Non poteva mancare, nella nostra preparazione all’Esame di Stato, la visita guidata alla mostra, allestita a Palazzo Guidobono, sul periodo del Ventennio fascista, a prosecuzione e compimento di un percorso di riflessione storica che si collega ad altri eventi cui abbiamo partecipato e relativi al periodo di tempo che va dagli anni immediatamente precedenti la Seconda Guerra Mondiale all’immediato Dopoguerra.   Le celebrazioni della Giornata della Memoria e di quella del Ricordo, la Commemorazione dei Martiri della Valletta del Castello, sono stati momenti toccanti e significativi per la formazione della nostra consapevolezza storica, ma capire perchè certi avvenimenti abbiano potuto realizzarsi è necessario per impedire che possano ancora ripetersi.   Dopo aver ascoltato l’importante contributo del professor Ferruccio Bianchi alla conferenza sulla “missione” dell’Antifascismo per la realizzazione di una società veramente inclusiva, la mia classe ed i nostri compagni della 5^AR Amministrazione, Finanza e Marketing, abbiamo considerato, con una nuova obiettività, la realtà di un tempo che deve essere “capito”, ma non giustificato, nelle sue manifestazioni più complesse e solo apparentemente scontate.

Le stanze del palazzo sono state  allestite con testimonianze,  reperti ed oggetti della quotidianità del tempo che variano in misura e valore: dai cappelli indossati dal Primo Ministro durante il periodo fascista alle divise delle giovani italiane, dalle medaglie di ogni tipo e per ogni occasione ai quaderni dei piccoli balilla.

La mostra offre la ricostruzione precisa di ambienti , circostanze e personaggi, colti nel loro aspetto funzionale ed esteriore, vero spaccato di una società dove tutto era “di regime” e dove tutto veniva sottilmente orchestrato a fini propagandistici.  L’indottrinamento del Duce penetrò anche nelle scuole tortonesi e l’ideologismo fascista non risparmiò nessuno. Coloro che si opponevano venivano in qualche modo eliminati.    Dai quaderni scolastici alle pubblicità dei prodotti di uso domestico, dalle divise dalle accurate ed estetizzanti finiture agli oggetti simbolici di fedeltà allo Stato, “padre padrone” dei cittadini, tutto, in quel periodo, sembra concorrere all’esaltazione di una “italianità” deviata, improntata ad un  conformismo che influenzò sia grandi che piccini: questi ultimi venivano fin da piccoli costretti a partecipare a lezioni giornaliere di educazione fisica e dovevano saper marciare e cantare di fronte alle figure istituzionali.    Dopo le scuole elementari gli studenti si trovavano a scegliere tra ginnasio o istituti volti alla formazione professionale, rigorosamente controllati dal regime. I più coraggiosi si arruolavano tra gli Avanguardisti e le ragazze venivano addestrate per diventare madri forti e sane. Il ruolo della donna durante il ventennio fu cruciale poiché venivano considerate generatrici di futuri fascisti.

Quello che ci è rimasto più impresso però è il fatto che il biologo tortonese Edoardo Zavattari, molto noto negli ambienti romani, abbia contribuito alla stesura delle leggi razziali, leggi che nel periodo fascista prevedevano la persecuzione e la discriminazioni di ebrei in primis e di molte altre “categorie” di persone.

AncheTortona fu scenario di terribili atrocità che furono commesse  dello Stato fascista grazie alla presunta legalità politica. La mostra realizzata a palazzo Guidobono, in ideale continuità con quella precedente dedicata alla Prima Guerra Mondiale, ha lo scopo di informare i giovani tortonesi in modo  da evitare che in futuro possa avvenire qualcosa di simile.  I cimeli, i reperti, i giornali e le divise non sono e non devono essere contemplazione nostalgica ed anacronistica di una parte del nostro passato, ma spunto di riflessione storica ed umana, insegnamento e monito sui rischi di una facile “fascinazione” che, in tempi di crisi dei valori, ha offerto facili ed ambigue soluzioni.

 Hanaa BATTE – 4^AR Amministrazione, Finanza e Marketing