biodigestore - IEgregio Direttore,

In vista della realizzazione di un biodigestore che sorgerà alla periferia di Tortona, vorrei evidenzaire quanto segue.

“Il digestato può rappresentare un potenziale veicolo di contaminazione microbiologica dei vegetali coltivati quando utilizzato come fertilizzante/ammendate in agricoltura.”

Ad asserirlo non è un pazzo fanatico, pseudo ambientalista dell’ultima ora, contrario al biogas per principio, bensì uno studio finanziato dalla Regione Piemonte, “Caratterizzazione agronomica ed igienico –sanitaria del digerito derivante dalla co-digestione di reflui zootecnici, prodotti e sottoprodotti agricoli per la produzione di biogas”, visualizzabile al link
http://www.regione.piemonte.it/cgi-bin/agri/agripqr/download.cgi?id_file=hvK5a7HPmHfnkF57av90ZvueSfGbE3h&dir=ricerche

Lo studio, iniziato nei primi mesi dell’anno 2008, è stato portato a termine nel 2010, ponendosi come obiettivo la valutazione delle proprietà fertilizzanti del materiale derivante dalla digestione anaerobica, ed i rischi igienico-sanitari di tipo chimico e microbiologico, dovuti alla presenza di patogeni.

L’attività è stata svolta su impianti che producono energia elettrica e termica attraverso la digestione anaerobica dei reflui zootecnici in co-digestione con biomassa vegetale per la produzione di biogas.

Il ciclo, nelle realtà esaminate, vedeva l’impiego di matrici organiche che assicuravano una certa omogeneità della composizione impiegata come massa nei digestori. Parametro fondamentale per stabilire degli esiti attendibili.

E’ decisamente interessate valutare l’analisi dei parametri microbiologici. La relazione infatti riporta “In alcuni casi i campioni di digerito superano il limite di riferimento (1000 UFC/g) per E. coli e per gli enterococchi fecali.”

Ed ancora “ Se in futuro entreranno in vigore i parametri di riferimento previsti nei Regolamenti europei, sarà difficile per la maggior parte degli impianti di digestione anaerobica che lavorano in mesofilia rientrare nei limiti della normativa.”

La conclusione è questa: “Il digerito, quindi, può rappresentare un potenziale veicolo di contaminazione microbiologica se impiegato in agricoltura.”

D’altra parte, però, è importante ricordare che i concimi organici di origine zootecnica (letame e liquame) vengono da sempre impiegati in agricoltura utilizzando precauzioni di tipo generale, senza alcun limite di riferimento per quanto riguarda la contaminazione microbiologica.

Questo è vero, come è vero che l’impiego è sempre stato circoscritto alla realtà della stessa azienda agricola; i liquami potevano, sì, contenere una carica patogena, ma essa ritornava sui campi dell’azienda o di aziende limitrofe (le botti non possono viaggiare a distanze superiori a pochi km, sia per ragioni economiche che per prescrizioni normative). Qualsiasi eventuale epidemia sarebbe rimasta circoscritta.

Mentre i digestati, in virtù del ridotto contenuto di umidità, sono suscettibili di più agevole stoccaggio, manipolazione e trasporto, e possono essere destinati ad aziende in un raggio molto più ampio di quello dei reflui zootecnici tal quali.

Morale: aumentano le probabilità che in entrata ci siano substrati contaminati e, in uscita, quelle di contaminare una grande varietà di terreni agricoli.

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Un biodigestore

Un biodigestore

In Svezia, dove esiste un alto livello di sensibilità sulla biosicurezza nell’uso dei digestati, sono state dedicati molti studi, tra cui quello di Leena Sahlström (2003) che concludeva il suo approfondimento sul tema della sopravvivenza dei batteri patogeni alla digestione anaerobica sostenendo che: “È difficile stabilire i rischi per la biosicurezza associati all’uso dei digestati come fertilizzanti, ma questo rischio non può essere trascurato”.

Proprio nella regione scandinava in oggetto, è stata vietata la fertilizzazione dei pascoli con i digestati, anche se sottoposti a pastorizzazione.

I rischi (seri) sono ancora da accertare, ma perché, allora, si adottano delle precauzioni?

Non ultimo, mi preme sottolineare, come già accennato nella precedente trattazione, che la composizione del materiale conferito al biodigestore influisce fortemente sull’ambiente microbico che si instaura durante la fermentazione: lo studio finanziato dalla Regione Piemonte è stato effettuato su composizioni in ingresso abbastanza costanti; tale scenario è impensabile si possa riscontrare nel bio digestore di Tortona, che verrà alimentato da fanghi industriali (notoriamente critici sotto il profilo sanitario) e dalla frazione umida della raccolta differenziata, proveniente chissà da dove, e con chissà quali, potenziali, cariche batteriche.

Tutti questi elementi concorrono a delineare uno scenario altamente incerto, denso di criticità, non preventivabile secondo i microbiologi, e , quel che più genera apprensione, non controllabile micro biologicamente, per l’ancor vaga e poco definita normativa di riferimento nel nostro Paese.

Nessuno dice queste cose? Io ho scelto di documentarmi e portarle alla luce del sole, per una presa di coscienza dei concittadini e, soprattutto, dei politici, giusto perché non “cadano dalle nuvole” qualora (mi auguro di no) dovessero, in futuro, insorgere dei seri problemi.

Annamaria Agosti


26 febbraio 2014