Persevera ormai da mesi quella che è ancora una fase d’emergenza o quanto meno sempre critica a causa del Covid-19, ma è a maggior ragione bene andare ad affrontare alcuni temi. Ci concentreremo dunque in prima battuta sulle performance dei mercati finanziari e sui loro fattori di influenza, ma altresì sulle variabili macro-economiche da monitorare con riguardo. E faremo poi in ultimo pure un focus sulle metodologie migliori per approcciare ai suddetti mercati caratterizzati da alta volatilità – in ispècie daremo attenzione all’elemento tempo, quindi porremo la lente d’ingrandimento sulla corretta prospettiva temporale degli investimenti.  

I dati di performance dal 4 all’8 maggio hanno vari segni più, in particolare ottime le prestazioni azionarie della zona Euro (indice Euro MSCI EURO 4,2% mentre Ita FTSE MIB 4,9%) e dei mercati emergenti (indice Emergenti, sempre azionari, MSCI EMERGING 4,2%). Hanno tenuto molto bene anche gli obbligazionari (indice Italia GOVERNATIVI 1,2%, quello Euro CORPORATE 1,0% e quello Euro HIGH YIELD 1,7% ) e vediamo tra le commodities un accenno di recupero del petrolio che la scorsa settimana aveva fatto segnare i minimi e addirittura prezzi negativi à https://www.oggicronaca.it/2020/05/economia-e-finanza-focus-mercati-dal-27-aprile-al-1-maggio-e-limpatto-emotivo-di-giulia-quaranta-provenzano/.


La spiegazione del forte recupero non soltanto dell’ultima settimana, bensì di tutto il mese di aprile si trova negli aiuti che hanno dato gli Stati, i Governi e le Banche Centrali alle economie inglesi e questo in tutto il mondo a cominciare dagli Stati Uniti sino a finire all’Unione Europea. In ispècie tali aiuti sono misure straordinarie, senza precedenti che vanno dai cosiddetti pacchetti fiscali che sono stati stanziati – mediamente tra il 2% e il 5% del Pil di ogni Paese – ai pacchetti liquidità, le garanzie statali sui prestiti e qui addirittura le misure di sostegno sono tra il 10% e il 15% del Pil sino ad arrivare in Italia al 25%. Il mood del mercato è ovvero in ripresa grazie alle ingenti misure di politica monetaria e fiscale.

Nello specifico, negli Stati Uniti il pacchetto CAREs Act da $2.3 trillion, pari a circa 12% del Pil di cui $869 mld di prestiti PMI ed il pacchetto healthcare da $484 mld di cui $370 mld in garanzie statali. In Francia invece il pacchetto fiscale da 110 mld di euro, pari pressappoco al 5% del Pil ed il pacchetto liquidità da 315 mld di euro di garanzie statali, equivalenti al 14% del Pil.

In Italia il pacchetto Cura Italia da 25 mld di euro, pari al 1,4% del Pil ed il pacchetto liquidità da 400 mld di euro in garanzie statali, corrispondenti al 25% del Pil. In Germania poi il pacchetto da 156 mld di euro, pari al 4,9% del Pil ed il pacchetto liquidità di 757 mld di euro, vale a dire il 23% del Pil. Infine si ricordi che l’Unione Europea si è mossa con un pacchetto da 540 mld di euro, equiparabili al 4% del Pil.

Fondamentale è altresì ricordare i principali indicatori che sono usciti la scorsa settimana ossia i dati del Pil del 1° trimestre. Primi tre mesi dell’anno che hanno visto la Cina con un Pil del -6,8% poiché la prima ad entrare in crisi e sperimentare il lowdown delle attività economiche e produttive. Inoltre si è registrato a sorpresa più negativo delle attese il -4,8% degli Stati Uniti, ma male pure in Europa sebbene abbastanza in linea con le previsioni ovvero -3,8%. La peggio per Francia -5,8% e Spagna -5,2%. Ciò che di conseguenza viene da pensare è che con questi dati di fine marzo il peggio sia ormai alle spalle ed il mercato sembra della medesima idea tanto che si è iniziato ad anticipare la ripresa, la fase 2 dal 4 maggio della gestione della transizione.

Seppure il tragico si prospetta superato il percorso di crescita non sarà facile e che non sarà privo di ostacoli lo sostiene anche l’International Monetary Fund, il Fondo Monetario Internazionale che negli scorsi giorni ha pubblicato il rapporto The Great Lowdown, il grande lowdown a fare un po’ il punto della situazione su quelle che sono proprio le attese di crescita nelle principali economie per il 2020 e il 2021. A livello globale quest’anno sarà negativo del -3%, a dispetto di fine gennaio in cui le aspettative erano al contrario positive con una crescita quasi vicina al 3%. Per quanto concerne le economie avanzate nel 2020 -6,1% e quelle emergenti -1,0%. L’economia globale tuttavia tornerà a rifiorire a partire dal terzo e quarto trimestre e si entrerà nel 2021 appunto con una crescita superiore persino alle attese di fine gennaio e cioè del +5,8%. Fortissimo il contributo delle economie emergenti +6,6%, buono quello delle avanzate +4,5%.

Trattando di punti di minimo il capolista lo si ha ad inizio settimana con l’indicatore PMI manifatturiero della zona Euro. PMI sta per indicatore dei direttori degli acquisti ed è anticipatore di quella che è l’attività economica. Il PMI manifatturiero dell’Eurozona è scivolato a 33,4 punti ad aprile dai precedenti 44,5, raggiungendo la rilevazione più bassa da quando esiste l’indice. L’Europa è stata la prima, dopo la Cina, a essere colpita dal Covid-19 e per l’intero mese di aprile la maggior parte dell’attività produttiva è rimasta bloccata. Il forte rallentamento economico causato dalle misure a contenimento del virus ha colpito soprattutto la Spagna e l’Italia, i cui PMI manifatturiero sono crollati a 30,8 e 31,1 punti rispettivamente.

Altro dato da monitorare è quello relativo al mercato del lavoro degli Stati Uniti. Dopo i nuovi livelli record delle richieste di sussidi di disoccupazione durante l’ultimo periodo, il dato sul numero di occupati non agricoli dovrebbe essere crollato di -20 milioni ad aprile. Il mercato del lavoro difatti uno fra i più penalizzati dalle restrizioni implementate; il tasso di disoccupazione è atteso raggiungere un valore del 16,1%, un livello di quattro volte superiore rispetto a quello di marzo.

Proseguendo il focus mercati, la vendita al dettaglio nell’Eurozona di marzo dovrebbe crollare del -8,0% a/a, in netto peggioramento dal 3,0% a/a di febbraio. Il dato, come la maggior parte delle rilevazioni dei mesi di marzo e aprile, a risentire negativamente delle restrizioni imposte per contrastare la diffusione del Coronavirus. Il forte rallentamento nella domanda provocante significativi cali nei consumi ad aprile, deprimendo ulteriormente la rilevazione pure nei prossimi mesi. 

La produzione industriale tedesca è attesa in netto calo del -7,4% m/m a marzo, dopo il +0,3% di febbraio. Siccome la Germania non ha ancora pubblicato il Pil del 1Q, gli impatti negativi della pandemia sono meno trasparenti per ora a confronto di altri Stati europei. Nonostante questo, dagli ultimi dati comunicati, il manifatturiero dovrebbe essere più colpito rispetto al comparto delle costruzioni.

Infine la Bank of England, in linea con quanto predisposto dalle altre banche centrali, dovrebbe lasciare invariato il tasso allo 0,10%. La riunione potrebbe comunque riservare decisioni inaspettate sulla possibilità di implementazione di ulteriori interventi a supporto dell’economia del Paese, anch’esso duramente colpito dallo stato emergenziale.

Avviandoci alla conclusione, ci concentriamo adesso sul fattore tempo, altro aspetto – oltre alle scelte emotive penalizzanti in un approccio alla corretta gestione del patrimonio – con un ruolo in relazione agli investimenti. A seguire dunque alcune considerazioni dal punto di vista temporale per andare ad affrontare al meglio i mercati volatili.

L’andamento dello Standard & Poor’s 500 con dividendi reinvestiti dal 1936 ad oggi ha subito diversi shock passando dai controlli sui prezzi durante la Seconda Guerra Mondiale, alla crisi missilistica cubana, alla crisi petrolifera degli anni ‘70, al Lunedì nero del 1987, alla bolla tecnologica e Telecom degli anni 2000-2002, alla crisi finanziaria globale dei mutui subprime del 2007-2009, fino a quello che è lo scenario attuale con la pandemia di Coronavirus.

Ciò che è possibile osservare è che su un’ottica temporale più estesa le varie crisi che si sono susseguite nel tempo, per quanto gravi ed impattanti sui sistemi economici e sui mercati finanziari, appaiono sempre smorzate e mitigate come effetti – ed è così che dopo ogni crisi di mercato, il mercato appunto torna ogni volta a crescere, pur in maniera vigorosa. Da qui l’andare a fare con il cliente dei ragionamenti proprio nel momento in cui si verificano gli shock, i quali creano opportunità a livello di, acquisto sul, mercato assai importanti nella consapevolezza che esso prima o poi ritorna a salire in prosperità. Le flessioni di mercato ecco che sono parte del processo di investimento!

Uno sguardo più attento alla storia dei mercati azionari mostra poi che i periodi di flessione hanno andamento estremamente vario in termini di intensità, lunghezza e frequenza pertanto all’interno di un periodo di flessione è praticamente impossibile riconoscere la differenza tra un calo leggero e una correzione più pronunciata. A partire dal 1970 si sono verificati cinque periodi di flessione pari od uguale al 20% dell’indice globale MSCI WORLD. Sebbene il calo medio del 37% di questi cicli possa essere doloroso da sopportare e possa spaventare, perdere parte del rendimento medio del 283% del mercato in rialzo ancora peggio…

La durata molto più breve dei mercati orso, quella ribassista, è di 15 mesi in media ed è anche questa la ragione per cui cercare il momento giusto per le decisioni di investimento può risultare difficile e di solito è sconsigliabile. L’andare a concentrarsi, per presunzione o per distorsioni cognitive od emotive, sull’individuazione del momento migliore per entrare nel mercato è cioè una soluzione che potrebbe rivelarsi non soddisfacente per il cliente. Molto più interessante è avere un’ottica di medio-lungo periodo, sfruttando quelli che sono i vari cicli del mercato azionario che in un orizzonte temporale coerente con i personali obiettivi lavorano a favore del raggiungimento di tali scopi soggettivi. In aggiunta è da notare che i cicli rialzisti sono notevolmente più potenti di quelli ribassisti ed altresì più ampia la loro durata, ovvero 88 mesi a dispetto dei 15 mesi del ciclo ribassista. Ne deriva che correzioni anche significative del mercato non sono insolite e non dovrebbero creare scossoni, non di meno quando gli investitori si accorgono che il valore dei loro investimenti vacilla l’avversione che hanno alle perdite può indurli a vendere in perdita e a rimanere fuori dal mercato (e dei mercati azionari che nel corso del tempo hanno un andamento certo di ripresa) – benché non potendo pronosticare quanto durerà una determinata correzione gli investitori non dovrebbero cedere alla tentazione di provare a prevedere i movimenti del mercato.

Un altro modo per evitare di prendere decisioni poco avvedute è quello di creare ed attenersi ad un piano di investimento attentamente studiato, specie quando i mercati si muovono al ribasso. Il piano deve tenere conto della tolleranza al rischio e delle finalità di breve e di lungo termine del cliente, nonché delle sue esigenze di liquidità. Per evitare l’inutile sforzo di scervellarsi sull’incognita dell’andamento del mercato, pratica complessa, è bene utilizzare il metodo del dollar cost averaging ossia dell’investimento di un importo fisso ad intervalli regolari indipendentemente dai rialzi e dai ribassi dei mercati. Questo approccio, basato sull’entrata graduale sui già menzionati mercati, crea una strategia nella quale vengono comprate più azioni a prezzi inferiori e meno azioni a prezzi superiori cosicché, nel tempo, gli investitori pagano un importo mediamente più basso per ogni azione ottenendo effetti benefici per quanto riguarda l’intero portafoglio.

Da rammentare in ultimo che la finanza comportamentale insegna che gli eventi più recenti influenzano in maniera sproporzionata le percezioni delle persone e le loro decisioni. È importante all’opposto mantenere di continuo una visione di lungo termine, soprattutto quando i mercati sono in fase calante. Seppure le azioni salgono e scendono nel breve termine, i listini tendono a premiare gli investitori lungo archi temporali estesi. Includendo i ribassi, il rendimento medio annuo dello Standard & Poor’s 500 lungo tutti i periodi di dieci anni dal 1937 al 2019 è stato del 10,47%. Questo vuol dire che il fattore tempo riveste un ruolo chiave all’interno degli investimenti e premia coloro che sanno aspettare il giusto momento per capitalizzare i frutti della propria attesa.

Giulia Quaranta Provenzano

Le notizie riportate dalla trentenne ligure sono ricavate da fonti economiche ufficiali, compresi alcuni corsi di formazione che ha frequentato negli anni e da quelli della scorsa settimana per il suo lavoro di consulente assicurativa e finanziaria. Informazioni e dati che poi la giovane ha integrato e rielaborato.