Punta Arenas è la più importante città del Cile meridionale, conta 130.000 abitanti, vive di commerci ed estrazione di gas naturali e, negli ultimi anni, ha conosciuto un notevole sviluppo turistico, costituendo anche il punto più utilizzato per le spedizioni  scientifiche verso l’Antartide. Ci arriviamo che ormai è sera. Sono poco meno delle nove ma è ancora chiaro. In fondo è estate. Ci arriviamo con un volo abbondantemente in ritardo. Ed abbiamo un’altra sgradita sorpresa: l’hotel che era stato prenotato tramite booking.com non ha tenuto le nostre camere.

Qualche ora prima una persona del nostro gruppo aveva telefonato all’hotel per avvisarlo che saremmo arrivati in ritardo. Non gli era stato detto nulla al riguardo. Il titolare cerca di giustificarsi dietro alla scarsa comprensione linguistica, al fatto che era arrivato un gruppo assai numeroso, più numeroso del previsto, e che non aveva potuto non concedere loro le nostre camere. Ma che, essendo uomo solerte, aveva cercato presso una struttura dello stesso livello. Inutile arrabbiarsi, l’unica cosa, una volta tornati in Italia, è segnalare la cosa a booking.com. Passiamo la notte in un alloggio che definire scarso è poco ma, in fondo, ci dobbiamo trascorrere solo una notte. La cena: essendo arrivati tardi, in aeroporto erano stati acquistati dei panini e delle bibite ed in verità a ben caro prezzo. Prendiamo i panini, che avrebbero dovuto essere con il pollo, ed una esclama che sanno di salmone. Magari! In realtà sono la degna conclusione di una pessima giornata. Punta Arenas: la visitiamo brevemente il mattino seguente. Da quel che possiamo vedere è una bella città, con ampi viali, ricca di negozi e di luoghi di divertimento, bei palazzi. Una fotografia ad un monumento al navigatore Ferdinando Magellano e via.


Punta Arenas

Dobbiamo andare a Porvenir, il paese più meridionale della Terra del Fuoco. La strada attraversa vastissimi allevamenti cintati. Non ci sono più paesi, ne piccoli e ne grandi. Solo sterminati allevamenti cintati e qualche rarissima fazenda. Questo perchè, pur di sviluppare la zona, fu stimolata l’immigrazione concedendo alle persone che ne avessero fatto richiesta vasti appezzamenti di terreno. 

Le strade sembrano perdersi nell’infinito. Un cartello recita : “Benvenuti allo stretto di Magellano”. Prendiamo il traghetto. Ci attende una sorpresa: un gruppo di bambini seduti davanti ad un albero di Natale.

Successivamente, soprattutto a Santiago del Cile, vedremo molti negozi che accennano alla festività natalizia. Un pensiero: come sarà festeggiare il Natale d’estate? Per la gente cilena sarà ben strano sentire “Bianco Natale”.

Porvenir è il paese più grande della Terra del Fuoco: poco meno di seimila abitanti. Lasciato il traghetto la raggiungiamo in auto: un percorso che ci sembra lunghissimo in quanto praticamente tutto in sterrato. Un’avventura. Quasi al termine una impresa sta lavorando per realizzare, di fianco allo sterrato, la strada in asfalto. Lungo la strada incontriamo, per la prima volta, un animale che avremo occasione di rivedere spesso nei giorni seguenti: il guanaco. Il guanaco fa parte della stessa famiglia alla quale appartengono il cammello, il dromedario ed il lama. E’ una specie cacciata per la sua carne, la sua pelle e soprattutto la sua lana.

Secondo delle stime che sono state effettuate, quando gli europei giunsero per la prima volta in Sudamerica erano circa mezzo miliardo di esemplari, attualmente si ritiene che ne esistano quattro milioni e mezzo. I guanachi sono buoni corridori, possono superare i 50 chilometri orari. Li fotografiamo. Qualcuno, un poco esibizionista, si mette in posa. Porvenir. Ci accoglie con un vento gelido. E’ accaduto in altri luoghi ove siamo stati in Cile, poi ci siamo abituati e quindi perchè non dovrebbe avvenire anche questa volta? C’è un museo a cielo aperto dove sono statue in legno ritraenti gli antichi abitanti del luogo, i selknam. Circa 11.000 anni fa un gruppo di antichi cacciatori terrestri, provenienti dal continente, entrò  nella Terra del Fuoco. Intorno al 1881, la popolazione selknam era di circa 10.000 persone.

La loro estinzione è stata provocata da una azione che non può non generare vergogna: ebbe inizio con l’arrivo dei cercatori d’oro e degli allevatori di pecore e fu realizzato da inglesi, croati, italiani, spagnoli e francesi.  Si trattò di una vera e propria caccia all’indigeno con compensi in danaro per chi li uccideva o provvedeva alla loro cattura. Una azione completata dalle epidemie di vaiolo e del morbillo. Ricordarli, ora, con questo museo a cielo aperto, è davvero il minimo che si possa fare. Purtroppo sembra che l’ultima donna interamente con sangue indio sia morta nel 1974. Cerchiamo quindi conforto dal freddo nell’albergo ove passeremo la notte: lo Yendegaia. Una vera e propria sorpresa: camere ampie e confortevoli, un titolare che ascolta ogni esigenza, una colazione alla mattina successiva veramente ricca di ogni cosa, un negozio di souvenir ove si possono acquistare berretti di lana e maglioni dai vivaci colori, una discreta biblioteca ove sono in gran numero riviste del National Geography. In uno spazio c’è anche una vecchia macchina da cucire “Singer”. Conosciamo anche due tedeschi, in Cile per turismo pure loro, che ritroveremo il giorno dopo a Puerto Natales e, ancora, dopo, a El Calafate.

Tentiamo di parlare inglese, un inglese abborracciato alla meglio ma c’è lo sforzo e la voglia di comprendersi, di parlare e si comunica. Il giorno dopo partenza per il parco del Pinguino Rey, lungo strade in prevalenza sterrate, con la presenza, numerosa, di guanachi e quella, assai meno numerosa, di cavalieri. Il Parco del pinguino reale si trova proprio alla fine del mondo: oltre cento chilometri da Porvenir. Il parco è stato istituito da pochi anni, praticamente dal 2010, da quando cioè il pinguino reale ha cominciato ad insediarsi in questa zona anche chiamata Bahìa Inutil. Da quell’anno la popolazione dei pinguini è gradualmente aumentata, consentendo al parco di diventare un posto unico in tutto il Sudamerica per il loro studio ed osservazione. Ed infatti, all’ingresso del parco, un cartello ci avvisa che i soldi dei biglietti finanziano la conservazione e la ricerca sia del pinguino reale che dell’area del parco e dei suoi dintorni.

E c’è anche un altro avviso: vedremo i pinguini reali da distante. Così sarà: li vedremo da una staccionata, con i pinguini posti su una lingua di terra separata dal luogo in cui ci troviamo da un piccolo braccio di mare. Osserviamo i pinguini. Sembrano fermi. Immobili. Solo con il binocolo si nota qualche loro minimo movimento, il loro mento giallo. Anche così, fermi ed immobili, sono uno spettacolo e ci fermiamo per lunghi minuti, in silenzio, ad osservarli. Ma il tempo ci chiama: dobbiamo percorrere oltre 400 chilometri ed arrivare a Puerto Natales in giornata.

Il parco del Paine, l’indomani, ci attende.

Punta Arenas