libro scorrere le parole di una giovane trentenne che, nel pieno della sua esistenza si vede confinata – suo malgrado – lontano dalla vita sociale e come tutti noi, rinchiusa fra quattro mura domestiche, seppur in un luogo sicuramente suggestivo dall’incommensurabile belle che è il Golfo Dianese e il ponente ligure.

Ci auguriamo che i suoi scritti possano piacervi

Questa, a seguire, la prima lettera-racconto di Giulia.

Diano Arentino, Imperia, 19 marzo 2020

Cara Mamma,

ho iniziato a scriverti questa lettera mentre stavo facendo la doccia e il rosso ciliegia dei capelli scivolava sui miei bianchi, pallidi piedi n° 36,50. L’acqua a scorrere incessante e fresca sul mio capo – e io pensavo proprio al mio di capo, al mio superiore: una grande e prestigiosa azienda, che eppure non mi dà la tanto anelata felicità.

Ho poco tempo. Strano, vero? Sono di continuo di corsa, anche quando gli altri riposano o dormono, o più semplicemente si ninnano negli attimi che separano gli spazi ove i rimpianti, i rimorsi si sentono meno forte, meno forti. Ho poco tempo pur in questo surreale ‘trait-d’union’ di stasi convulsa; tra qualche minuto inizierò una riunione, di una manciata di colleghi che a casa si annoiano mentre la sottoscritta sulla a sua volta coltivare vorrebbe solo mille progetti che con passione desidero portare avanti in campi d’azzurro e viola, profumo d’amore per l’Arte in ogni declinazione.

Già, dobbiamo collegarci, con tal compagni, per confrontarci a distanza. “Smart working” …E pensare che io amo così ardentemente la nostra bella Italia, la lingua italiana con le sue modalità verbali per ogni occasione benché parecchie ormai desuete mentre invece proprio queste ricordare dovremmo tutti a monito della caratteristica capacità d’intuizione tipica dell’inafferrabile, creatrice ed artistica piovra tratto distintivo della Nazione e del dimenticato congiuntivo.

Senso estetico, eleganza mentale, sfumatura dei contorni a rendere la Cultura del tricolore in primis appunto nell’espressione linguistica che del non certo, del difficile, del complicato ha fatto bandiera e secolare orgoglio nel portarlo e sapervi ci si relazione con coraggio.

Oggi il Covid-19 pare un nemico codardo, un subdolo nemico invisibile.

E se al contrario fosse giunto per obbligarci ad ascoltare le necessità più ime, a non sfiancarci più in circoli viziosi che si stavano trasformando in inghiottente spirale? Gli italiani devono rimanere uniti, complici nella peculiare dinamicità di accerchiamento tentacolare che ne ha fatto in passato guerrieri saggi e di valore. Figli di Giapeto e Climene dobbiamo dimostrarci, Prometeo che non si demoralizza mai ma avvezzo all’instabilità e al ricorrente imprevedibile a sua volta si fa avvolgente quanto sabbia mobile. Oh, se ci fosse ancora la nonna Mariuzza a poter brontolare e pur sorridere con me e te, mamma… perfin le circostanze più cupe sembrerebbero meno insormontabili. […]

L’incontro via Skype è terminato. Mi sdraio per un momento sul letto in ferro battuto, a testa all’ingiù, sopra la spessa coperta di morbido pile color cipria e subito libero l’ondulata chioma da una pinza tempestata di brillantini che nessuno ha potuto notare nella presente situazione tuttavia. Intanto, con la piccola e paffutella mano, cerco pensieri spensierati. Che sciocco ossimoro questo! Gli occhi di cioccolata, saracinesche abbassate, rimangono chiusi.

Le lunghe ciglia nere fanno da manto alle preoccupazioni dei lumi stanchi ed arrossati. Sì, rivedo ora con gli occhi della mente soffioni nel vento, le ballerine spore così leggere e leggiadre ed ogni cosa mi sembra adesso incredibilmente bella, e fragile – perciò maggiormente preziosa. Una luce gentile pian piano si posa sul volto e bacia i miei affanni, le mie emozioni, in punta di piedi.

È un bacio di Giuda invero, telos tessuto della più scintillante ed astratta categorica speme se ben ci si riflette poi. La vita è soltanto un pugno di polvere e stelle qui, un impasto di lacrime e riso, nel fango volere, dovere, potere ché boia vestito a festa l’esistenza quando impera il freudiano ‘Uber-Ich’, Super-io anche conosciuto quale Super-ego​in latino che confina chi viandante s’è perso in una gabbia, come dentro la doccia di prima mattina quando pur tanto avrei voluto godere del sole e dei suoi arcobaleni ma ciò che v’è fuori rimasto inibito da vetri opachi e zigrinati.

Forse può apparir opportuno, non però naturale, l’addomesticare istinto e meraviglia. Ed è lo stupore al momento che mi è vicino nei dì di #iorestoacasa, allorché riprendo contatto con la bambina giocosa e dolce che sono stata, quando non avevo paure e qualsiasi cosa scoprissi era un apprezzato e coccolato balocco. Io amo la natura eppure, con grande difficoltà, so che appena la pericolosità del Coronavirus sarà cessata mi dovrò trasferire in città.

Ecco quindi che il racconto di quarantena di Giulia Quaranta Provenzano altro non è che un invito alla riflessione e a non dimenticare: quale l’ossigeno di cui in coscienza e piacere non possiamo fare a meno? Introspezione e passeggiate nel verde e lavanda accarezzata dal tepore degli affetti, quelli autentici, per colei che scrive.

Ti voglio bene Baloo!

Tua Pully