Qual è il senso di una commemorazione storica, benché di rilevanza nazionale come il 25 aprile, per un adolescente di oggi? Quale può essere la percezione della generazione a cui appartengo del senso di sacrificio, dell’oppressione politica, della violenza della guerra? Ogni anno questa ricorrenza viene celebrata con convegni, manifestazioni, discorsi, cui partecipano personaggi politici dei diversi partiti e rappresentanti delle Istituzioni, intellettuali e gente comune, ma noi, i ragazzi, come possiamo interpretarne il ricordo, al di là di ogni retorica e del Tempo che passa, infido, e che sembra sfumare anno dopo anno, mese dopo mese, giorno dopo giorno il peso, e il valore, di quello che è stato?

Per il “nostro” 25 aprile di quest’anno, all’I.I.S. Marconi di Tortona, i nostri professori hanno voluto qualcosa di diverso. Niente celebrazioni (il Covid livella più e peggio del Tempo) e neppure una lezione di storia tradizionale, ma una “chiacchierata”, un incontro molto sereno e non per questo meno vibrante, con qualcuno che ha dedicato una vita di studi e di ricerche a tenere vivo il senso ed il ricordo  delle azioni e delle esistenze di chi la libertà l’ha conquistata per sé ….e per noi.


Così, questa mattina, 22 aprile 2021, come facciamo da tempo, i miei compagni ed io, oltre ai “veterani” delle classi 5^, ci siamo alzati, abbiamo fatto colazione, abbiamo acceso il computer per collegarci con chi ci aspettava: due ragazzi, due giovani, così lontani da noi nel tempo, nella storia, nelle circostanze, che attraverso le parole e le pagine di Maria Grazia Milani, ci hanno raccontato la realtà di una guerra che hanno combattuto, per la quale uno di loro, Mario Macagno, partito volontario a soli diciotto anni, ha  sacrificato la vita .

Il 22 giugno di quest’anno, si celebra l’ottantesimo anniversario della Campagna di Russia, con la quale Hitler attaccò l’URSS, alla ricerca dello “spazio vitale” verso est.  L’Italia lo seguì poco dopo, con la promessa: “La guerra finirà in due mesi, massimo tre”.                                              
Nel suo ultimo libro, “Campagna di Russia”, la dott.ssa Milani fa rivivere la storia dell’Operazione Barbarossa, tramite i diari di Giovanni “Nanni” Gulminetti di San Sebastiano Curone, autiere della Divisione Pasubio, e il carteggio del Caporal Maggiore  Mario Macagno di Tortona, marconista del Corpo di Spedizione Italiano in Russia (CSIR).  Dopo aver letto in classe alcuni estratti del libro, io ho avuto il compito di intervistarla:

Leggendo l’ultimo suo libro, mi ha colpito un brano del diario di Gulminetti: raccontava di quando gli italiani, appena arrivati in Russia, vennero scambiati per nemici e attaccati dai tedeschi, presi dal panico. Mi ha fatto riflettere questa logica del “nel dubbio, se mi sento minacciato, sparo”, perché mi sembra ancora attuale, soprattutto adesso, in periodo di pandemia: mi pare che ci facciamo tuttora guidare dalla paura. Cosa ne pensa lei?

M.G.Milani  – I tedeschi avevano attaccato gli italiani, scambiandoli per nemici, anche perché, pochi giorni prima, dopo aver catturato dei russi, si erano fatti ingannare: i prigionieri, non bene riconoscibili dalle uniformi, si erano finti alleati, perciò erano stati  liberati. Subito dopo, però, fecero fuoco.

 La realtà è che la paura ha sempre fatto brutti scherzi: bisognerebbe affidarsi alla razionalità. Pensiamoci e ragioniamo, anche quando sembra difficile, perché da “spaventati” non si fa nulla di buono.

Come vede i giovani di oggi nelle battaglie attuali? Le sembriamo agguerriti e determinati come lo erano i partigiani ai tempi, oppure trova che non siamo poi così impegnati, nelle sfide della nostra generazione?

M.G.Milani  – Prendo sempre come esempio Greta Thunberg: non si può certo dire che la vostra generazione non si stia mobilitando per ciò in cui crede, ed è bene che siate impegnati nelle sfide ambientali per salvare il nostro pianeta e il vostro futuro. Vi vedo convinti: non smettete mai di lottare. Prendete sempre posizione e non rimanete indifferenti davanti al “ male”, mai! Combattete. Non omologatevi alla massa, se va nella direzione sbagliata. Pensate ai Giusti della Shoah, che misero a repentaglio la loro vita per salvare gli ebrei destinati ai Lager.

Io credo fermamente che, soprattutto in questo periodo storico e in questo contesto culturale, la lotta non debba essere esclusivamente fisica, ma anche combattuta tramite la parola, la cultura, il dialogo e il dibattito: penso infatti che il suo lavoro la renda sostanzialmente una partigiana. Lei si ritrova nella definizione di partigiana? Crede in questo doppio modo di essere partigiani?

M.G.Milani  – Assolutamente sì: io sono partigiana. Sono partigiana perché per me è fondamentale denunciare e opporsi  sempre alle ingiustizie.

Lidia Rolfi, giovane staffetta partigiana, catturata dai tedeschi e deportata a Ravensbrück, alle compagne internate nel campo di sterminio, era solita raccomandare di non arrendersi mai di fronte alle prevaricazioni e alle violenza dei Kapo: “preservare la propria dignità di fronte al nemico é  come fargli un dispetto” E quando la dignità ti viene tolta cosa fai? Lotti per riprendertela.

Ovviamente, anche tramite il pensiero e la parola: si pensi ad Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, condannati al  confino dal regime fascista, i quali nel 1941,  mentre infuriava la seconda guerra mondiale, diedero vita al “Manifesto per un’Europa  Libera e Unita”, affinché in futuro non ci fossero più conflitti tra gli Stati europei. Sulle loro idee è nata l’Unione Europea, nella quale viviamo oggi.

Ho però notato un aspetto negativo della lotta tramite la parola, specialmente sui social: spesso, vengono eliminati o limitati i profili di soggetti considerati nocivi, con la scusa che, così facendo, si prevengano eventuali danni. Eppure, non erano i nazisti a bruciare i libri? Non le pare che questo atteggiamento, supportato e accolto con molta gioia anche da chi si definisce antifascista, sia un po’ troppo autoritario? Non sarebbe meglio educare, cosicché le ideologie pericolose possano venir confinate dal semplice buon senso e un po’ di cultura?

M.G.Milani  – Sono perfettamente d’accordo, perché chi ha bruciato i libri ha poi instaurato una dittatura: ecco i soggetti pericolosi. Lasciamo che ci sia dibattito, e che si ignorino quelle persone con cui non si può ragionare. Tanto, parlino pure quanto vogliono: le loro idee, se sono insensate, tali alla fine si riveleranno. Il buon senso trionferà”. La cultura fa la differenza!

Vorrei concludere in modo un po’ più leggero con qualche parola sulla Val Curone, luogo nel quale ho il piacere di avere le mie radici. Cosa l’ha spinta a documentarsi e a scrivere così tanto su questo territorio?

M.G.Milani  – “Semplicemente  perché anch’io vengo dalla Val Curone: ho trascorso oltre cinquant’anni in Valle. Trascorrevo i mesi estivi a Montecapraro, vicino a Caldirola, questo lo dico per chi non conoscesse i paesini del nostro appennino, ricchi di una storia che affonda le proprie radici in un passato lontano. Ho imparato a conoscere la storia antica e moderna del territorio, intervistando le persone per strada, chiedendo loro aneddoti e racconti di fatti di cui erano anche stati protagonisti o di cui avevano sentito parlare: da quei momenti di incontro e da quelle storie nascono i miei lavori.

L’intervista è finita. La Dott.ssa Milani ha risposto  con pacata serenità a tutte le mie domande, ma dalle sue parole trasparivano emozioni profonde, che ci rivelavano, nel racconto di quella che è stata l’esperienza in Russia di Nanni Gulminetti e di Mario Macagno, il dramma di chi in guerra ha dovuto andarci per forza, vivendone in prima persona tutto l’orrore e l’assurdità, di chi invece ci è andato come volontario, fermo nel proprio ideale, ed ha incontrato la morte, ma anche di chi in Russia  ha trovato umanità e ristoro nei gesti “normali” dei contadini “nemici”, di chi nel suolo russo ha trovato una tomba anonima, o ancora di chi, tornato dall’inferno bianco, ha deciso di dare una svolta al destino e di unirsi ai partigiani. E a noi ragazzi non resta che respirare a fondo questa libertà che ci è stata regalata, che dobbiamo imparare a riconoscere nei gesti e nelle decisioni di tutti i giorni, perché, come ci ricorda Jean-Paul Sartre, “ ….nous sommes nos choix”, noi siamo le nostre scelte, sempre.

 Lucrezia TETI1AR – Amministrazione Finanza e Marketing I.I.S. G. Marconi