Pubblichiamo molto volentieri la riflessione di una nostra lettrice di Tortona sul difficile momento che stiamo vivendo dopo l’ultimo decreto di Conte e su come questa emergenza riesca, comunque, a mettere in risalto valori da tempo dimenticati

Egregio Direttore,


Quali sono le attività delle quali un Paese, seppur stretto nella morsa di un virus, non può fare a meno?

Sono 80 le attività ritenute essenziali, necessarie al buon funzionamento dello Stato.

In attesa dell’uscita ufficiale del decreto ministeriale, la lista “ateco” elenca le ottanta attività strategiche che potranno rimanere aperte. Elenco sul quale hanno lavorato Governo, parti sociali e sindacati. Annunciato alla Nazione, ieri, in tarda serata dal Premier Conte.  Una nuova stretta, misure severe per far fronte a quella cha ha definito “la crisi più difficile dal secondo dopoguerra”.

Permessi solo i lavori indispensabili, che garantiscono la quotidianità del popolo. Dall’alimentare alla chimica, dalla coltivazione all’allevamento, dai trasporti, allo smaltimento rifiuti. I mestieri “antichi”, di chi lavora con le mani: il contadino, l’artigiano, il meccanico, l’operaio, il sarto e l’operatore ecologico, tornano improvvisamente a essere lavori “nobili”. Lavori che permettono a tutti di vivere dignitosamente anche in questo tempo di guerra silenziosa.

Lavori negli anni passati un po’ di moda, si riscoprono essenziali durante una crisi senza precedenti, innescata da un virus invisibile, che ha fatto cambiare di colpo le nostre abitudini, frenare le nostre corse, crollare le nostre sicurezze.

In questo momento, dove è necessario rallentare, dovremo imparare a stare nel mondo in modo diverso, meno invadenti, apprezzando le cose che contano, i lavori etici e socialmente utili e ringraziando tutti i lavoratori che permettono di avere garantite sanità, cibo, informazione, mezzi e valori.

E.B. – Viguzzolo