La chiesa di Calvisio Vecchio fornisce una delle più importanti testimonianze della sequenza di edifici di culto rurali, che si sono succeduti nello stesso luogo con forme e impianti architettonici diversi, sovrapponendosi a livelli tardoromani con focolai datati al V-VI secolo.
Numerose evidenze archeologiche e lo stesso toponimo di Calvisio, derivato dal termine fondiario romano Calvixium, hanno consentito di definire l’esistenza a San Bernardino e sulle sottostanti pendici di un insediamento di età romana, erede di un oppidum ligure dell’Età del Ferro.

Da Nino Lamboglia è stato inoltre ipotizzato come questa zona e la colla di San Bernardino fossero attraversate dalla via Iulia Augusta, proveniente dalla Val Ponci.
L’antica parrocchiale, in condizioni di abbandono dopo gli scavi condotti dalla Soprintendenza nel 1986-88, è intitolata a San Cipriano, vescovo di Cartagine vissuto nel terzo secolo. A costui si associa San Cornelio, papa romano dal 251 fino al martirio avvenuto a Centocelle nel 253.
Si tratta di una dedicazione molto antica, alla quale corrisponde un primo edificio con abside “a ferro di cavallo”, portato in luce dalle indagini archeologiche all’interno delle chiese successive.


A questa iniziale sede di culto fece seguito una chiesa protoromanica a due absidi affiancate, datata all’XI secolo, a sua volta sostituita da un più grande edificio tardomedievale (XIV-XV secolo) con navate scandite da colonne con capitelli in Pietra di Finale.
Alle fasi medievali appartiene anche il campanile romanico, con bifore e capitelli a stampella, datato agli inizi del XIII secolo.
Seguì una ricostruzione barocca con la costruzione di un edificio ad aula unica e altari laterali, per giungere infine all’ampliamento dell’impianto con la costruzione del grande coro ottocentesco.

La sede di culto era collocata a una certa distanza dal nucleo abitativo storico di Cremata, che conserva le cosiddette “casazze” e importanti esempi di abitazioni rurali in pietra locale datate a partire da fine XIII-inizi XIV secolo. Si tratta di un agglomerato composto da più unità edilizie disposte secondo le curve di livello del terreno, sviluppatosi in epoche differenti secondo un processo di “gemmazione”, ovvero di costruzione di più moduli edilizi che si dipartono da una unità principale senza seguire schemi costruttivi rigidi. Grazie a interventi di recupero condotti con grande attenzione, Cremata oggi conserva l’aspetto di un abitato ligure con case dotate di terrazzi aia e porticati.

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La visita si conclude in uno dei più incantevoli luoghi del Finale: è il giardino contiguo alla casa canonica che i proprietari con grande sensibilità e infinita cura hanno voluto sistemare nelle forme di un viridario medievale. Qui si conserva la possibile vasca di un sarcofago in Pietra di Finale, databile tra V e VI/VII secolo, ma soprattutto dal giardino si gode una magnifica vista del campanile romanico e lo sguardo spazia sul fondovalle dello Sciusa fino al mare di Finalpia. È quel mare che veniva percorso dai naviganti, che nel 1655 donarono alla loro chiesa un’acquasantiera in marmo, ora collocata nella nuova parrocchiale nel fondovalle, costruita su progetto dell’architetto finalese Pietro Paolo Bonora e aperta al culto nel 1932.