Occhi verdi profondi che scrutano l’ambiente circostante e sembrano sempre alla ricerca di qualcosa, forse quella verve artistica che rende Deborah D’agostino un’artista speciale nel mondo della poesia e non solo.

Questa è l’impressione che si ha leggendo le poesie di Deborah e guardandola in volto. Si capisce subito che no siamo di fronte ad un persona comune e d’altro canto non capita spesso di vedere un libro di poesie in parte pubblicato in corsivo e tradotto in inglese.


Parliamo di “Gabbiani d’asfalto (asphalt seagulls) antologia poetica bilingue con opere di Luigi Boille è tradotta in Inglese, Francese, Tedesco, Turco e pubblicata da Edicampus Edizioni (Roma 2015). In uscita anche la versione bilingue Italiano-Arabo.   

Quella più importante, però, è sicuramente in inglese con la traduzione di Helen Guyatt che dopo aver letto le sue poesie ha avuto la possibilità di tradurle in inglese. Helen ora vive in Kenya e lavora per una società privata specializzata nel monitoraggio e valutazione dei programmi di aiuto umanitario. È una fotografo dilettante, ballerina appassionata e Yogi, ed estimatrice della poesia e delle arti.

Il libro è uscito qualche anno fa riscuotendo un grande successo ed infatti è tuttora in vendita sui maggiori ibooke store ed in particolar modo su Amazon.

Cosa sia “Gabbiani d’Asfalto” ce lo racconta la stessa autrice.

“Un decennio fa, il giorno in cui sono arrivata a Roma, in Piazza di Spagna – speiga Deborah – non è stata la monumentale scalinata di Trinità dei Monti, la fontana scintillante dei Bernini, la perfetta prospettiva della notissima Via dei Condotti a colpire la mia attenzione ma l’attenta ricerca di cibo tra i sanpietrini di alcuni maestosi gabbiani. Le piume candide con striature grigie, il becco rosso, acuti occhi indagatori, hanno continuato a lungo a perlustrare l’antico lastricato stradale grigio scuro. Cosa facessero, lì, a poche decine di minuti di volo dal mare, è la domanda che mi ha accompagnato per tutti gli anni a venire. Li ho osservati a lungo, a proprio agio tra i passanti curiosi, dimentichi del cielo, dell’altezza, dell’ebrezza del volo: e ho ripensato alle nostre vite, alle nostre esigenze materiali che ci guidano e distolgono.”

Ma la storia dei gabbiani non finisce lì: “Sul palazzo d’epoca in cui sono andata a vivere – continua Deborah – i gabbiani avevano il nido.  La mattina, al risveglio, le strida riempivano l’aria e dalla finestra socchiusa potevo vedere le sigle bianche saettare all’altezza del balcone; lo stesso suono si ripeteva durante la giornata, forte e rauco, basso e potente; si ripeteva la sera, al tramonto, in direzione del luminoso Sole calante.  In Primavera, ho visto nascere i piccoli, con piccoli corpi bianchi e grandi ali. Cosa facessero in cima al campanile adiacente, non so. Ho visto i loro primi timidi voli, udito le urla in direzione del cielo azzurro-grigio.  Ho visto gabbiani posati sulle statue di Ponte degli Angeli, ipnotizzati dalla marea delle auto in coda, ispirare artisti; dondolare sulle acque verdi scuro del Tevere, lasciarsi trascinare dalla corrente sotto i ponti dalle grandi campate; seguire le auto e specchiarsi sui parabrezza e le carrozzerie colorate; sostare sui pinnacoli, sulla statua di Garibaldi, nel punto più alto del Gianicolo, sui lampioni, pronti al volo, in attesa.”

“Ovunque sia andata, a Barcellona, a Parigi, a Istanbul – conclude Deborah – i gabbiani attendono, vigili, sui cornicioni. A Bastia, all’imbrunire intere colonie si sollevano dal mare, dove sostano, a dondolare, per raggiungere i cassonetti o l’enorme discarica, in alto, proprio sopra la città, che coprono con un uniforme manto bianco.  A lungo ho meditato sulle similitudini con questi splendidi esemplari nati per le altezze, per il volo, desiderosi di ascendere eppure costretti a cercare cibo sull’asfalto o, raramente, in campagne coltivate, tra solchi arati, ormai distanti dalla natura, dai suoi cicli eterni, assuefatti ai ritmi delle città, ammaliati da grigie onde che non approdano alla spiaggia, gabbiani, insomma, “adattati”.    

BIOGRAFIA

Deborah D’agostino 

Poetessa, scrittrice, promotrice culturale. Vive a Roma. Da vent’anni organizza e presenta Eventi culturali, in sedi istituzionali, con il Patrocinio di Enti Locali e Associazioni. Ha pubblicato le raccolte di poesie Gabbiani d’asfalto (2006, Ed. Lampi di Stampa) e Spezza le catene (2007, Ed. Arduino Sacco). Per la Poesia ha ottenuto numerosi riconoscimenti nazionali ed internazionali; le sue opere sono pubblicate su libri, antologie, riviste e cataloghi d’Arte. È presente, tra l’altro, nella Storia della Letteratura Italiana dell’Ultimo Novecento (Ed. Gabrieli), in L’amore, la guerra: la voce dei poeti… (RAI-ERI, Ibiskos),  in “Le relazioni – Scritture” di Ciardella-Gronchi (Ed. Paoline, Progetto Cultura CEI), in Da “I Parchi Letterari” ai poeti contemporanei (Ed. Artescrittura per l’UNESCO). Cura testi e note critiche di Poesia e Narrativa contemporanea; conduce Laboratori di Scrittura Creativa, ed è membro di Giuria di Premi Letterari. È associata alla Società Italiana Autori ed Editori (S.I.A.E.) ed è stata Componente del Comitato “Arti Visive e altre figure autorali” della Sezione Opere letterarie.