Ventiquattresimo posto con il tempo di 2 ore 22 minuti e 42 secondi: questo il risultato di Renato Martini, tortonese di nascita ma pozzolese di adozione, alle Olimpiadi di Monaco del 1972 nella maratona. Renato Martini, classe 1949, era assurto agli onori delle cronache sportive dopo aver vinto il titolo italiano di corsa campestre nel cross lungo nel 1971 e nel 1972 e sempre nel cross Martini aveva partecipato a quattro campionati del mondo. Era dipinto come atleta dotato di grande resistenza, con notevole capacità di soffrire. Scoperto da Padre Vincenzo dei Frati Francescani di Novi quando alle gare “Olimpiadi del Vittorioso” colse il suo primo successo. Era il 1965 e Renato Marini fu campione zonale di corsa campestre e sedicesimo ai campionati italiani nonostante un doloroso infortunio. Ben presto divenne il protagonista del mezzofondo e del fondo a livello provinciale prima e regionale in seguito. Dopo un titolo italiano sulla mezza maratona allungava sulla maratona. Si presentava, a Monaco di Baviera, come giovane promessa con notevoli potenzialità Il quotidiano “Tuttosport” del 24 agosto, illustrando la maratona olimpica, non lasciava grande spazio alle speranze degli italiani ma dipingeva il giovane Martini come “speranza del nostro mezzofondo prolungato”. Oscar Barletta, responsabile della maratona azzurra, così dipingeva Martini: “Per Martini il discorso è diverso dagli altri atleti in quanto si tratta di un giovanissimo per il quale questo impegno olimpico di Moncaco è soltanto un’utile esperienza che gli servirà per i prossimi traguardi, cioè gli Europei di Roma e successivamente le Olimpiadi di Montreal.” Renato Martini non era considerato quindi una realtà ma un atleta in divenire. Della prova di Monaco poco da dire, nessuno dei tre azzurri poteva sperare in una medaglia, anche meno nobile, i favoriti erano altri. La maratona si corse il 10 settembre, quando mancavano ventiquattro ore alla chiusura dei Giochi Olimpici, alle tre del pomeriggio, con un caldo umido ed il termometro che segnava ventun gradi. Saper gestire le energie era quindi fondamentale. L’avvio non fu velocissimo tanto che il primo passaggio ai cinque chilometri segnò il tempo di 15′ e 51 secondi. Il gruppetto dei battistrada era composto da ventisei atleti, fra questi i tre azzurri. Ma poche centinaia di metri dopo gli americani Ron Hill e Derek Clayton ruppero gli indugi e sferrarono il primo affondo. Gli azzurri, e Martini con loro, dovettero cedere e cercare di conquistare un piazzamento onorevole. Per la cronaca la gara fu vinta dall’americano Frank Shorter che dopo i quindici chilometri iniziò una lunga fuga solitaria. Martini giunse quindi ventiquattresimo. Aveva solo ventitre anni, era ancora lontano ancora dalla maturità atletica ed il suo piazzamento fu quindi salutato, a livello nazionale e locale, come una valida premessa per una carriere che gli si annunciava luminosa. Purtroppo il destino aveva deciso per lui diversamente: lo affliggono i tendini. Decide così di impegnarsi maggiormente nello studio e diminuisce le sue presenze agonistiche. Vestirà la maglia azzurra fino al 1973, quindi diventerà insegnante di educazione fisica negli istituti superiori novesi. Nei momenti liberi si dedica a lunghi giri in bicicletta ed allo sci di fondo. Ora, a 63 anni, è in pensione.

Maurizio Priano



26 luglio 2012