«No, tranquilla, non mi disturbi. Sono al supermercato, sono uscita per prendere ancora giusto due cose perché stasera ho amici a cena da me».

Una conversazione come tante, che capitava a tutti di sentire quotidianamente, mentre facevamo la spesa. Quei cellulari sempre presenti nelle nostre mani, tasche, borse, pronti in ogni momento a catapultare in pubblico le nostre conversazioni, spesso gridate a squarciagola, in spregio ad ogni rispetto per chi è vicino, costretto ad ascoltare i fatti altrui di cui non ce ne può fregare assolutamente niente. Una telefonata ascoltata involontariamente da una nostra lettrice in questi giorni di Coronavirus, mentre faceva la spesa in un supermercato della zona, da una delle tante donne maleducate che oggi, con le limitazioni ai movimenti imposte dai decreti per contenere la diffusione del Coronavirus, è lo spaccato di quell’italia che non capisce, che se ne infischia, che disobbedisce per il gusto di farlo, irresponsabilmente.

Persone che vanno a fare la spesa tante volte magari le stesse che cazzeggiano e continuano a fare una vita “normale” perché, intanto, sono convinti che il virus tocca solo “gli altri” e che questo non sia un problema loro.

Non amiamo augurare del male alle persone, perché siamo cristiani, ma forse, in certi casi, il male (non letale ovviamente) potrebbe essere necessario.