La letteratura non è la matematica, ma una delle poche certezze in narrativa è che quando hai difronte un libro scritto da un giornalista o da uno scrittore di fantascienza sarai al cospetto di una storia, comunque sia, ben fatta, e che faticherai a smettere di leggere. La letteratura di fantascienza non vive un momento esaltante, ma il giornalismo ha schiere e schiere di giornalisti-scrittori che dimostrano sul campo l’assunto di questa verità. I giornalisti sono bravi a scrivere. Punto. E’ un dato di fatto. Qualsiasi giornalista che si metta a scrivere un libro di narrativa scriverà un’opera degna di rispetto. Se poi questo giornalista è anche un’amante della fantascienza…

“Storie” di Angelo Bottiroli (appassionato di Isaac Asimov) è un libro di racconti brevi. I racconti sono lunghi in media quattro o cinque pagine. Ogni racconto ha come titolo il nome del protagonista del racconto stesso e ogni storia affronta un sentimento. “La paura”, Maria Teresa e Giusy. “L’angoscia”, Enrica e Mimmo. “L’intraprendenza”, Patrizia e Johnny. “La perseveranza”, Graziella e Luisa. “La debolezza”, Daniela e Carlo. Per ogni sentimento viene offerta al lettore una definizione, un calembour. L’angoscia: “L’angoscia nasce dal nostro inconscio, si impossessa di noi e rimane latente, per poi emergere nelle occasioni che meno ci aspettiamo”.  L’intraprendenza: ”L’intraprendenza è agire dove altri starebbero fermi perché non sanno cosa fare o come muoversi”. La rabbia: “La rabbia nasce dall’impotenza di agire difronte a qualcosa che riteniamo ingiusto”.


I racconti si leggono d’un fiato. Ed è quasi increscioso. Stai lì, e pensi: “Ma guarda come si leggono bene, questi racconti”. Come sono belli. E quante cose innegabilmente giuste dicono. Fanno quasi rabbia. Perché stai lì, e potresti berti qualsiasi cosa pensando che sia vera, e giusta, e in forza solo di una prosa rintoccante, scoppiettante, avvolgente.

Come quando leggi: “Il sole non era ancora alto in cielo ma lui aveva già effettuato tutte le incombenze del mattino: portato fuori il cane, fatto i suoi tre chilometri di corsa, le figlie a scuola e salutato la moglie che andava al lavoro”. Esiste una frase più deliziosa, nella sua semplicità? E poco importa che “portare fuori il cane” o “salutare la moglie” siano o non siano davvero una “incombenza” – per alcuni potrebbe essere un “piacere”, ad esempio. E poco importa anche mettersi lì a fare deduzioni sugli orari in cui queste azioni (piuttosto impegnative e molto diverse tra loro) possano essere state compiute. Se porti le figlie a scuola, le lezioni cominciano alle 8 e 30. Però, se abiti lontano, devi partire almeno per le 8.00 o le 8.15. Potrebbe anche darsi che abiti a cinque minuti dalla scuola. Ma allora, perché accompagnarle, le bambine? Potrebbero andare da sole, le figlie. Ne deduciamo che devono essere molto piccole. Prime classi delle scuole elementari o addirittura la materna. In ogni caso, “portare fuori il cane” e “fare tre chilometri di corsa” sono azioni compiute prima delle 8 e 30, se non 8 e 15 o addirittura 8.00. “Portare fuori il cane”, poi, quanto tempo porta via? Mezz’ora? Un quarto d’ora? E “fare tre chilometri di corsa?”? Be’, dipende dal tipo di “corsa”, anche. Se è corsetta da corsa campestre o corsa da centometrista. Così, insomma, ma quand’è che quest’uomo si è svegliato per fare tutte queste cose impegnative prima di accompagnare le figlie a scuola… e in tempo per tornare a casa e salutare la moglie che sta andandosene al lavoro? E che orari ha la moglie? Forse comincia alle 9.00. Forse ha uno di quei lavori dagli orari flessibili…

Ma appunto, il bello di questi racconti è che sono scritti talmente bene che tutte queste domande uno non se le fa minimamente. Legge spedito fino alla fine gustandosi una storia breve fatta di fatti, idee, sentimenti e tante emozioni.

Angelo Bottiroli è un giornalista (Direttore di “Oggi  cronaca”, ex-giornalista per il Gruppo Espresso) e come scrittore locale Angelo Bottiroli è bravo, in gamba, assolutamente non retorico, ma senza nemmeno essere cinico. Non è facile trovare libri di “scrittori locali” (una categoria di scrittori precisa e forse ormai un po’ romantica) ben fatti e di buona fattura come questo.

Marco Candida