Natale Spineto, professore di storia delle religioni all’Università di Torino, terrà due lezioni all’Unitre di Arquata, il 5 e il 12 aprile 2013, alle ore 21, presso la sala polifunzionale JUTA. Tratterà dei simboli nelle religioni, soffermandosi principalmente sull’ebraismo, sul cristianesimo, sull’Islam, sulle religioni dell’India e dell’Estremo Oriente. Sull’argomento ha pubblicato, nel 2005, il volume “I simboli nella storia dell’uomo” (Jaca Book, Milano 2002), tradotto in cinque lingue. Gli abbiamo posto qualche domanda sul tema del suo corso.

Qual è il rapporto fra simboli e religioni?

Ogni religione è un sistema di simboli. E ogni religione ha un modo particolare di porsi in rapporto ai simboli: nell’ebraismo e nell’Islam, per esempio, il simbolo deve fare i conti con una diffidenza fondamentale nei confronti delle immagini; l’induismo, all’opposto, presenta una produzione di immagini lussureggiante. I simboli sono strumenti che servono all’uomo per esprimere il suo rapporto con quello che chiamiamo il sacro. Alcuni di essi sono presenti dappertutto, come l’acqua; in generale comunque ogni religione attribuisce ai simboli significati particolari.

Perché parlare oggi di simboli? Qual è il loro interesse per una persona odierna?

Oggi come ieri i simboli fanno parte della nostra vita. Anzi, sono aumentate le occasioni di usarli, perché è cresciuto in modo esponenziale lo scambio d’informazioni. Ognuno di noi può avere rapidamente informazioni sui simboli delle civiltà più lontane – basta dare un’occhiata a google immagini – inoltre si sono imposti fenomeni come la pubblicità, che di simboli si nutre. Si pensi alla diffusione della croce ansata, il simbolo della vita egizio, anche semplicemente nella gioielleria; si pensi a quanti simboli sono presenti nei tatuaggi che oggi sono così di moda, oppure al fatto che per qualunque cosa si cerca di escogitare un “logo”. In tutti questi casi abbiamo a che fare con simboli, anche se non ce ne accorgiamo.

I simboli hanno anche un valore sociale?

Tramite il simbolo, un gruppo può trovare qualcosa di comune, di condiviso, verso il quale convogliare le proprie emozioni. Un esempio è la bandiera. Proprio per il suo valore emozionale gli eserciti marciano dietro la bandiera, quando vanno in guerra. Ma ciò che è segno di appartenenza per una comunità è contemporaneamente un segno di divisione rispetto ad altre. E la stessa bandiera che per un gruppo sociale è sacra, da un altro può essere esecrata e magari bruciata pubblicamente. In un caso e nell’altro, al simbolo è assegnata una grande carica emotiva. Per questo viene talvolta usato e manipolato. Così avviene negli stati totalitari, che hanno un imponente apparato simbolico.

 4 aprile 2013