La Pandemia non è finita ma – almeno per quanto riguarda Tortona e non solo – sembra sotto controllo. Stanno ritornando le manifestazioni e la città si sta risvegliando. I clienti tornano nei negozi e i Commercianti davvero non possono lamentarsi.

Se il Covid prospera ancora e rappresenta sempre un pericolo, l’emergenza che ha messo in ginocchio Tortona (e non solo), però, può dirsi alle spalle, soprattutto in questo periodo.


Per fare tesoro dell’esperienza e non commettere gli stessi errori ma anche per fare un bilancio del tremendo periodo vissuto dai tortonesi, abbiamo realizzato un’intervista esclusiva al Sindaco Federico Chiodi proprio su quello che ha passato la città ma soprattutto su come sono stati vissuti certi momenti.

Un dialogo profondo, a 360 grandi con domande dirette al primo cittadino come sappiamo fare noi di Oggi Cronaca, per sviscerare problemi e dettagli che forse i cittadini non hanno colto.

Una lunga intervista che abbiamo deciso di spezzare in due parti: la prima oggi e la seconda domani, che mette in luce le paure, i timori ma anche i momenti di positivi di quella che rimarrà una delle pagine più difficili della storia recente di Tortona.

Parlando do Coronavirus tornano alla mente le immagini simbolo di questa emergenza: l’ospedale chiuso improvvisamente dalla sera alla mattina con la gente inviperita, il contagio alle suore del Santuario della Madonna della Guardia, i morti a grappoli, le bare nella chiesa di Santa Maria delle Grazie al cimitero o dentro il container, la via Emilia deserta, e tante altre.

Ecco cosa pensa di tutto questo il Sindaco Federico Chiodi e come ha vissuto dentro e fuori, l’emergenza.

Federico, a Tortona ci sono ancora 10 malati e 43 persone in quarantena, si può dire che il Coronavirus è quasi sconfitto?

Per valutazioni di questo genere dobbiamo affidarci ai medici che stanno affrontando questa emergenza ormai da mesi e, seppure i segnali siano molto incoraggianti, ritengo che comunque occorra ancora essere prudenti. Purtroppo in comuni non troppo distanti dal nostro, come San Salvatore Monferrato, c’è stata recentemente una recrudescenza di contagi e quindi, pur condividendo la spinta al rilancio che percepisco nella popolazione tortonese, occorre ancora rispettare alcune semplici misure che ben conosciamo per salvaguardare la nostra salute e quella degli altri.

Manteniamo distanze e mascherina, ma servono ancora?

Attualmente la normativa prevede ancora l’utilizzo della mascherina nei luoghi pubblici chiusi e all’aperto dove non sia possibile mantenere l’adeguato distanziamento, ed è in vigore fino al 14 luglio. Immagino sarà prorogata in forme analoghe almeno fino al 31 luglio.

Due mesi di fuoco (marzo e aprile) poi via via la situazione è migliorata, quali sono stati i momenti più critici?

Chiaramente la fase più complessa è stata quella iniziale, quando nessuno a livello locale, né nazionale, né, oserei dire, globale, sapeva esattamente con che cosa avevamo a che fare.

Dal 23 febbraio, da noi, tutto è cambiato, con il primo falso allarme all’Ospedale di Tortona è iniziato un necessario periodo di estrema attenzione e impegno, durato ininterrottamente almeno fino alla fine di aprile.

Il momento di più grande incertezza è stata la notte fra il 3 e 4 marzo, quando mi è giunta notizia della chiusura improvvisa, con uso della forza pubblica, dell’Ospedale di Tortona. Solo dopo abbiamo scoperto che si era verificata una emergenza sanitaria all’interno della struttura e che stava arrivando nella nostra città l’Unità di crisi della Regione Piemonte per isolare i reparti a rischio, trattenendo anche i sanitari all’interno per alcuni giorni, e accelerare la conversione in Covid Hospital che era già stata annunciata dall’Assessore regionale Icardi. 

E dopo? Quali altri momenti critici, secondo te, hanno vissuto la città di Tortona e i suoi abitanti?

Le settimane successive, quando uno ad uno i dirigenti dell’Asl e il personale sanitario hanno iniziato ad ammalarsi ed essere posti in quarantena, ed eravamo rimasti  in pochi a gestire, ciascuno per la sua competenza, questa crisi senza precedenti.

Un’altra prova che abbiamo dovuto affrontare come Amministrazione è stata l’evacuazione della Casa Madre delle Piccole Suore Missionarie della Carità dopo la segnalazione di diversi casi sospetti, con un altro intervento dell’unità di crisi piemontese qui a Tortona.

Altri momenti critici?

Ricordo poi la rapida diffusione del contagio all’interno della Polizia Municipale e la sofferta scelta di chiudere il Comando per tutelare la salute dei nostri Vigili. In generale, in questi mesi, non posso dimenticare tutte le segnalazioni dei cittadini e dei medici che avevano difficoltà a effettuare i tamponi, con la paura di non ricevere la corretta assistenza. Tutte situazioni in cui abbiamo cercato di metterci a disposizione come elemento di contatto fra i pazienti e l’Asl oberata di lavoro.

Hai mai pensato che la situazione potesse raggiungere livelli impossibili da gestire?

“Non è facile spiegare lo stato d’animo in cui ci si trova quando si affronta una emergenza di questo tipo. Si ha un obiettivo chiaro davanti, si cerca di recuperare tutte le risorse disponibili e si lavora tutti insieme per raggiungerlo.

Non c’è spazio per la paura o per l’emotività, solo grande concentrazione. Non ho avuto il tempo materiale di soffermarmi su pensieri pessimistici.

Fine prima parte