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Louise beckinsale

L’annuncio è stato dato a funerale avvenuto, ma la tortonese di adozione Louise Beckinsale è deceduta in settimana

Aveva 42 anni, e fino all’ultimo, ha sempre cercato di sorridere malgrado la grave malattia

La pittrice, di origini britanniche abitava in via Galileo Galilei, e almeno a Tortona, conduceva una vita schiva, fuori dal jet set locale, poco propensa a mettersi in mostra anche se, oltre che brava era famosa, perché  nel 2005 i suoi quadri sono stati usati come scenografia per il film di Lucini, L’uomo perfetto, con Riccardo Scamarcio e Gabriella Pession.

L’ultima mostra a Tortona risale al 2010, al Circolo di Lettura.

Louise Beckinsale aveva vissuto in valle Staffora  e dove spesso partecipava a importanti iniziative culturali, si impegnava a  favore dell’Enpa, veniva chiamata a far lezione nelle scuole dell’Oltrepo pavese.

Era una pittrice di importanza internazionale e aveva cinque figli.

Purtroppo non abbiamo avuto il piacere di conoscerla, per cui riportiamo alcune brevi note di Antonio Armando apparse su “Il fatto quotidiano”.

“L’ultima volta che ho visto Louise Beckinsale è stata domenica22 febbraio e si è parlato del film su William Turner.  Non solo di quando il pittore inglese si fa legare sull’albero di una nave durante una tempesta di neve ma anche della scena in cui alla Royal Academy sputa su una tela per sfumare un colore davanti agli occhi esterrefatti del pubblico. Louise Beckinsale ha detto: ‘Ma sai quante volte ho sputato anch’io sulla tela quando dipingevo all’aperto e non avevo l’acqua?’ Poi mi ha parlato del diverso effetto dello sputo sull’acrilico e sull’olio. Mi piace ricordare la pittrice di Windsor che si racconta – quell’ultima volta – in modo ironico e mentre da sola in mezzo alla natura dipinge usando materiali del posto, oltre che quelli fisiologici: la terra e soprattutto gli steli che davano alle sue tele una consistenza materica che contrastava con il carattere sfumato e onirico del tratto. Una sorta di action painting naturale.

Louise amava i bambini oltre che l’arte. Aveva appena dato alla luce il quinto figlio ma non aveva più la forza di tenerlo in braccio. Per tenere in braccio un neonato ci vuole una certa forza e anche per dipingere all’aperto, come mi spiegava con una vena di amarezza attenuata dal suo spirito dry inglese. Benché molto combattiva doveva sottostare agli ordini di quello che Siddartha Mukherkjee ha chiamato The Emperor of All Maladies. Per dipingere all’aperto prima di tutto bisogna amare la natura e in questo caso la natura della Lombardia, la terra dove la pittrice di Windsor ha vissuto dopo il trasferimento in Italia quand’era bambina, prima nella brughiera dell’hinterland milanese – rosso Magenta o giù di lì -, poi in Oltrepò.

Louise Beckinsale

Louise Beckinsale

Negli ultimi anni abitava a Tortona, cioè poco oltre il confine con il Piemonte, ma l’orografia non cambia per la burocrazia. Ci voleva un’inglese, con nella retina ancora impresse le foreste di Bracknell o le spiagge di Brighton, per vagare d’inverno sulle colline padane o sulla sponda fredda del Po dedicando intere giornate a dipingere acquitrini e ciuffi stepposi, cieli azzurro ferro, evanescenti profili appenninici e pioppi spogli. Frammenti di luoghi accanto ai quali noi passiamo in macchina distratti, pezzi di paesaggio naturale che si sono salvati dalla proliferazione di capannoni e centri commerciali. Non mancano, tra i soggetti, campi di estivi di papaveri o grano, vale a dire scorci più solari e consueti, nelle grandi tele che dipingeva trasportandole in auto divise in bittici e trittici. Così come sottoboschi inglesi, dune in Camargue e prati di lavanda in Provenza. Ma è la passione di cercare la natura qui, anche dove noi non la vediamo più, la caratteristica che più distingue questa pittura di paesaggio. Gli inglesi sanno fare diverse cose meglio di noi italiani – sicuramente hanno conservato i loro landscape meglio di quanto abbiamo fatto in Lombardia – e tra le cose che sanno fare meglio ci sono gli obituaries, i necrologi. Credo che Louise Beckinsale non avesse il pollice verde, se non quando era sporco di colore, ma potrei sbagliarmi. Non era il tipo dell’inglese di Ascot che va pazza per i cappellini al Ladies Day. Senza voler forzare un paragone eccessivo, siamo di nuovo piuttosto dalle parti di Turner, figlio un po’ scontroso ed eccentrico di un barbiere di Londra, ma anche molto ironico e non privo di romanticismo. Mi rendo conto che mi nascondo dietro a una cortina fumogena di riferimenti culturali perché difronte alla morte tanto rapida di una giovane donna di 42 anni si è difronte all’incomprensibile e all’indicibile. A questo punto dovrei stare zitto, anche se il silenzio e la rimozione non erano certamente la strada che ha scelto per affrontare la malattia. Ha dimostrato al contrario un grande coraggio e apertura mentale incontrando tutta la gente che poteva per salutarla pur senza perdere la speranza e a dispetto della statistica. Nella tempesta di neve era il tipo che si fa legare sull’albero della nave invece che rifugiarsi sottocoperta.

 15 marzo 2015

 

Un quadro di Louise

Un quadro di Louise