La nuova raccolta di racconti di Maria Marmo dà voce alle infinite sfaccettature dell’essere umano e del reale

Con google maps la ricerca è semplice. Basta digitare “Via Foria 58”e ci si ritrova rapidamente a Napoli in una grande via con scuole, farmacie e tabaccherie. Una via affollata, pulsante, della metropoli partenopea.

A darci però la misura di quella via è l’ultimo lavoro della scrittrice Maria Marmo  intitolato, appunto, “Via Foria 58” edito da Homo Scrivens nel 2020.

I protagonisti si avvicendano in questa, a dir poco unica, raccolta di racconti e il lettore si lascia trasportare in un viaggio che a poco a poco prenderà sempre più forma e sostanza.

Si entra in punta di piedi nella casa dei ricordi di Rosa Musia e si comprendere che: “In tutte le case del mondo la gente cammina a piccoli passi e si muove smarrita perché sa di lasciarle”, si passa a osservare le ombre di ogni oggetto e a comprendere il confine tra luce e oscurità, tra follia e realtà, tra magia e scienza e si sentono assieme ad Asia le voci: “Le voci un poco cattive e un poco buone…sono loro che mi fanno paura ma anche compagnia”. E ancora la raccolta prosegue tra ricordi, pensieri e sguardi. Sguardi sì, sul passato, sull’oggi, sul domani, e la generosità di Maria Marmo trapela in ogni riga, in ogni singola parola.

La grande capacità della professoressa Maria Marmo arriva al lettore come in-segnamento profondo, sincero e si comprende, per esempio, che è bene “sorridere con indulgenza a sé stessi” come farà Ada che amerà le sue esperienze di bambina, adolescente e donna e saprà salutarle con delicatezza prima di dormire: “Ciao specchio che mi dai il volto ogni giorno. Ciao tetto che mi guardi incantato. Ciao guscio caldo di noce. Ciao casa”.

I cambi di prospettiva si alternano nei racconti della Marmo dandone spesso un risvolto nuovo, originale, a volte inaspettato. Si sente la penna magistrale dell’autrice, si sentono le parole cariche, scelte e poste con cura in ogni singola parte della narrazione ed è a questo che si deve quella straordinaria sensazione che riceve il lettore di totale coinvolgimento, di suspence, di attesa e di conforto finale.

Sorprende la sensibilità di Maria Marmo capace di grande empatia nei confronti dell’altro da sé. Lo si capisce dal trasporto con cui ogni voce di Via Foria 58 riceve dignità e spessore. Si entra per esempio nella vita di Aidha, di Alia, di Maria Marmo stessa e si coglie quel momento, quel frangente, a volte apparentemente banale delle loro vite, e come piccole tessere di un magnifico mosaico il disegno prende forma e si vede quella Via, Via Foria 58, che in tutto e per tutto rappresenta un pezzo di mondo, un pezzo di tempo, un pezzo di noi in tutta la nostra complessità e bellezza.

La lettura dei racconti di Maria Marmo rafforza, rende consapevoli e grati. Afferma Maria nella sua autobiografia narrata: “Il poeta Saba sosteneva che la poesia deve essere onesta, io aggiungo: deve denunciare. Io lo ho fatto in tutte le mie poesie, e mi è costato. Anche nei racconti, nel fondere realtà e fantasia, aderisco a questo mio diktat, anche quando il tono si fa surreale o fantastico”.

Maria Marmo osa, denuncia e ai tempi del Coronavirus afferma: “Occorre studiare la storia. Occorre umiltà. Non Hybris. Urgono graduatorie perfette. Prima la Vita, che il sangue pulsa nelle vene. Poi il Sole che tornerà a risplendere caldo. Poi i pargoli pronti a sorridere di niente. Poi i fanciulli che non amano parlare. Poi gli adolescenti increduli. Poi gli adulti confusi e ribelli. Poi i vecchi, i più deboli e indifesi. Indifesi? Non sempre. (…)”.

Francesca Patton

IMMAGINE IN ALTO DI VIA FORIA 58-60 TRATTA DA GOOGLE MAPS