Egregio Direttore,

scrivo al Suo giornale per raccontare di un’angheria subita che percepisco come il risultato di un escamotage trovato ad hoc per fare cassa.

Sono titolare di un’attività commerciale del tratto della Via Emilia Sud a Tortona. Da alcuni anni, munita di regolare autorizzazione, posiziono all’esterno del mio negozio un cartello a cavalletto che riporta il nome della mia attività.

Questo tipo di cartello è esonerato, per volontà del Comune, dal pagamento dell’indennizzo per l’occupazione del suolo pubblico; bisogna però presentare, a cadenza annuale, una richiesta per il rilascio/rinnovo dell’autorizzazione stradale.

E così, dal 2007, ogni anno ho presentato tale richiesta per lo stesso cartello, dello stesso negozio, collocato nella stessa via allo stesso numero civico.

Un’incombenza cui mi sono adeguata, ma di cui stento ancora a comprendere il significato, dato che nessun elemento è mai variato in questi anni. Ed infatti il tutto si era ridotto ad una mera formalità poiché, specie dopo i primi anni, dal Comune ricevevo via mail il modulo da compilare per la domanda, senza che fosse più davvero necessario allegare la, sempre uguale, documentazione illustrativa relativa al manufatto.

Per il 2012, il Comune ha preferito interrompere questo affidamento alimentato negli ultimi anni, omettendo di contattarmi (con una semplice e gratuita mail); e così io non ho provveduto al rinnovo; non solo, l’Ufficio competente del Comune, ha ben pensato di segnalare il mio cartello, alla Polizia Municipale di Tortona, come privo di autorizzazione.

E a questo punto scatterebbe l’applicazione dell’art. 23 CdS con sanzioni del tutto sproporzionate per un cartello che non paga né occupazione del suolo pubblico né imposta sulla pubblicità.

Risultato: da costo zero mi ritrovo a dover pagare 400 e rotti euro.

Questo è un mero dispetto, che mi offende e mortifica dato che, con minor sforzo, rimanendo nella più assoluta legalità, mi si poteva evitare questa bastonata.

Se il Comune avesse davvero voluto incrementare il controllo sull’arredo urbano della Via Emilia, poteva e doveva agire in altro modo e, piuttosto, investire tempo e ragionamento per sanzionare, in maniera equa e proporzionata, le irregolarità relativa ai cartelli “gratuiti”.

Ma evidentemente non era quello l’interesse primario, dato che si sono investite risorse umane ed economiche per mettere in moto il seguente macchinoso (ma redditizio) meccanismo:

un addetto del comune (almeno uno ma è verosimile che siano stati più di uno) ha controllato ‘zitto zitto’ (nel mese di ottobre) la presenza del mio cartello, ha scattato delle foto, ha aperto una pratica per la segnalazione, ha inoltrato tale pratica alla Polizia Municipale, la quale, dopo aver aperto a sua volta una pratica, ha inviato due agenti i quali, pure loro ‘zitti zitti’, sono venuti a fare il sopralluogo (magari anche più di uno), guarda caso proprio in un momento in cui ero forse momentaneamente assente e, senza pertanto contestare direttamente a voce la violazione, me l’hanno notificata a mezzo posta.

Non solo, poiché la segnalazione partita dal Comune contiene solo una foto del famigerato cartello senza indicazione né del proprietario del manufatto (in Comune sanno invece con esattezza che quel cartello mi appartiene) né il luogo preciso in cui esso si trova (solo un generico “Via Emilia”, che è piuttosto lunga), gli agenti di polizia municipale, in linea principio, hanno dovuto pure procedere ad una sorta di “caccia al tesoro” per individuare il cartello incriminato.

Forse la situazione economica del nostro Comune non è così preoccupante se si trova tempo per la messa in scena di queste commedie.

Grazie per lo spazio dedicatomi.

Paola Pareglio



 30 dicembre 2012