Il Movimento 5 stelle di Diano Marina ha realizzato un dossier sui rifiuti allo scopo di migliorare la raccolta in vista dei prosimi cambiamenti nella gestione della medesima.

“Il Golfo Dianese, insieme al Golfo Andorese, e tutti i 12 comuni – dicono i grillini –  sono in trattativa per organizzare una nuova raccolta rifiuti associata sul territorio. Noi del M5S Dianese e il Meet Up Andorese vogliamo aprire il discorso a riguardo indicando delle linee guida fondamentali per tutela degli interessi del cittadino sia in termini ambientali che in termini economici. Noi abbiamo predisposto una relazione scritta da un tecnico specializzato del settore che si incentra sulla gestione del rifiuto organico.  Questo materiale è già stato consegnato a tutti i Consiglieri Comunali, di maggioranza e minoranza, dei 12 comuni interessati.”

Oggi Cronaca, di seguito pubblica il testo integrale così come ci è pervenuto dai 5 stelle

 

Relazione 5 Stelle DIANO MARINA

 

Programma di GESTIONE RIFIUTO ORGANICO

Innanzitutto definiamo ciò che si intende per Rifiuto Organico (R.O.)

Per Rifiuto Organico si intendono gli scarti alimentari provenienti da cucine sia private che pubbliche (mense scolastiche, ospedaliere, aziendali, asili, pensioni per anziani, ecc.), oppure da cucine commerciali (ristoranti, trattorie, pizzerie, bar ecc) oppure industriali (laddove cioè si confezionano pasti o altre merci agro-alimentari per surgelo o per conto terzi) oppure ancora rifiuti provenienti da aziende agricole, da mercati di frutta e verdura sia rionali che stabili, da agriturismi, da negozi di orto-frutta, da recupero di sfalci, potature, taglio siepi ecc. ecc.

Quindi stiamo parlando di una parte decisamente sostanziale in relazione alla totalità del rifiuto commisurabile ad oltre un terzo del totale del RSU.

 

Detto ciò, prima di entrare in argomento, è bene fare una

P R E M E S S A

E’ opportuno dire, prima di tutto, che se facciamo un giro nelle nostre vallate (e noi lo abbiamo fatto), ci si può render conto di quanto siano strette e tortuose le strade che portano ai vari paesi, frazioni o case sparse dislocate sui pendii delle nostre valli.

Ci si può anche facilmente rendere conto del fatto che i mezzi (purtroppo di grandi dimensioni) che attualmente operano in modo costante nelle aree suddette per effettuare la raccolta del rifiuto, non possono far altro che creare problemi sia ambientali che economici, ma anche alla viabilità e alla qualità della vita per i nostri concittadini,   e alle stesse strade (cioè danneggiamenti continui e progressivi al fondo e al manto stradale, alle cunette ecc., che a lungo andare provocano altri costi per le amministrazioni pubbliche.)

Dal punto di vista economico dovremmo invece verificare attentamente quanto pesantemente i costi relativi al trasporto del rifiuto, ma soprattutto quelli relativi al trasferimento della frazione organica, possano incidere direttamente sul bilancio globale dei costi a carico dei comuni.

 

Se a ciò aggiungiamo il fatto che moltissime delle case o abitazioni presenti in tali zone, sono “seconde case”-   e quindi pressoché disabitate per gran parte dell’anno (9/10 mesi   su 12 ?)- è fin troppo facile immaginare che i mezzi di raccolta –almeno per la stragrande maggioranza dei mesi dell’anno- molto probabilmente vanno vuoti e tornano indietro (semi) vuoti.

D’altro canto –per legge– la raccolta dell’organico, anche se per minime quantità, deve essere obbligatoriamente effettuata al massimo entro 72 ore dal suo conferimento nei cassonetti (Vedi D.M. 08.04.2008 e smi, pubblicato sulla Gazz.Uff. del 28.04.2008 al n° 99, il quale al punto 7 dell’Allegato 1 recita:   “La frazione organica umida DEVE essere avviata agli impianti di recupero (intesi come impianti di trattamento o smaltimento) entro 72 ore, al fine di prevenire la formazione di emissioni odorigene”. Ma –noi aggiungiamo- anche al fine di prevenire ed evitare la formazione di qualsiasi percolato e/o agente patogeno o nocivo oltre che male-odoranze provenienti dalla putrefazione di molte sostanze organiche presenti nel rifiuto.)

NOTA:  Tutto ciò significa che –attualmente- il giro di raccolta del rifiuto organico DEVE essere effettuato almeno due o tre volte alla settimana, anche nelle zone con bassa densità abitativa e anche se il rifiuto da raccogliere risultasse essere basso o pressochè nullo.

 

Per i motivi di cui sopra (salvo se altri) le nostre amministrazioni devono quindi sopportare costi decisamente alti, che incidono in modo prepotente e sostanziale sui bilanci di ogni comune e –di conseguenza- sulle tasche dei loro cittadini.

 

Ma non solo, ai costi di trasporto succitati (relativi alla sola raccolta) dobbiamo anche aggiungere i costi di smaltimento e i costi relativi agli ulteriori trasporti fino agli impianti di recupero e cioè (come dice la legge) sino alle “sedi o piattaforme prescelte”.   Per la Liguria –e quindi anche per le nostre zone- ciò significa andar fuori regione. (Dove ? a Fossano ?, Alessandria ?, Torino ? o in quale altra sede ? e a quali costi ?)

I costi relativi a questi ulteriori trasporti in zone molto lontane da noi, compongono un’altra voce importante che grava anch’essa in modo prepotente sia sui bilanci che sull’ambiente.

Infatti, nella nostra zona, non ci sono impianti di compostaggio aerobico comprensoriali abbastanza vicini, dove poter portare il nostro R.O. al recupero.

 

Fatte doverosamente le succitate PREMESSE, entriamo in argomento e poniamoci qualche domanda.

1^ DOMANDA:

A quanto ammontano i costi riassunti nella premessa ? e quanto incide sul bilancio di ogni comune questa continua e poco efficace movimentazione (avanti e indietro) di mezzi (che fra l’altro –come dicevamo- sono molto spesso vuoti) ?

2^ DOMANDA:

E quanto costano in termini di danni all’ambiente e ai cittadini per inquinamento atmosferico, acustico sia direttamente che indirettamente ? (dove per “inquinamento diretto” si intendono i danni derivanti dai gas di scarico e dai rumori che i mezzi producono e che direttamente e giornalmente incidono sulle popolazioni a causa dei loro continui passaggi nei pressi delle abitazioni e/o dei luoghi di lavoro o di svago, mentre per “inquinamento indiretto” si intendono i danni provocati all’ambiente a monte e su più ampia scala, per esempio –i primi che vengono alla mente- sono quelli causati dall’estrazione di petrolio per consentire i rifornimenti di carburante ai mezzi stessi, gli olii usati, oppure per costruire gli pneumatici e quant’altro. Più trasporti ci sono, più automezzi girano e più estrazioni si devono fare)

3^ DOMANDA:

Ma soprattutto:

E’ possibile risparmiare tutti questi costi ? Sia quelli di carattere economico che quelli di carattere ambientale?     C’è una soluzione sostenibile a questo tipo di problemi ?

 

Bene la nostra risposta è: SI’, è possibile.

 

RISPOSTA: secondo le nostre ricerche e le informazioni assunte, crediamo che non solo sia possibile, ma che sia addirittura auspicabile, per esempio mettendo in atto degli impianti di compostaggio aerobico locali o di comunità (più o meno grandi) da dislocare sul territorio a seconda delle esigenze e/o delle convenienze in termini di costi e di opportunità. Infatti esistono impianti di piccole dimensioni e altri di più grandi, in modo da poterli posizionare in aree che siano strategicamente o logisticamente più valide o più convenienti.

E’ ovvio che installare 3 o 4 impianti più piccoli (che siano –per esempio- in grado di trattare il rifiuto organico proveniente da una sola delle nostre valli oppure da un solo gruppo di frazioni, ecc.) costa di più che non installare un unico grande impianto centralizzato (dove possa essere conferito tutto il R.O. proveniente dall’intero comprensorio dei nostri 12 comuni interessati), MA è altrettanto vero che –magari- eventuali maggiori costi potrebbero venir compensati da tragitti più brevi, dall’utilizzo di mezzi di raccolta più piccoli (oppure, perché no, elettrici) e quindi il tutto si tradurrebbe in minori costi, minor inquinamento, abbattimento dei rumori, miglior viabilità, minor traffico, miglior vivibilità, ecc ecc. .

Comunque questo aspetto sarà eventualmente oggetto di una più attenta valutazione in sede di stesura del progetto definitivo.

 

4^ DOMANDA:

Se si pensasse di installare impianti “dedicati” alla sola nostra popolazione residente, ci dovremmo porre la seguente domanda, che noi ci siamo posti:

Quanto rifiuto producono i cittadini dell’intero comprensorio dei nostri 12 comuni ?

E quale tipo di impianto sarebbe necessario per soddisfare tutte le esigenze del nostro comprensorio e di tutti nostri cittadini residenti ?

 

RISPOSTA:

Il nostro comprensorio è composto –appunto- da 12 comuni, con un totale di circa 25.000 abitanti residenti

(Per la precisione sono un totale di n° 24.264 residenti (Fonte ISTAT 01.01.2016), di cui   Andora con n° 7552 residenti, Stelanello con 808, Testico con 196, San Bartolomeo al Mare con 3129, Diano Marina con 5977, Diano Castello con 2214, Diano San Pietro con 1145, Diano Arentino con 722, Cervo con 1187, Chiusanico con 607, Cesio con 283   e Villa Faraldi con 444) .

Per quanto riguarda la quantità di rifiuto organico prodotta nella medesima area, non abbiamo dati storici certi su cui poterci basare, però (tenuto conto che la produzione media nazionale corrisponde a circa 0,23/0,25 kg/abitante/giorno, si può ragionevolmente dichiarare che la quantità totale di rifiuto organico da trattare nell’area presa in esame, ammonta, molto probabilmente, a circa 2200/2300 ton/anno

Se poi volessimo aggiungere al Rifiuto organico proveniente da cucine un po’ di strutturante, tipo sfalci, potature, segatura, cippato, ecc. (anzi –per la verità- dovremmo farlo) si potrebbe senz’altro affermare che UN solo impianto da 3.000 ton/anno potrebbe risolvere DEFINITIVAMENTE il problema dell’organico nell’intera nostra area di riferimento e si metterebbe in atto il trattamento del medesimo, veramente, a KM ZERO e si avvierebbe un sensibile miglioramento per l’ambiente e   con costi decisamente sostenibili   (in alternativa –come detto- si potrebbe valutare l’effettiva convenienza di installare, per esempio, TRE impianti da 1.000 ton/anno/cadauno ).

 

Bene. Abbiamo appena detto “con costi decisamente sostenibili”.

E allora:

 

5^ DOMANDA:

Quanto costa un impianto aerobico in grado di trattare 3.000 ton/anno ?   e quanto costerebbero invece n° 3 impianti da 1.000/ton/anno/cadauno ?

RISPOSTA:                Un impianto in grado di trattare circa 3.000 ton/anno di rifiuto organico, compresa la giusta percentuale di strutturante, costa circa € 500/550.000,00 oltre IVA al 10%.

Gli ipotetici TRE impianti in grado di trattare circa 1.000 ton/anno/cadauno costerebbe invece circa 260.000,00 euro/cadauno e quindi con un costo totale di circa 780/800.000,00 euro più Iva

 

E allora ci siamo chiesti:

6^ DOMANDA:

Possono le nostre amministrazioni comunali sostenere tali costi di investimento ?

 

RISPOSTA:                Prima di tutto sarebbe bene che tutti ci dessimo da fare, con la giusta concentrazione, attenzione e professionalità, per cercare di presentare un progetto ad hoc (magari tutti i comuni assieme) e chiedere alla Regione Liguria un finanziamento mirato. Si potrebbe anche fare leva sul fatto che -al momento- sarebbe la prima operazione in Italia di questa portata.

Quest’operazione -fra l’altro- potrebbe portare i nostri comuni d’esempio per altre situazioni del genere e magari potremmo anche essere gli “apripista” per un ciclo virtuoso a livello nazionale.

 

Non dobbiamo però pensare che il nostro eventuale progetto sarebbe troppo avanguardista, o addirittura pilota o pioneristico, dove –magari- possano esistere troppi dubbi o troppi rischi o quant’altro.

Soltanto per l’Italia sarebbe un progetto pilota, a cui –per altro- tutte le altre realtà nazionali, con i medesimi nostri problemi, potrebbero fare riferimento.

Infatti si tratta di impianti collaudatissimi.

Nel Nord Europa sono già stati installati parecchi impianti di questo tipo da una Ditta norvegese (partner di Comar Ecology da noi contattata per avere notizie dirette, costi e quant’altro). In alcune occasioni si tratta di impianti anche molto più grandi di quello che potremmo prendere noi oggi in considerazione (sono stati per esempio installati impianti da 20.000 ton/anno in Norvegia, da 25.000 ton/anno in Islanda, da 9.000 ton/anno in una delle isole in quell’area geografica ed altri impianti simili in qualche altra isola).

Ma anche in Italia (la stessa ditta Comar Ecology) ha già installato molti impianti -più piccoli, ma con le stesse identiche caratteristiche tecniche e di trattamento- per conto di molti comuni (per esempio in Puglia, in Sardegna, in Campania, oppure in provincia di Roma, Torino, Alessandria, Siena, Chieti, Latina, Matera e via dicendo).

In Liguria –per restare nella nostra regione- sono stati installati a Borghetto Vara (SP), a Casarza Ligure (GE) e in prov. di Imperia a Dolceacqua, Ospedaletti, Perinaldo, Molini di Triora, Bajardo, Ceriana; anche altri comuni stanno pensando di installarli, dopo aver fatto una ricerca di mercato e un’analisi tecnico/economica a largo raggio.

Si tratta, di impianti interamente costruiti in Italia, progettati, prototipati e brevettati dalla ditta italiana (Comar Ecology)

Molte sono le realtà che si sono attrezzate già da tempo con impianti aerobici per il compostaggio di comunità e per trattare il rifiuto a livello locale   e –appunto- a Km zero.

Il fatto che noi –tutti assieme- si potesse mettere in atto un progetto di tali proporzioni, che (come detto) sarebbe il primo in Italia, secondo noi potrebbe risultare importante anche per dare ulteriore risalto e ancor maggior visibilità al nostro territorio e   potrebbe regalarci un ulteriore risvolto positivo e un buon viatico sia a livello mediatico e pubblicitario sia dal punto di vista ambientale e tutto ciò potrebbe coincidere con un incremento di visibilità anche a livello turistico.

 

Tutto quanto sopra sarebbe ovviamente auspicabile per il bene di tutti noi, PERO’ prendiamo in esame la peggiore delle ipotesi e –soltanto per un momento- ragioniamo partendo dal presupposto (ovviamente, questo sì, NON auspicabile) che nessuno ci finanzi nulla e che dovremo fare tutto da soli.

Bene. Se è vero (come è vero) che l’attuale costo che stiamo sostenendo per “allontanare” il rifiuto organico prodotto nel nostro comprensorio è pari a circa   100/110 euro/ton per lo smaltimento, oltre circa 70/80 euro /ton per trasportarlo al riciclo (fuori Regione), diciamo che –attualmente- stiamo sopportando un costo medio di circa 170/180 euro all’ANNO per ogni tonnellata di R.O. prodotto.

Se prendiamo in considerazione le 3.000 ton/anno ipotizzate, attualmente (solo per smaltimento e trasporto a smaltimento) sopportiamo un costo annuale di circa:

3.000 x   170/180 euro/ton   =   €   500/550.000 euro/all’ANNO, per OGNI ANNO e per TUTTI gli ANNI a venire (salvo che nel frattempo non subentrino eventuali ulteriori aumenti).

 

Beh, a questo punto il conto è presto fatto !!

 

La macchina compostatrice da 3.000 ton/anno potrebbe essere ammortizzata quasi in UN SOLO ANNO.

Nel caso in cui invece si decidesse di procedere all’acquisto di TRE impianti da 1.000 ton/anno cadauno da installare in altrettanti punti strategici del nostro territorio, si potrebbe raggiungere l’ammortamento totale dei costi entro UN ANNO E MEZZO o poco più.

 

7^ DOMANDA:

Va bene ! si potrebbe dire, Ma al di là dei costi di investimento, ci saranno ovviamente anche i costi relativi alla gestione della (o delle) macchine e allora:

Quali sarebbero questi costi annuali di gestione ?

RISPOSTA:                per gestire una sola macchina da 3.000 ton/anno servirebbero circa 2/2,3 euro al giorno (pari a circa € 750/850/anno) per coprire i costi relativi ai consumi di energia elettrica   e   (se l’impianto fosse totalmente automatizzato) sarebbe necessaria n° 1 sola persona a tempo pieno.

Sarebbero invece necessarie una media di 3 persone, nel caso si dovesse decidere per il carico e il controllo manuale.

Per gestire invece n° 3 macchine da 1.000/ton/anno servirebbero circa 1 euro/giorno/cadauna di energia elettrica (pari a circa 360/370 euro/anno) e una sola persona (impegnata per sole poche ore al giorno) per il carico della macchina e sistemazione del’ammendante in uscita (una sola persona impegnata a tempo pieno sarebbe sufficiente per gestire tutti e tre gli impianti da 1000/ton).

 

8^ DOMANDA

Quanto sono grandi questi impianti ? E quale impatto visivo ed ambientale hanno ?

RISPOSTA:                La tipologia di impianti presi in esame hanno un impatto ambientale veramente modesto.

Basti pensare che:

  • un impianto da 80 ton/anno (che è in grado di servire una comunità di circa 1.000 persone e che –fra l’altro- rientra entro il limite massimo per il quale non è necessario chiedere alcuna autorizzazione, ma per il quale è sufficiente una DIA comunale) misura circa 5 mt di lunghezza per soli 115 cm di diametro e 3 mt di altezza da terra, compresa la tubazione di ricircolo dell’aria calda.
  • un impianto da 160 ton/anno (che è in grado di servire una comunità di circa 2.000 persone) misura circa 6 mt di lunghezza per circa 175 cm di diametro e 3 mt di altezza da terra, compresa la tubazione di ricircolo dell’aria calda.
  • un impianto da 500 ton/anno (che è in grado di servire una comunità di circa 6.000 persone) misura circa 8 mt di lunghezza per circa 245 cm di diametro e 3 mt di altezza da terra, compresa la tubazione di ricircolo dell’aria calda.
  • un impianto da 1.000 ton/anno (che è in grado di servire una comunità di circa 11/12.000 persone) misura circa 13 mt di lunghezza per circa 245 cm di diametro e 3 mt di altezza da terra, compresa la tubazione di ricircolo dell’aria calda.
  • un impianto da 3.000 ton/anno (che è in grado di servire una comunità di circa 35/36.000 persone) misura circa 16 mt di lunghezza per circa 3,5 mt di diametro e circa 3,80/4,0 mt di altezza da terra.

Oltre lo spazio da loro stessi occupato, servirà poi ovviamente un po’ di terreno dove poter depositare l’ammendante che uscirà dal compostatore e questa quantità di terreno varierà a seconda della dimensione dell’impianto installato.

Per dare però un’idea degli spazi necessari basti sapere che la quantità di ammendante che giornalmente uscirà dalle macchine, sarà all’incirca un terzo della quantità entrata (a volte potrà scendere anche ad un quarto, a seconda del grado di umidità del materiale in ingresso).

 

A proposito di autorizzazioni:

9^ DOMANDA

Ma l’installazione di questi impianti aerobici, è facilmente autorizzabile   ?

RISPOSTA:                 Per quanto riguarda il rilascio di eventuali autorizzazioni- ci risulta estremamente difficile pensare che impianti di questa natura (piccoli o grandi che siano) possano essere in qualche modo ostacolati o penalizzati.

Riteniamo invece che –essendo così “ben visti” da tutte le istituzioni- verranno certamente autorizzati piuttosto velocemente.

Crediamo fermamente su quanto si è detto sopra, perché:

  1. a) intanto, come accennato più sopra, gli impianti che hanno capacità di trattamento sino a 80 ton/anno non hanno bisogno di alcuna autorizzazione.

La norma di riferimento è data dalla Legge n° 221 del 28.12.2015 Collegato Ambientale -pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n° 13 del 18.01.2016 e in vigore dal 02.02.2016– che prevede disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di “green economy”. Questa legge non solo facilita ed incentiva l’installazione di nuovi impianti di compostaggio,   ma –nel contempo- inasprisce ancor di più penali o tasse per quei comuni che non si attengono al rispetto delle percentuali di raccolta differenziata e di riciclaggio.

E’ perfino superfluo ricordare che tutti questi inasprimenti, penali, ecotasse, sopratasse ecc. ricadono poi sui cittadini.

La Legge 221/2015, per esempio, all’Art 32 pone un’ulteriore addizionale del 20% sulla “ecotassa” (che era già in vigore da anni) da applicare ai comuni che sono sotto i l limite di legge relativamente alla percentuale di R.D. (raccolta differenziata) il cui limite minimo è pari al 65% già dal 31.12.2012. Inoltre l’Art. 36 della medesima legge recita che “i comuni possono prevedere riduzioni tariffarie in caso di attività di prevenzione nella produzione dei rifiuti”.

E ancora l’Art 42 modifica le modalità con cui disciplinare i criteri per la realizzazione da parte dei comuni dimisurazioni puntuali” e di “tracciabilità del rifiuto” e sancisce quindi il principio che “chi inquina paga”.

  1. b) Per quanto riguarda nello specifico il compostaggio sono state aggiunti alcuni articoli alle leggi precedenti allo scopo di “favorire la diffusione del compostaggio dei rifiuti organici” per esempio: l’Art 37 della citata legge 221/2015 introduce il comma 19/bis all’Art 208 del D.Lgs 152 del 2006 e prevede una riduzione della tariffa per le utenzedomestiche e non domestiche” che effettuano il compostaggio dei propri rifiuti organici;   introduce anche il comma 7/bis all’Art 214 del D.Lgs 152 del 2006, dove si indica chiaramente che -“sentito il parere di ARPA”- si possono “realizzare ed esercitare impianti di compostaggio mediante una semplice D.I.A.”, a patto che gli impianti abbiano potenzialità sotto le 80 ton/anno e nei casi in cui i rifiuti organici provengano dall’interno del territorio comunale ovvero dai comuni limitrofi se convenzionati ad una gestione comune.
  2. c) Per quanto riguarda autorizzazioni relative all’installazione di impianti sopra le 80 ton, vengono introdotti i comma 1-septies e 1-octies all’Art 180 del D.Lgs 152 del 2006 dove si appalesa a chiare lettere quanto segue:

comma 1-septies (testuale):

“Al fine di ridurre la produzione di rifiuti organici e gli impatti sull’ambiente derivanti dalla gestione degli stessi, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, le regioni   ed i comuni, nell’ambito delle   rispettive   competenze, incentivano le pratiche   di compostaggio   di   rifiuti  organici effettuate sul luogo stesso di produzione, come l’autocompostaggio e  il compostaggio di comunita

e comma 1-octies (testuale):

  “Entro novanta giorni dalla   data di entrata   in vigore della presente disposizione, con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il   Ministro della salute, sono stabiliti i criteri operativi e le procedure autorizzative semplificate per il compostaggio di comunita’ di rifiuti organici.”

 

Ora, questi “criteri operativi” o “norme attuative” o “decreto attuativo” (o comunque si vogliano chiamare) che avrebbero dovuto uscire entro 90 giorni dall’entrata in vigore della succitata legge, in realtà –ad oggi- non sono ancora usciti, quindi c’è da ritenere che ci si debba comportare come in precedenza e quindi ci si debba rivolgere alla Provincia di appartenenza (Ente competente in materia sino a Dicembre 2015).

  1. d) E’ opportuno, ma è persino logico, pensare che la Provincia non debba creare problemi né alcun ostacolo a chi volesse proporre la realizzazione di un progetto di compostaggio aerobico, in special modo se il tutto avviene in modo assolutamente naturale nel pieno rispetto per l’ambiente e per il personale addetto e in piena salvaguardia del luogo di lavoro, se non vi è aggiunta di alcuna sostanza chimica, né di alcun additivo, né di alcun accelerante, né di qualsiasi altro elemento esterno, se non vi è alcuna emissione né inquinante, né nociva e neppure odorigena, se non si produce alcun tipo di gas, se non vi è alcun inquinamento acustico perchè ogni possibile rumore è ben al di sotto dei limiti di legge, se non vi è creazione nè fuoriuscita di alcun percolato o liquido di nessun tipo, se il rifiuto viene rigorosamente igienizzato (per una durata quasi doppia di quanto sia previsto per legge, se vengono impegnati bassissimi consumi di energia elettrica, se è necessaria poca mano d’opera e quindi minori costi per l’Amministrazione e di conseguenza per il cittadino,   se il rifiuto –dopo soli 14 giorni dal suo ingresso in macchina- viene trasformato in ACM (ammendante) e –quindi- se in sole due settimane si raggiunge lo straordinario risultato che il rifiuto non è più un rifiuto.

NOTA: tutto ciò che è stato riassunto in questo ultimo paragrafo è avvalorato dal laboratorio analisi dell’Università degli Studi di Siena e dall’ Unità Tecnica Tecnologie Ambientali – Laboratorio Gestione Rifiuti- dell’ENEA di Roma –Casaccia che hanno direttamente testato per anni una delle macchine di Comar Ecology

  1. e) Oltre a quanto appena detto e oltre tutte le leggi e normative dello Stato, che come detto sopra incentivano questa pratica di compostaggio aerobico, dobbiamo aggiungere che anche la Regione Liguria nella recente Legge n°   20 del 01.12.2015 , relativa a:  “Programmi comunali per lo sviluppo della raccolta differenziata e del riciclaggio”

all’Art 1 comma 2 dice di voler praticamente promuovere:

  1. a) azioni per introdurre sistemi di raccolta differenziata delle frazioni riciclabili che   consentano di raggiungere   risultati di riciclaggio, rispetto al rifiuto prodotto delle medesime   frazioni, almeno del 45 per cento al 2016 e del 65 per cento al 2020 in termini di peso;
  2. b) azioni finalizzate all’introduzione di sistemi di tariffazione puntuale a fronte del servizio   di gestione dei   rifiuti urbani, parametrati sulle quantita’ di rifiuto indifferenziato prodotto.

mentre all’Art 1 comma 4 dice:

“I programmi dei comuni devono   indicare le   azioni e gli interventi finalizzati al riciclaggio in loco della frazione organica prodotta tramite sistemi di compostaggio domestico o di comunita’

E ancora   all’Art 1 comma 6 dice:

La raccolta differenziata deve essere prevista con modalita’ che consentano la massimizzazione del successivo recupero di materia”.

E quale sistema di “massimizzazione del recupero” potrebbe essere migliore del recupero a km zero di tutta la parte organica del rifiuto ?

 

Vogliamo aggiungere che la Regione Liguria non ha soltanto indicato nella Legge questo tipo di impianti come pratica o esempio da seguire, ma sono già due/tre anni che sta addirittura finanziando a fondo perduto progetti che prevedano l’installazione di compostatori di comunità (vedi –appunto- i comuni liguri sopracitati).

Ma vi è di più. Nei testi relativi all’approvazione dei programmi per gli interventi in materia ambientale –Gestione Integrata dei Rifiuti- la Regione Liguria ha sempre inserito nelle proprie considerazioni per argomentare i motivi che spingevano –di volta in volta- la regione stessa a finanziare questo tipo di progetti, erano frasi del tipo:

  • – “Considerato che le carenze di maggior rilievo nei sistemi di raccolta differenziata esistenti nei comuni liguri, riguardano l’intercettazione ed il trattamento della frazione organica, per la quale la dotazione di impiantistica risulta del tutto insufficiente;
  • Considerato che l’intercettazione della frazione organica in Liguria ha una percentuale decisamente bassa ;
  • Considerato che la proposta di Piano Regionale prevede fra le frazioni prioritarie l’incremento della raccolta della frazione organica per l’avvio a recupero e lo sviluppo del compostaggio di comunità; …..DELIBERA di approvare il Bando …… ecc.   ecc . …..

Come si vede, quindi, le motivazioni che hanno spinto lo Stato prima e la Regione poi ad emettere leggi ad hoc, ad aprire bandi per finanziare i comuni, ad inasprire le penali per chi così non si dà da fare e per chi non raggiunge determinati risultati sono state –più o meno- sempre le stesse, cioè quelle di portare i comuni a differenziare il più possibile, ma soprattutto a riciclare il più possibile e –in prospettiva- arrivare a tracciare il rifiuto il più possibile con lo scopo di individuare sia chi deve essere “premiato” per il proprio comportamento virtuoso, sia chi deve essere “ripreso” per comportamenti –diciamo- meno virtuosi.

10^ DOMANDA

In ultimo ci siamo chiesti:

Come funzionano questi impianti a trattamento aerobico di comunità ?

 

RISPOSTA:

Qui di seguito riportiamo –in breve- il ciclo di lavorazione di impianti con queste caratteristiche e tipologie.

Nel caso che abbiamo visto, si tratta di impianti mono-camera, costruiti interamente in acciaio inox, che lavorano a ciclo chiuso, composti sinteticamente da due cilindri in acciaio inox (uno all’interno dell’altro) con una fascia di materiale ad elevata coibentazione posta fra i due cilindri.

La citata coibentazione viene inserita per mantenere la giusta temperatura all’interno della camera di compostaggio e –in tal modo- contribuisce ad ottenere un notevole risparmio energetico.

Gli impianti possono avere dimensioni più o meno grandi, a seconda delle quantità di rifiuto organico che si vogliono trattare. Si va dalla possibilità di trattare poche quantità di R.O. (per esempio 5 ton(/anno che significano circa 13/14 kg/giorno) sino a quantità molto elevate (per esempio 3000 ton/anno (e cioè 8/8,5 ton/giorno) e oltre.

Comunque tutti gli impianti aerobici di comunità, soprattutto quelli di grandi dimensioni, non hanno praticamente limite perché, essendo modulari, possono avere una installazione -così detta- a “nido” e quindi si possono raggiungere elevatissime quantità di trattamento.

Il rifiuto organico (che può anche essere preventivamente triturato) viene introdotto all’interno della camera di compostaggio e viene automaticamente “trattenuto” nella prima parte della macchina dove la temperatura viene mantenuta fra i 65 e i 70° e dove avviene l’igienizzazione della massa di rifiuto introdotta (dove avviene, cioè, l’eliminazione di tutti i batteri ed agenti patogeni che in modo naturale si formano durante la degradazione e la fermentazione del rifiuto organico, specialmente se c’è presenza di carni, ossa, uova ecc).

Resta in quella prima parte di macchina alle succitate temperature per almeno cinque giorni (la legge impone tre giorni ad almeno 55°) e poi -sempre in modo automatico- il rifiuto igienizzato passa gradatamente nella seconda parte della macchina dove la temperatura viene mantenuta costante a circa 37°. Lì avviene la prima maturazione e la prima stabilizzazione della massa.

Per tutto il periodo di trattamento, il compostatore mantiene –automaticamente- all’interno della camera di compostaggio il giusto livello di ossigenazione e di temperatura, nonché il graduale e costante rimestamento della massa, necessari al procedimento di trasformazione.

Il software di cui la macchina è dotata esegue e controlla (in modo assolutamente automatico, durante tutto il giorno e per tutti i giorni dell’anno) tutte queste operazioni che sono assolutamente necessarie per accelerare il procedimento e per ottenere un ACM – Ammendante Compostato Misto di qualità (e di conseguenza ottenere un compost di qualità).

Si deve aggiungere che tutto il ciclo della lavorazione e della trasformazione del R.O. in ammendante, avviene nel pieno rispetto per l’ambiente e per il personale addetto.

Non vi è infatti alcuna emissione di nessuna sostanza nociva in atmosfera, non si producono male-odoranze, non vi sono fumi in uscita, non c’è nessuna creazione o rilascio di percolato, non vi è alcun inquinamento acustico, neppure nelle immediate vicinanze delle macchine (i rumori sono tutti ben al di sotto dei decibel permessi per legge e infatti non è neppure previsto l’utilizzo di cuffie per gli operatori che operano a stretto contatto con le macchine) .

Dopo soli 14 giorni dal suo ingresso in macchina, il rifiuto organico, adeguatamente lavorato, igienizzato e in parte maturato, privato della quasi totalità della sua acqua e quindi ridotto di oltre il 60/70 % del suo peso e del suo volume, fuoriesce (automaticamente) dalla parte opposta del compostatore NON più classificato come un rifiuto, ma come ACM (Ammendante Compostato Misto).

L’   ammendante che fuoriesce risponde pienamente alle caratteristiche dettate dal D. Lgs n° 75 del 29.04.2010 (che riordina la disciplina in materia di fertilizzanti, a norma dell’Art 13 della Legge n° 88 del 07.07.2009)

 

A quel punto (siccome la legge sui fertilizzanti prevede che il compost –per essere tale- deve aver raggiunto almeno i 90 giorni di maturazione e stabilizzazione) l’ammendante uscito dovrà essere depositato in un angolo da qualche parte -meglio se coperto da una tettoia.

NON sarà più necessario toccarlo o manipolarlo, ma dovrà essere semplicemente   lasciato fermo per ulteriori 75/76 giorni a stabilizzarsi, dopo di chè (senza ulteriori costi aggiuntivi) potrà essere steso tal quale sui terreni in campo aperto oppure nei vivai o in vaso o insacchettato ecc.

I Compostatori Automatici di Comunità di questo tipo, siccome –come dicevamo- sono di dimensioni molto diverse uno dall’altro, possono soddisfare -di conseguenza- esigenze di comunità con posizione geografica e con densità abitative molto differenti fra loro.

Tanto per allargare un attimo il panorama di potenziali fornitori di compostatori di comunità, c’è da dire che nel mondo esistono solo poche ditte che costruiscono macchine simili: 2 ditte sono svedesi (una delle quali però costruisce un solo piccolo modello di macchina con capacità di trattamento di massimo 20 tonnellate/anno, mentre l’altra ditta svedese costruisce macchine sino a circa 6/700 ton/anno), 1 ditta è canadese (ma sta iniziando ora a testare e ad immettere sul mercato le proprie macchine), un’altra ditta ancora è norvegese ed è la ditta che è in partner-ship con la Ditta Comar (da noi contattata per avere dati e notizie di prima mano) la quale –fra l’altro- è, al momento, l’unica ditta italiana che possa vantare un certo curriculum.    Assieme costruiscono (in Italia) macchine sino a 3000 tonnellate, mentre sino a 1000 ton/anno le costruisce direttamente la Ditta italiana.

 

Conclusioni:

….. le conclusioni le lascio a Voi ……