Un’intercapedine sotto il terrazzo rivolto verso la vallata, difficile da scorgere. Questo il nascondiglio dove, secondo quanto accertato dai Carabinieri, Alfonso D’Ursi aveva rinchiuso la convivente dopo averla imbavagliata e legata mani e piedi ad una sedia con l’intento di commettere chissà quale gesto.

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L’abitazione in cui è avvenuto il fatto

L’abitazione in cui viveva la coppia, insieme al figlio di 12 anni, infatti, sorge in un luogo abbastanza isolato, lungo una stradina secondaria, fuori dal centro abitato di Vho e questo apre ulteriori dubbi su ciò che sarebbe potuto accadere se non fossero subito intervenuti i carabinieri di Viguzzolo liberando la donna dalla prigione in cui era stata messa contro il suo volere.

Da ieri in città non si parla d’altro e i tortonesi sono rimasti esterrefatti di fronte alla notizia di cronaca che ha visto protagonista un uomo di 47 anni, apparentemente normale come Alfonso D’Ursi, perdere la testa e rinchiudere la compagna dentro un’intercapedine della casa.

Un gesto estremo che ha colto di sorpresa un po’ tutti e soprattutto le poche persone che in zona conoscono l’uomo e non riescono a spiegarsi come abbia potuto commettere una simile violenza.

Abbiamo parlato di poche persone perché la coppia, nella frazione in cui abita da qualche anno, cioè a Vho, è poco conosciuta e fa una vita piuttosto ritirata.

La donna è più conosciuta a Viguzzolo dove lavora come dipendente in un bar del centro, vicino alla caserma dei carabinieri.

E’ proprio lì che vedendo ogni tanto il comandante dei militari, si è sfogata raccontando a lui, oltre che alla sua collega di lavoro, il disagio che stava vivendo a livello familiare.

La 42enne non è entrata nei particolari della sua vita privata “tuttavia – dice il comandante dei carabinieri di Tortona Roberto Ghiorzi – è stato l’aver manifestato i suoi problemi a salvarla e a consentirci di intervenire subito. Non mi stancherò mai dire quanto sia importante parlare con le forze dell’ordine, segnalare episodi poco chiari, raccontare anche il proprio disagio familiare, in modo che possiamo drizzare le antenne e metterci nelle condizioni di intervenire anche con provvedimenti preventivi prima che sai troppo tardi e si raggiunga il punto di non ritorno”.

Un discorso quello del capitano tortonese, che lui stesso aveva già fatto alcuni mesi fa, in occasione di un convegno sulla libertà della donna, pochi giorni dopo il suo arrivo a Tortona.

Un discorso importante che ripete volutamente adesso, insistendo sulla necessità di non lasciare sole le donne in difficoltà, ma aiutarle ad aprirsi e comunicare il loro disagio.

Parlare come ha fatto la convivente di D’Ursi che è stata liberata proprio perché alcune persone vicino a lei erano a conoscenza della situazione che stava vivendo e sono tempestivamente intervenute, salvandola.

 18 febbraio 2014