sicula QSi intitola “Feliscatus dal 1970 a Modulo 4” la nuova mostra che si inaugura, oggi, domenica alle 17 presso la 11DREAMS Art Gallery in via Rinarolo, 11/c la nuova mostra del pittore Gaspare Sicula.

Di cos si tratta ce lo spiega l’artista stesso in un un suo intervento che pubblichiamo in esclusiva.

“Su una tela di 90 x 60 centimetri – scrive Gaspare Sicula – avevo cominciato a dipingere una o forse più figure di impiccati. Non essendomi mai capitato di vedere un impiccato dal “vivo”, mi risultava difficile rendere pittura veritiera e credibile ciò che avevo immaginato; l’anatomia del collo, magari spezzato in conseguenza del peso e dello stiramento, e l’espressione facciale di chi muore per quel tipo di trauma e soffocamento, avevo cercato di costruirle con la deduzione. Al cinema sì (in televisione no, allora assai puritana e censoria), si vedevano le impiccagioni, ma chiaramente si capiva che era una rappresentazione. Nell’impossibile verità, in questo caso (l’incontro ravvicinato con la forca non era l’urto di un pugno che poteva, per sbaglio, realmente avvenire), di una finzione filmica, s’intuiva l’imbracatura al torace, se ne vedevano persino i segni sotto le camicie in certi film girati velocemente e curati poco. La sceneggiatura a volte prevedeva che a qualcuno venisse tolta la vita con la corda al collo, soprattutto nei western, era un classico questo tipo di condanna per i ladri di cavalli.

Avevo sette o otto anni quando, dalla strada nella quale mi trovavo, di ritorno a casa dopo essere stato a giocare, coricato su un cartone, in uno scivolo di terra battuta che precipitava, gibboso e ripido, verso un loquace canneto quasi sempre frustato dal vento, vidi, attraverso una porta di legno biancastro seccato dal sole, socchiusa e triste, nell’illuminazione debole e priva di voce dell’interno, disteso sul pavimento di pietre e terra, con la testa verso l’uscio, un asino. Morto, pensai. Era vegliato dai padroni, un uomo e una donna, lui da un lato, lei dall’altro, seduti su due sedie impagliate. Il dolore che proveniva dallo spiraglio era uguale a quello che ci sarebbe stato per un componente umano della famiglia, giacché tale era l’asino – anche nella condivisione dello spazio domestico degli umani –, oltre ad essere mezzo di sussistenza per muoversi negli spostamenti per la campagna, forza motrice per il carretto. Quello o quegl’impiccati che avevo dipinto li trovavo corpi rigidi appesi, insignificanti nella postura e nell’espressione, per cui un giorno decisi di cancellare completamente quanto avevo fatto. Era il 1974, non avevo ancora vent’anni.”

La mostra rimarrà aperta fino al 19 luglio da martedì a domenica dalle 16 alle19.

21 giugno 2015