digestato - iEgregio Direttore,
per il 19 giugno è stata convocata la seconda Conferenza dei Servizi, relativa all’autorizzazione di spandimento del digestato sui territori di ben 8 Comuni del Tortonese. Poiché si tratta di autorizzazione unica ai sensi dell’art. 208 comma 6) D.Lgs. 152/2006 e s.m.i., ogni autorizzazione rilasciata all’ Azienda agricola richiedente, da parte degli Enti e Servizi Provinciali interessati dovrà essere integrata nel provvedimento autorizzativo ai sensi dell’Art. 208 D. Lgs. 152/2006 e s.m.i..
Avevo precedentemente invitato i Comuni interessati a riflettere sull’argomento, con la mia precedente lettera in redazione che metteva in luce alcuni aspetti potenzialmente critici. Ora, una più approfondita analisi della materia (anche sotto l’aspetto burocratico-amministrativo) mette in risalto una ulteriore, possibile, obiezione.

Quel parametro chiave evidenziato in sentenza dal TAR
Gli impianti di potenza termica nominale complessiva inferiore o uguale a 3 MW alimentati a biogas di cui all’Allegato X alla Parte Quinta del D.Lgs.152/06 e s.m.i., pur essendo “scarsamente rilevanti” in termini di inquinamento atmosferico, in quanto rientranti nell’elenco degli impianti ed attività di cui all’articolo 272 comma 1 dello stesso decreto, sono comunque tenuti al rispetto di taluni valori.
Le emissioni provenienti dai motori a cogenerazione devono rispettare i seguenti limiti di emissione:
Polveri 10 mg/Nm3
Composti organici volatili (espressi come Carbonio Organico Totale) 150 mg/Nm3
Ossidi di azoto (espressi come NO2) 450 mg/Nm3
Ossidi di zolfo (espressi come SO2) 350 mg/Nm3
Monossido di carbonio 500 mg/Nm3
Composti inorganici del cloro (espressi come HCl) 10 mg/Nm3
Questo aspetto è stato, recentemente, oggetto di una pesante controversia venutasi a creare tra una società agricola, titolare di Autorizzazione Integrata Ambientale rilasciata dalla Provincia di Novara e l’Ente stesso, che attraverso una determina ha emesso diffida verso l’impresa (precedentemente autorizzata) dal continuare ad esercire l’impianto, essendosi constatato lo sforamento del limite di emissione in atmosfera; una accesa diatriba sfociata in un ricorso al TAR Piemonte.

Cosa può essere mai successo, di così grave? E’ presto detto: ultimata la realizzazione dell’impianto, attivato il medesimo, effettuata una prima campagna di autocontrolli a cura dell’azienda agricola ed inviati i relativi risultati ad ARPA, così come prescritto nell’AIA, la Provincia è pervenuta all’adozione del provvedimento, a mezzo del quale ha diffidato la ricorrente dal continuare ad esercire l’impianto essendosi constatato lo sforamento del limite di emissione in atmosfera riferito al carbonio organico totale “COT”, limite fissato in 150 mg/ Nm3, ma nella specie accertato in 575,2 mg/ Nm3: in motivazione, il provvedimento richiama il parere del Ministero dell’ambiente e della tutela del mare e del territorio di cui alla nota DVA 2012-0025033 del 10/10/2012, nel quale si legge che “Il riferimento al “COT (carbonio organico totale)” senza altre specificazioni porta ad escludere che si possa intendere come “COT escluso metano”. Ad ulteriore conferma si osserva che i due metodi indicati nel Dlgs 152/2006 per il rilevamento delle emissioni di Cot, ovvero Uni En 12619-2002 e Uni En 13526-2002, consentono di determinare il totale del carbonio organico in forma gassosa mediante un rilevatore a ionizzazione di fiamma (FID) indipendentemente dalla presenza o meno di metano”. [Sentenza Tar Piemonte 9 ottobre 2013, n. 1046]

La sentenza pronunciata da parte del Tribunale Amministrativo evidenzia un aspetto estremamente delicato della materia: la prima sezione del Tar del Piemonte, intervenendo in questo contenzioso tra Provincia di Novara e la società biogassista, ha chiarito che il parametro di emissione massimo consentito di COT (150 mg/ Nm3) deve intendersi comprensivo del metano in quanto esso è inequivocabilmente un composto organico e determina emissioni inquinanti a causa del suo elevato contributo all’effetto serra.

Difficilmente, tra le centrali in esercizio, ne esiste qualcuna capace di rispettare i limiti di emissioni di COT di 150 mg/ Nm3 se si include il metano.
Tutte le regioni (tramite le Arpa) hanno “interpretato” che i COT escludono il metano ma il TAR, con questa sentenza, pare dargli torto, e tutte le centrali a biogas sarebbero, di conseguenza, fuori dai limiti di legge. La sentenza ha chiarito in maniera inequivocabile che il parametro di emissione massimo consentito di COT (150 mg/ Nm3) deve intendersi comprensivo del metano.
Essendo la pronuncia del TAR recente, appare destinata a rappresentare un indirizzo di giurisprudenza di non poco peso per il futuro, ma anche per il presente. Dunque, sulla base di questa sentenza, tutte le centrali già in esercizio diventerebbero fuori legge?

Ritengo che i valori di emissione COT delle centrali a biogas, anche di piccole dimensioni e già autorizzate andrebbero valutati e riesaminati.
In questo caso specifico, erano stati presentati agli atti, in sede di Conferenza dei Servizi?

Nei siti tematici dedicati al biogas, l’argomento fa discutere. L’unico modo per rispettare tale limite pare sia quello di montare nell’impianto un “post combustore rigenerativo”. Nient’altro che un ulteriore bruciatore di metano, che presenta però due grandi inconvenienti: il primo, in termini di costi, pari a circa 150 mila euro; il secondo, in termini di efficienza, poiché ridurrebbe la quantità di energia elettrica prodotta.

Ovviamente, in assenza di obiezioni sollevate dai Comuni che ospitano gli impianti, nessuno avrebbe interesse a montarlo, poiché si spenderebbe di più, e si guadagnerebbe di meno.
Se però fosse esplicitamente richiesto per rientrare nei limiti previsti dalla norma lo si dovrebbe fare. E questo è un settore delicato, nel quale entrano in gioco quegli equilibri, su piani spesso “mobili”, dove si intersecano l’operato della classe politica e quella burocratica…

Annamaria Agosti


13 giugno 2014