I lavoratori del Centro Paolo VI hanno dato mandato alla CGIL di verificare con l’ufficio legale la possibilità di procedere legalmente nei confronti dell’ azienda, di mettere in campo una serie di iniziative che portino all’evidenza della pubblica opinione e degli utenti della struttura l’arroganza e la superficialità dell’azienda nei confronti dei lavoratori e di chi li rappresenta. Il motivo del contendere è molto semplice: il 15 Ottobre scorso è stato sottoscritto l’ accordo collettivo nazionale per i centri di riabilitazione e le Residenze Sanitarie Assistenziali che non è stato firmato dalla Cgil. A Casalnoceto, però i lavoratori sono tutti della Cgil, per cui dopo un’assemblea dei lavoratori i sindacati hanno chiesto un incontro con l’azienda per chiedere la non applicazione del nuovo accordo e aprire un tavolo aziendale per trovare la soluzione dei problemi condividendoli con i lavoratori della propria azienda. “Per tutta risposta – dice Francesca Voltan della Cgil – l’azienda ha provocatoriamente deciso di applicare il nuovo contratto a partire da gennaio 2013 facendo intendere che il confronto lo avrebbe fatto con i firmatari del contratto, cioè CISL e UIL che ad oggi non hanno rappresentanza in azienda, poichè la maggioranza dei lavoratori è iscritta con delega alla FP CGIL.”

LE INIZIATIVE DI LOTTA

l’assemblea dei lavoratori ha deciso lo stato di agitazione. La prima iniziativa è prevista per il giorno 15 dicembre con una giornata di sciopero, volantinaggio e presidio davanti alla struttura, poi proseguirà con assemblee dei lavoratori e ulteriori scioperi fino a quando l’azienda non modificherà il suo atteggiamento e si siederà al tavolo delle trattative con l’intento di capire e trovare soluzioni ai problemi che i lavoratori hanno evidenziato.

“Chiediamo a CISL e UIL – conclude Francesca Voltan – quando la smetteranno di dare sponda alle aziende, dando loro la possibilità di scegliersi di volta in volta l’interlocutore a loro più comodo e di ricercare legittimità dalle aziende e non dai lavoratori, in un momento in cui la crisi mette in ginocchio le famiglie e la politica non da risposte concrete ai temi del lavoro e della crescita, ci sarebbe bisogno di un movimento sindacale forte e unito, in grado di stare vicino ai lavoratori e sostenerne le loro istanze.”

 

I motivi per cui non è stato firmato l’accordo sono: la trasformazione e quindi l’ allungamento dell’orario di lavoro da 36 a 38 ore settimanali a parità di salario, e la diversificazione del trattamento delle indennità di turno tra nuovi e vecchi lavoratori , che a parità di mansioni percepiranno meno salario. La quasi totalità dei lavoratori si è espressa in maniera contraria all’accordo, chiedendo ai sindacati di non firmarlo e di mettere in campo iniziative per modificare almeno i due punti sopra esposti.

 7 dicembre 2012