Di fronte a stuoli di persone che escono impunemente in barba a i divieti, c’è qualcuno, a Tortona, che è obbligato a restare in casa e lo fa ormai da quasi due mesi, da molto prima che scattassero i divieti, perché il suo quadro clinico è tale che se venisse infettato dal Coronavirus, con ogni probabilità, finirebbe per morire.

Quella che pubblichiamo stamattina è la storia di un tortonese, giunta in redazione ieri sera, che conosciamo con nome e cognome. Storia vera, di cui di cui abbiamo controllato la veridicità e che stride con certi comportamenti tenuti da tanti tortonesi irresponsabili. Una storia di una persona normale che però, oggi è costretta, suo malgrado, alla reclusione forzata tra le mura domestiche.


Egregia Redazione,

leggendo di tanti tortonesi miei concittadini, che senza pudore se ne vanno a zonzo per la città e in periferia, ignari del pericolo che corrono non solo di essere infettati loro, ma di infettare tante altre persone, mi sento in dovere di raccontare la mia storia, nella speranza che possa servire.

Ho 60 anni, e sono asmatico e broncolabile e inoltre soffro di rinite cronica. Tre malattie respiratore che però, almeno fino a poche settimane fa, con le dovute minime accortezze, non influivano minimamente sulla mia vita che era normale e tranquilla, a parte un paio di settimane all’anno in cui – in primavera e in autunno – la produzione eccessiva di muco e un successivo raffreddore mi costringevano alcuni giorni a letto fra le mure domestiche. Detto questo grazie a cure preventive di pastiglie per 60 giorni all’anno tutte le sere, non ho mai avito problemi e anche l’influenza mi colpiva di rado.

Da giovane mi chiamavano “Gipsy” cioé zingaro, per il mio modo di essere sempre a zonzo per la città, in giro e in ogni dove, ed era così fino a poco tempo fa, quando il Coronovaris era solo un virus che interessava la lontana Cina.

Malgrado la consistente presenza delle PM10 nel luogo dove abitiamo, infatti, ho sempre fatto una vita normale, con stretching mattutino, camminate, passeggiate in città e in periferia e, specie in primavera e d’ estate, percorsi in bicicletta. Poi viaggi e vacanze, soprattutto al mare, dove si respira aria molto più pulita che a Tortona.

La mia vita è cambiata gioco forza con l’arrivo del Coronavirus in Italia. Come dicono i dati e gli esperti virologi, chi ha tre patologie respiratorie, come il sottoscritto, in caso di infezione da Covid-19, visto il suo quadro clinico compromesso, ha alte probabilità di non farcela e quindi di morire. Ipotesi che arriva quasi alla certezza se non ci sono posti letto e – come sembra già – le tempistiche di ricovero non sono immediate.

Se poi si arrivasse all’emergenza assoluta con i sanitari costretti a scegliere chi intubare (e salvare) e chi invece lasciar morire, beh, è evidente che, vista l’età, il mio destino sarebbe già segnato.

Non ho paura di morire perché la mia vita, in gran parte, l’ho già vissuta e anche abbastanza bene. Quello che volevo fare, in fondo l’ho fatto: un lavoro che mi piace, una posizione sociale importante in città, una moglie, un figlio, tanti viaggi nel mondo, hobby, piccoli sogni realizzati e tanto altro ma, come dice mia moglie, oltre a procurare grande dolore alle persone che mi amano, c’è gente che ha ancora bisogno di me, sia dal punto di vista affettivo che lavorativo, per cui da oltre un mese e mezzo sono in quarantena volontaria.

Lavoro da casa (posso farlo per fortuna) ed esco dalla porta solo quando arriva qualche corriere e non c’è mia moglie che scende a ritirare il pacco. Quando succede entro in ascensore con maschera e guanti perché se qualcuno ha starnutito poco prima ed era infetto, rischio di prendere il virus.

A fare la spesa va mia moglie, munita di mascherina e guanti e tutta la merce che entra in casa, prima di essere maneggiata dal sottoscritto, viene passata con salviette antibatteriche.

Vivo in un appartamento, senza giardino e con due piccoli balconi e trascorro gran parte del tempo in una camera 3 metri per 4. Per chi ama passeggiare, viaggiare e la vita all’aria aperta, come piace a me, è una sofferenza, ma ho fatto di necessità virtù e mi sono abituato.

Abbiamo la grande fortuna di vivere in una società altamente tecnologica e grazie ad internet possiamo rimanere in contatto col mondo pur restando a casa. E’ straordinario ciòche è possibile fare tra le mura domestiche grazie a un pc.

E non serve neanche la televisione perché con Sky vedo i tg in onda sul computer e sempre sul pc posso vedere film, serie Tv e quant’altro.

Fino a quando durerà questa emergenza ho rivoluzionato la mia esistenza, facendo progetti diversi dai precedenti e realizzando quelle cose che da anni avevo intenzione di fare, come ad esempio digitalizzare videocassette vecchie di 20 anni fa, sistemare archivi fotografici, digitalizzare fotografie stampate da rullini e tanto altro. E’sufficiente un pc, un videoregistrare e uno scanner, tutta attrezzatura che ho già e utilizzo per il mio lavoro tra le mura domestiche.

Il tempo passa in fretta anche senza uscire di casa e, anzi, non riesco a portare a termine tutto: mi ero ripromesso di leggere qualche libro, ma proprio non ci riesco.

Soffro a stare in casa? Ovvio. Quando vedo il sole fuori che risplende e il tempo primaverile mi viene voglia di uscire, andare sul Castello oppure prendere la bicicletta e raggiungere strada Viola, Vho o Viguzzolo, ma poi mi fermo e penso. A quel punto prendo una sedia, vado sul balcone e guardo l’orizzonte, col sole che mi scalda il viso.

Tengo duro e resisto. Cerco di apprezzare la vita e quello che mi da giorno dopo giorno, perché ogni volta potrebbe essere l’ultimo.

Un tortonese Doc