argento - qLa lavorazione dell’argento, in casa nostra, è stata fino a pochi decenni or sono, una fonte economica non indifferente. Le piccole fabbriche hanno avuto in catalogo tanti prodotti, eppure qualcuno ha saputo imporre i suoi pezzi unici, davvero con un magico tocco d’arte. I fortunati possessori se coscienti difficilmente se ne disfano

Passando dietro la Chiesa di Santa Maria di Castello non è possibile dimenticare un laboratorio d’argenteria artistica, attiva attorno la seconda metà degli anni 60, precisamente in via S. Ubaldo, all’allora numero civico 19.

Gli oggetti in questo tipico metallo prezioso, usciti dalle mani dei pochi dipendenti, sono stati un inno all’arte, più dell’artigianato.

L’ideatore di questo scorcio, ormai lontano nel tempo, è stato Pietro Pasotto, fondatore, di professione argentiere. Osservando da vicino gli oggetti prodotti, ben si comprende l’abilità del titolare, quale arguto ricercatore, amante di oggetti inediti, concretizzati su schizzi, disegni, scaturiti dalle menti di artisti, non necessariamente  famosi.

Pietro, più della Fama, si mette sulla scia per andare alla ricerca dell’abilità, dote non comune, per scegliere i migliori collaboratori, gli schizzi concretamente realizzabili, seppur per la minuta quantità; del resto gli spunti trovati necessariamente devono essere sostenibili per la produzione, a costi non eccessivamente elevati.

Un compito di per se già complesso, a cui bisogna aggiungere la previsione per la potenziale richiesta del mercato; una situazione complessa, egregiamente superata dalla sua inclinazione rivolta più all’arte, piuttosto del tornaconto.

Il commercio, in primo luogo, è basato sulla convenienza o meno all’acquisto, poi se il caso, un po’ di riguardo alla regola d’arte, non guasta, anche se chi compra è sempre più esigente.

Chi ha lavorato con Pasotto, a quel tempo, si è dimostrato più amico di dipendente. L’argento, acquistato in granuli, è fuso nel crogiolo: poi, iniettato in cilindri di gesso, contenente elementi chimici speciali, precedentemente preparati. La preparazione consiste nel preparare la forma da fondere in cera la quale, ricoperta con gesso, immessa nei forni, si scioglie. Resta l’involucro, vuoto all’interno, a forma cilindrica, ad accogliere l’argento fuso.

Dalla successiva frantumazione del cilindro appare una manina, … ecco un volto. ora un braccino, … insieme assemblate dagli abili argentieri, assume la forma definitiva dell’oggetto da comporre.

Il lavoro di un bravo cesellatore completa il pezzo. I suoi ferri s’insinuano negli interstizi più deboli per essere rimarcati, con un  aspetto più profondo, proprio per ravvivare quelle parti poco impresse in fase di fusione, di saldatura, di assemblaggio, quindi non uscite perfette.

L’ultima fase, precedente la spedizione, è l’argentatura, quindi, la confezione.

Gli oggetti, così prodotti, hanno girano per l’Italia in cerca di acquirenti. Esposti poi nelle migliori gioiellerie hanno trovato la definitiva sistemazione in un elegante appartamento, meglio nello studio di un professionista.

Della produzione si ricordano due statuette denominale pipì e popò: due esemplari magnifici, raffiguranti un bimbo intento a far pipì, l’uno; l’altro di una bimba, seduta sul vasino, in atteggiamento da far popò.

1 due pezzi, venduti separatamente, spiccano sul basamento di pregiato marmo color verde. Un altro, raffinato fermacarte, raffigura un cane, dal lungo pelo. in concentrata posizione di ferma.

Accanto agli oggetti descritti, dalle mani magiche degli argentieri, sono usciti candelabri, bugie. ecc…. tutti con un distinto tocco di raffinata eleganza, specchio di una tipica corrente artistica, dagli inconfondibili segni distintivi.

Perché non ricordare le automobiline in argento? E le loro diverse dimensioni? Dalla più piccola alla più grande: dal portachiavi, al soprammobile: tutti di raffinata fattura, alcune con parti dorate, una precisione d’altri tempi, ben lontana dal trambusto del ritmo di oggi.

Chi produce, salvo qualche eccezione sempre più introvabile, tende al guadagno. Anzi  al lauto guadagno, quindi ad impegnare meno tempo nel manufatto; con tali propositi, se il prodotto è richiesto si continua nella lavorazione, diversamente la sua fortuna cessa immediatamente, per quanto magnifico possa essere. Sarà Gusto? Ma! Una cosa è certa: oggetti di siffatta raffinata eleganza sono sempre più rari, un po’ per il tempo, sempre più prezioso; un po’ la certosina pazienza sempre meno disponibile. Insomma fattori importanti tali da assottigliare la volontà degli imprenditori, forse manchevoli di sensibilità, magari di scarsa fantasia.

                                                                           Franco Montaldo


27 dicembre 2015