Antonello Brunetti

Antonello Brunetti

Fra i circa mille modi di dire e i quattrocento proverbi riportati sul libro che ho presentato il 16 maggio, vi è anche questa citazione che tradurrò a fine commento, commento che è scherzoso ma anche un po’ incavolato.

Da alcuni anni una strana coppia, forse marito e moglie, sui 60-70 anni, volteggia nell’area tortonese e in particolare su Castelnuovo per scendere in picchiata non appena intravvede l’allestimento di un rinfresco. Arrivano sempre per primi, osservano con attenzione i tavoli imbanditi, si siedono tranquilli per tutta la durata della iniziativa, sia questa un concerto per organo, la presentazione di un libro sui partigiani, la conferenza sull’eresia nestoriana. Riprendono vitalità alla conclusione e sono i primi ad arrivare nell’area rinfresco.

Qui cominciano a ingurgitare: le gote stragonfie a mela, una mano che regge un piattino stracolmo di leccornie e l’altra mano che agguanta senza pause tutto ciò che capita a tiro. Fra loro non parlano, hanno troppo da fare a travasare cibo; solo qualche rapido scambio di consigli. Sono sempre gli ultimi ad andarsene, in silenzio, forse con un filo di amarezza (si fa per dire) per il fatto che anche l’ultimo dolcetto è stato spazzolato via.

Non li ho mai visti “presenziare” a una serata priva di rinfresco: devono studiarsi settimana per settimana luoghi, orari e strategie o essere dotati di un’antenna dotata di poteri sovrannaturali che segnala la presenza di manna.

In particolare da almeno quattro anni non si perdono uno solo dei favolosi rinfreschi che solo Marì Botta sa preparare per la parrocchia o per la biblioteca, e quindi Castelnuovo è in testa nella loro lista delle località da visitare; ma non disdegnano anche il rozzo mangiucchiamento a base di panini con salame e delle solite dozzinali patatine e salatini.

Questi habitué dei rinfreschi ci sono sempre stati, ma di solito erano persone conosciute da tutti per la fame cronica che li caratterizzava e che spesso riempivano tasche o borsette di cibarie. Ma “giocavano solo in casa” e la loro eventuale assenza preoccupava gli organizzatori: “Forse non hanno gradito ciò che avevo preparato l’ultima volta? Staranno mica male?”. Erano dei personaggi, quasi simpatici e sempre prevedibili.

Costoro invece sono dei professionisti, scientificamente preparati, freddi esecutori senza alcuna pietà per chi arriva tardi e trova i tavoli ripuliti, mangioni che arrivano, colpiscono e spariscono cercando di mimetizzarsi. Hanno un solo difetto: ritornano sempre sul luogo del delitto soprattutto se il bottino è stato da loro classificato dal Sufficiente in su.

È chiaro che si tratta di una forma assai grave di bulimia, ossia, come recita il dizionario, “di abbuffamento incontrollato, con assunzione di cibi ingurgitati con grande rapidità senza neppure dare il tempo al palato di assaporarne il gusto”.

Ci sarebbe un solo modo per tentare di aiutarli a uscire da questo tunnel: abolire la pessima abitudine di organizzare rinfreschi! Un concerto, un libro, un poeta, un conferenziere deve attrarre il pubblico con la sua offerta di cultura o di divertimento, non portando al pascolo e nutrendo orde di vermi solitari.

Se proprio non si sa rinunciare alla sirena della gastronomia, allora si potrebbe ricorrere alla saggezza popolare: “ È meglio riempirti ampie e pesanti borse di cibo da portare a casa che cercare vanamente di colmare il tuo stomaco così famelico”

L’è mei cargàt che impinìt!

                                                                                      Antonello Brunetti


4 luglio 2015