Sarà inaugurata venerdì 17 giugno, alle ore 18, nella splendida cornice del museo di Palazzo Cuttica la mostra dal titolo ‘La densità del colore’ organizzata dall’associazione Libera Mente – Laboratorio di Idee con il patrocinio   dell’assessorato ai Beni e Politiche Culturali del Comune di Alessandria e della Provincia di Alessandria.

La mostra, curata da Matteo Galbiati, sarà aperta dal 17 giugno al 30 luglio e sarà visitabile nelle giornate di venerdì, sabato e domenica nei consueti orari di apertura.

Saranno esposte opere di Sonia Costantini, Domenico D’Oora, Elena Modorati, David Gioni Parra, Pino Pinelli.

 

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L’Associazione culturale Libera Mente – Laboratorio di Idee con il presidente Fabrizio Priano, nell’ambito delle sue attività di ricerca e promozione dell’arte contemporanea tese ad arricchire e qualificare le proposte artistiche e culturali negli spazi cittadini con il sostegno e la collaborazioni di artisti, critici e gallerie di livello internazionale, promuove la mostra intitolata La densità del colore.

Dopo l’inaugurazione lo scorso mese di febbraio presso la galleria Castel Negrino Arte di Aicurzio (MB), l’esposizione si aprirà ad Alessandria con alcune variazioni nei contenuti per meglio sottolineare il dialogo con gli spazi della storica dimora che accoglie il progetto.

A confronto e dialogo sono messi i linguaggi di artisti di generazioni diverse che, nonostante gli esiti differenti delle opere, condividono peculiari tratti espressivi e sensibilità, distinti per la particolare interpretazione del colore e della materia cromatica.

Pino Pinelli, Sonia Costantini, Domenico D’Oora, Elena Modorati e David Gioni Parra, vengono indagati e letti, infatti, per come, nella loro opera, si attivi in modo sensibilmente esclusivo proprio il tema del colore, che viene vissuto attraverso una fisicità concreta. Un colore che trova una possibile risonanza e connessione con lo spazio e l’ambiente che lo accoglie, recependone le sue specifiche dinamicità e interagendo con esse.

Nel lavoro di Pino Pinelli la disseminazione di elementi iconici ripete un gesto che predispone allo sguardo la concretezza dell’atto pittorico: la sua indagine si è sempre rivolta a affermare il valore autosufficiente della Pittura il cui colore, fin dalla fine degli Anni Settanta, diventa azione solida, esso si decifra come gesto offerto e disposto nello spazio del visibile. Maestro delle ricerche analitiche, la sua pittura viene vissuta con convinzione poetica nella purezza della matericità plasmabile di cromie che ripetono se stesse rinnovando continuamente il pronunciamento puro del fare pittorico, senza intermediazioni, senza altri supporti, senza confini.

Il monocromo di Sonia Costantini si propone come atto scrittorio di un colore che, solo nella vibrazione segnica della sua stesura, dove la mano e il pensiero forgiano le sue tessiture, concede a ogni tinta di replicare se stessa in una fitta oscillazione che, alla fine, rende vibratile l’intera superficie della tela. Questa diventa il luogo a procedere delle contaminazioni esterne e il colore, apparentemente isolato e ermeticamente chiuso, si rende leggibile nell’unicità irripetibile del suo istante e del dialogo con l’ambiente circostante.

Affini tensioni si manifestano nelle opere di Domenico D’Oora la cui stratificazione cromatica intercetta il desiderio della Pittura di rendersi reale e tangibile, così che l’atto pittorico diventa in lui solido e concreto. L’opera diventa oggetto proteso nello spazio, emergente dalla sua bidimensionalità apparente; anche il suo supporto, sagomato e stratificato, a sua volta, lascia che l’azione cromatica diventi aggettante e renda ancor più potente il moto oscillatorio delle sue immagini, veri e propri riti alchemici attentamente studiati.

La cera da diversi anni è lo scrigno che racchiude le scritture poetiche di Elena Modorati, una sostanza che evoca ataviche suggestioni e, nella sua malleabile duttilità, dove forza e delicatezza si compenetrano, trattiene opalescenze semitrasparenti, utili a dimostrare come l’accenno e l’intuizione siano maggiormente significativi rispetto all’assertività di una conoscenza diretta. Ogni tavola e forma si presentano come memoria, come ricordo reso concreto, dove gli stessi profili indefinibili dei contorni, tanto più l’immagine pare sparire, con ancor maggior forza sembrano volersi fissare nello sguardo per essere trattenuti.

La voluttà cangiante della luce ha sempre innervato il senso delle opere di David Gioni Parra, il cui entusiasmo cromatico si muove in monocromi la cui consistenza traslucida sembra potersi continuamente rinnovare e rimpastare: materiali abitualmente artistici e altre sostanze si compenetrano a ricreare sul supporto forme che diventano voraci rispetto alla circostanza del presente. Nuove sono le ricerche in cui le pietre naturali – evocando processi di lente sedimentazioni geologiche – portano il loro cromatismo in stretta relazione con la pittura dell’artista. Parra recepisce una composizione che si autoregola modellando corrispondenze con l’intorno di cui questa resta un contrappunto, uno dei possibili elementi di verifiche di verità ulteriori.

La mostra si completerà con un catalogo edito dalla galleria con un testo critico di Matteo Galbiati, le immagini di tutte le opere esposte e le foto degli allestimenti presso la Castel Negrino Arte e Palazzo Cuttica.

 

Info:

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