L’ex sindaco di San Bartolomeo al mare, Rossana Brun,  si scaglia pesantemente contro i sindaci del Golfo Dianese per la manifestazione di venerdì scorso davanti al Comune di Diano Marina. Nel mirino soprattutto Giacomo Chiappori e Valerio Urso, mentre gli altri 4, i sindaci di i sindaci di Diano Arentino, Diano Castello, Diano San Pietro e Villa Faraldi, vengono definiti “comprimari” della Lega Nord.

La Brun chiama anche in causa l’unico assente il sindaco di Cervo, Gian Paolo Giordano che non si è dissociato, pur seguendo un percorso diverso dagli altri.

Rossana Brun ne fa soprattutto une questione politica, traccia il profilo dei presenti e poi si schiera apertamente a favore dei migranti.

Pubblichiamo di seguito l’intervento dell’ex sindaco

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Ero in piazza a Diano Marina venerdì 10 marzo. Ero lì per sentire quale piega avrebbe preso quella convocazione improvvisa e allarmante dei Sindaci del Golfo Dianese   per relazionare sulla questione “migranti”.

Finora, era capitato solo per le rotture della tubazione Roja, che causano la mancanza d’acqua nelle case, di sentirci allertare da un “ATTENZIONE ATTENZIONE” strillato da un altoparlante itinerante nei comuni del comprensorio. Benché da tempo mi tenga lontana da eventi pubblici, ho rapidamente considerato il tema in oggetto, il clima che si respira, quanto anticipato nei giorni precedenti da alcuni degli stessi sindaci e mi sono detta che era giunto il momento di “esserci” ….

Il taglio che io sospettavo, ahimé, si è puntualmente verificato ! Usando come scudo il soggetto istituzionale (i Comuni del Golfo), si è dato vita ad una manifestazione meramente partitica ricalcata sulle parole d’ordine della Lega Nord e mirata ad ottenere una partecipazione significativa (la piazza era affollata, ma non gremita) da ascrivere come adesione e sostegno alla prova muscolare da giocare nei confronti delle istituzioni sovraordinate.

Gli interventi sono iniziati con il capogruppo Lega Nord in Consiglio Regionale, seguito da   Urso e poi da un interminabile   Chiappori. Il quale, occupando tempi che consentissero ad altri componenti la Giunta Regionale di raggiungere Diano Marina da Genova per comiziare a loro volta (interventi di cui non parlo poiché sono andata via prima del loro arrivo), ha dato ampio sfoggio delle teorie in cui è specializzato e che gli regalano visibilità, ricche di mezze informazioni e di molte imprecisioni (come hanno ben argomentato nei rispettivi comunicati stampa sia il gruppo consiliare di minoranza di San Bartolomeo, sia il PD del Golfo Dianese, sia Rifondazione Comunista), facilmente identificabili con le note battaglie del suo partito e assai poco conciliabili con ruolo e compito istituzionale del Sindaco, in un crescendo di toni man mano che tastava l’accettazione della piazza. Propinando ricette già fallite dai superiori colleghi di partito quando erano al governo.

Sul palchetto gli altri 4 comprimari silenti, i sindaci di Diano Arentino, Diano Castello, Diano San Pietro e Villa Faraldi, contribuivano ad aumentare il senso di inquietudine. La loro presenza ha avallato una manifestazione di piazza che, nei contenuti, nulla aveva di istituzionale.   Mi sono chiesta perché siano rimasti lassù, presenti e muti : forse si sono trovati in imbarazzo di fronte agli argomenti e ai toni uditi ? In tal caso avrebbero dovuto esprimere una propria posizione ! Oppure sono rimasti silenti perché completamente travolti dagli oltranzismi leghisti, abdicando dunque al ruolo istituzionale rappresentato indossando la fascia tricolore ?   Sul palco si notava l’assenza del Sindaco di Cervo, mai chiamato in causa dai colleghi.   Una assenza dovuta al mancato coinvolgimento ? Oppure una assenza da intendere come dissociazione ?

Io non so come siano andate le cose e non so quali ragioni abbiano determinato la mancata partecipazione del Sindaco di Cervo, posso solo supporre che ne abbia avuto di molto valide ! Tuttavia, osservando la scena nel suo complesso e considerato che   la paternità dell’incontro in piazza è stata dichiaratamente e formalmente attribuita ai 7 Comuni del Golfo Dianese, pensavo quanto sarebbe stato importante sentire anche la voce di chi, nel proprio Comune, ha privilegiato altri percorsi per gestire un fenomeno epocale e inarrestabile come quello della migrazione, potendo cogliere, al contempo, l’opportunità di fornire una piena e corretta informazione pubblica, pur con la consapevolezza di non raccogliere consensi immediati nel contesto dato. Questo mio pensiero va inteso come una riflessione personale scaturita dall’interno della scena e non è assolutamente da interpretare come una critica al Sindaco di Cervo !

Per facilità di ragionamento, farò ora ricorso ad uno schema attraverso cui suddivido la piazza in tre cerchi, collocando in ciascuno di essi, in linea di massima,   le possibili ragioni che hanno indotto le persone a trovarsi lì.

Nel primo cerchio attorno al palco, il centro della piazza, oltre a pochi vip, cronisti e dell’ordine, c’erano i fedelissimi, coloro che assicurano approvazione e applausi di sostegno, elettori sicuri e attivisti di partito.

Nel terzo cerchio, quello più esterno rispetto al palco e al perimetro della piazza, stazionavano o transitavano quelli come me, persone curiose, dubbiose, preoccupate, scettiche, critiche … Non ascrivibili al consenso di cui Chiappori si farà forte e, numericamente, non pochi rispetto al totale dei presenti, poiché si trattava della cerchia con la circonferenza maggiore !

Il secondo cerchio, compreso tra i due già citati, è quello che a mio parere merita una riflessione più approfondita. Vi ho notato persone del tutto inusuali a manifestazioni di piazza, molti dei quali io conosco. Una prevalenza di lavoratori autonomi, qualcuno in pensione, gente che ha speso l’intera esistenza lavorando, panettieri, idraulici, fruttivendoli, muratori, col fisico segnato dalla fatica di giornate di lavoro interminabili, chi ligure, chi di origine meridionale, qualche veneto, tanti piemontesi. Figli della gente che scendeva da Col di Tenda o passava il Colle di Nava, abbandonando le valli poverissime del basso Piemonte occidentale, scappava dall’inondazione del Polesine o dalla miseria delle regioni del Sud Italia. In Liguria hanno lavorato sodo, contribuendo alla trasformazione dell’economia dagli anni del dopoguerra ad oggi. Figli di migranti italiani, ormai del tutto radicati in questa realtà, parlano abitualmente il nostro dialetto e sono liguri a tutti gli effetti, compagni di scuola conosciuti nelle vecchie aule della scuola media che sorgeva al posto dell’odierno palazzo municipale di Diano Marina. Hanno una posizione economica discreta, conquistata con tanto lavoro e uno stile di vita sobrio e morigerato, poche ferie e nessun lusso : la casa di abitazione per sé e per i figli, la sede dell’attività, i risparmi per integrare una pensione generalmente inferiore ai mille euro mensili e poter affrontare eventuali imprevisti con la protezione di una autosufficienza costruita con le proprie   mani, dal momento che non hanno mai goduto di alcuna forma di tutela sociale …

Potrebbe sembrare una vita compiuta la loro, se le crisi recenti non avessero scardinato le antiche certezze. Alcuni hanno dovuto chiudere anticipatamente una attività che non funzionava più, altri già costretti ad intaccare il gruzzoletto per integrare i ridotti profitti di azienda, i figli che non garantiscono più la continuità e, talvolta, hanno addirittura bisogno di aiuto, i beni immobiliari che non sono più la “cassaforte” su cui contare, ma un ulteriore onere a causa di tassazioni crescenti, peraltro meno capitalizzabili per rallentamento del mercato e diminuzione dei valori immobiliari … Gente con i capelli grigi che rapidamente si è vista sgretolare le certezze costruite e non ne comprende le ragioni, ma percepisce che nessuno più fornirà loro garanzie né tutele ….

Queste erano le persone del secondo cerchio, impacciate persino a camminare per strada e avulse a qualsiasi forma di partecipazione collettiva, che cercavano, sperdute, di capire se davvero vi sarà modo di cautelarsi dalle incertezze del futuro innalzando recinti e barricate …

 

Fino a non molto tempo fa, in piazza si sarebbe vista una quarta componente, quella della rappresentanza sociale e politica, in grado di esprimere altri punti di vista e di contenere gli eccessi dati alla manifestazione. Ma il quarto cerchio non era percepibile venerdì scorso : infatti il ruolo della rappresentanza mediata è la grande questione con la quale ci dobbiamo misurare, poiché tende ad esistere sempre meno.

Il quarto cerchio che non c’era sarebbe composto da quella ricchezza di associazioni, sindacati, forze politiche, movimenti, che per decenni hanno fatto da cerniera tra i singoli individui e i luoghi di governo ad ogni livello. Una rappresentanza di bisogni e problemi attiva fino a quando si sono mantenute le capacità di ascolto e di proposta, di affidabilità, costanza e onestà, oggi venute meno. Chi era preposto a mediare istanze e a gestire soluzioni è stato sfiduciato (in taluni casi, purtroppo, con giusta ragione) e, complice la diffusione dei social e di strumenti diretti di comunicazione online, i singoli individui oggi tendono ad autorappresentarsi, revocando ogni delega a terzi. Tale situazione genera posizioni frammentate, radicali e urlate, che difficilmente consentono di portare a sintesi ogni soluzione, men che meno soluzioni condivise. Se ne ricava il quadro socio-politico sfilacciato e incerto, lacerato da profonde divisioni e disparità, che vediamo e viviamo ogni giorno.

Credo, allora, che nell’attuale momento potremmo provare ad attingere alle buone volontà personali dei singoli nel tentativo di rammendare il tessuto della convivenza civile, partendo da piccole cose locali alla portata delle nostre disponibilità e possibilità, soprattutto per dare voce ad altri modi di “sentire” presenti e operativi, oggi, con un eccesso di discrezione, sottoposti al rischio di restare sopraffatti dalle intemperanze, non solo verbali, di una parte che vorrebbe diventare totalizzante.  Perché, dunque, non partire da noi stessi e dai luoghi che frequentiamo quotidianamente per iniziare a coinvolgere le associazioni, le parrocchie, le società sportive, il volontariato ad ogni titolo, i gruppi consiliari del Golfo, chiunque, insomma, abbia voglia prima di ascoltare e poi di parlare di quanto sta accadendo, per provare ad aprire le porte delle nostre associazioni, per dare vita a momenti di condivisione … Noi del Golfo Dianese siamo gente che fa turismo da anni,   professionisti dell’accoglienza : saremo ben capaci di organizzare un incontro di conoscenza e di benvenuto ad una quindicina di spauriti ragazzi fuggiti da violenza e miseria ?

Nelle volontà di un insieme di parti sociali diverse, unite in una iniziativa comune, troviamo il valore del gesto, a cominciare da tutti coloro i quali non si riconoscono nella linea adottata dai Sindaci nella piazza di Diano Marina a nome di tutti gli abitanti del Golfo, pur non rispondendo al vero. Non c’è alcun bisogno di contarsi, ma è vitale esserci, dire forte e chiaro che esistono altre voci, altre opinioni e sensibilità, altri progetti da mettere in campo. Chissà se qualcuno vorrà farsi parte attiva raccogliendo questa riflessione ?

Rosanna Brun