Mattia Del Conte in arte TolKins è un musicista e compositore milanese. Classe 1990, studia canto alla Rock TV School con Max Zanotti e all’Accademia Nazionale della Voce con Leyla Tommasi. Inoltre ha studiato anche per dieci anni chitarra classica con Massimo Coratella e chitarra elettrica blues con Fabio Vitiello. Dopo aver militato in molti gruppi come Alabaster, Hijackers e The Remedy, nel 2010 firma il primo contratto discografico con la Rai quale cantante, chitarrista e autore degli Antigua e nello stesso anno si esibisce live, per LiveMi, in Piazza del Duomo a Milano. Nel 2011 arriva tra i cinquanta finalisti di Sanremo Giovani con il brano “Irraggiungibile” [https://youtu.be/JB_kyOz8bPs] e nel 2012 sempre con gli Antigua apre il tour italiano della popstar Anastacia, e inizia l’esperienza da DJ.

Da anni Mattia Del Conte è collaboratore del Sinergy Studio di Milano che si occupa di produzioni discografiche, colonne sonore e arrangiamenti. Ha collaborato con vari artisti nazionali e internazionali come Sandy Chambers, Richard J. Aarden, Danijel Kostic, Stendahl, e Livio Magnini (Bluvertigo) e il già citato Max Zanotti (Deasonika, Rezophonic) in veste di produttori. È tenore del coro gospel BlackinWhite e collabora con il collettivo milanese funk Body Heat come cantante e corista. Nel 2019 con il trio rock/electro Old Broken Radio firma un contratto discografico e di distribuzione con RTI Mediaset. Infine dal 2020 assieme a Richard Aardenburg ha fondato Room 1025, una creative music boutique che si occupa di music supervision e music composition per l’audiovisivo e ha pubblicato cinque singoli: “Sober” [https://youtu.be/e7lP5dOzdfA], “Everything will be ok” [https://youtu.be/ScsmAvO9Hss], “Big Yellow House”, “Mojito” [https://youtu.be/kLdiav6C0xY] e “Jamaica” [https://youtu.be/Kk8tIdIaLTI] scritti insieme a Sandy Chambers e Richard Aardenburg e prodotti da Livio Magnini,oltre a vantare tre collaborazioni internazionali con i dj Daniel Kostic(Svezia) e Stendhal (Russia). A seguire l’intervista di Oggi Cronaca, per la rubrica Oggi Musica, a TolKins.      


Mattia, come nasce e perché il tuo nome d’arte TolKins? In parecchi mi fanno questa domanda, forse sperando in una di quelle storie pazzesche che spesso vi sono dietro a tanti nomi ma in realtà la storia del mio nome d’arte non è tale. Io e il mio amico e collaboratore Richard Aardenburg eravamo in studio e stavamo pensando ad un nome da dare al nostro progetto. Ad un certo punto, dopo svariati tentativi vani di trovarne uno soddisfacente, Richard ha esclamato <<TolKins!>>. Mi è sembrato suonasse bene e così l’ho scelto.

Come ti descriveresti come persona e come artista? Sono una persona semplice e complicata allo stesso tempo. Nella vita sono estremamente curioso, mi piace andare a fondo nelle situazioni, scoprire ed approfondire. La semplicità è una caratteristica che amo in tanti ambiti, compresa la musica, perché dietro ad essa ci sono invero significati più profondi che vanno indagati. L’Oceano, ad esempio, se lo si guarda in modo superficiale non sembra profondo tuttavia basta andare al di sotto della superficie per rendersi conto di un universo.

Dal 28 dicembre è disponibile il digitale il tuo primo EP “Ain’t givin up”… Hai voglia di raccontarcelo attraverso ciascun brano in esso contenuto? “Ain’t givin up” è il mio primo EP da solista ed è nato dalla necessità di condividere il mio modo di guardare il mondo e di raccontare alcune storie. “Sober” parla di vita, di amore e tratta del come poter vivere le emozioni in maniera “sobria”, liberando se stessi da tutte le distrazioni che non permettono di vedere le cose lucidamente. “Jamaica” è invece un singolo ironico e spensierato che narra una storia d’amore nata e finita in un fine settimana. Insomma, un inno al carpe diem, il racconto di un weekend di follia tra un uomo e una donna, ambientato nell’isola caraibica, che vuole esprimere la bellezza di godere fino in fondo di ogni attimo dell’esistenza. E poi “Big Yellow House”,la grande casa gialla, un luogo immaginario quale una fantasticata casa su un’isoletta sperduta in mezzo all’oceano ove rifugiarsi nei momenti difficili, per ritrovare serenità e sentirsi di nuovo forti e capaci di affrontare la realtà. “Mojito”, un brano dai toni reggae, ironico e perfetto da cantare in spiaggia con il rumore delle onde in sottofondo. Il mojito, drink reso famoso da Hemingway, diventa la metafora della persona della propria vita, un equilibrio perfetto di elementi, unico e inimitabile solo se miscelato nel migliore dei modi. “Ain’t givin up” è un inno a non arrendersi e a non perdere la personale vera natura, crescendo, bensì vuole ricordare l’importanza che sempre hanno le emozioni, i piccoli dettagli e quei semplici momenti che possono fare la differenza e testimoniare chi si è davvero. Infine “Cold Words” ha quale focus un amore che sta finendo e come la sofferenza possa amplificare i sentimenti, aprendo gli occhi su quanto sia stata fondamentale colei/colui che si ha avuto al proprio fianco. Le parole, fredde come il ghiaccio e taglienti come coltelli, attraversano l’anima e arrivano al cuore.

Che non ti arrendi – citando proprio il titolo del tuo EP “Ain’t givin up” – è il messaggio che vorresti dunque trasmettere, e come invito da condividere ad ampio raggio, o “avvertimento” ad ogni possibile “attentatore”, od ancora piuttosto memo/proposito in primis auto-incentivante? Prima di tutto è un avvertimento a me stesso, di non smarrire mai la mia visione del mondo, di non perdere la voglia di scoprire e vivere appieno i momenti e le emozioni.

Hai affermato che l’EP Ain’t givin up” trasporta in un universo di spensieratezza, relax e “good vibes”. Cosa significa e cosa comporta ciò, ossia quali sono i connotati per l’appunto della spensieratezza e del relax, per te? Per me la spensieratezza è uno “state of mind”, uno stato mentale consistente nell’essere in pace con se stessi; significa svuotare la testa dai mille pensieri di tutti i giorni e trovare un istante di pace e positività. Ognuno ha il suo modo di farlo, anche solo disegnando un’immagine nella propria testa: la mia è una spiaggia, il cielo azzurro e il rumore delle onde in sottofondo.

Nella quotidianità sei un giovane uomo maggiormente razionale oppure istintivo? E quali pensi siano i punti di forza, e quali quelli di debolezza, rispettivamente del cuore e della mente? In generale sono molto razionale, ma ci sono dei momenti in cui mi piace agire d’istinto e lanciarmi nelle cose. Penso che pur in questo bisogna trovare una sorta di equilibrio… diciamo un “istinto razionale”. Quando si riesce ad agire razionalmente ma di cuore, si ha raggiunto un ottimo obiettivo! [N.d.R. sorride]

Dal 28 dicembre è disponibile sulle piattaforme streaming e in digital download altresì “Jamaica remix”, tuo <<remix del singolo che racconta una storia d’amore atipica e l’importanza del carpe diem>> di cui detto prima. A tuo parere, l’“atipico” che sfumature e motivazioni può serbare in sé? Il bello di una cosa “atipica” è che non ha motivazioni. Proprio per definizione è fuori da ogni schema e non abbisogna né è classificabile. È infatti questo che mi entusiasma dell’atipico, è semplicemente diverso e, che piaccia o no, non segue alcun modello convenzionale o predefinito.

Afferrare il giorno è il tuo stile di vita trasposto oggi nel concreto o vi sono delle abitudini, magari ereditate dall’educazione trasmessa a livello famigliare e forse derivate persino dal contesto sociale, per cui sei stato e ancora sei lontano dal godere di ogni singolo momento, incapace di non aspettare e di non rimandare più a domani? Sicuramente non è facile seguire ed avere sempre questa attitudine, all’“afferrare il giorno”, nella vita. Ci sono alti e bassi, momenti in cui è più complicato, altri durante i quali all’opposto risulta più immediato. Avere questo portamento nella musica mi aiuta persino ad affrontare la quotidianità nella maniera migliore e cioè ad “afferrare il giorno”.

Confidare il meno possibile nel domani e, per contro, apprezzare quello che già si ha che contorni ha assunto nel tuo 2020, certo un anno complicato e difficile per tutti? È stato un anno indiscutibilmente complicato, ma saper trovare comunque il positivo nelle e delle difficoltà è imprescindibile per superare i brutti momenti e tornare a vivere con il giusto coraggio. A volte si notano soltanto gli aspetti negativi senza rendersi conto che, non di meno, il vivere è ricco di beltà.

Vi è qualche nuova consapevolezza e/o intenzione che è sopraggiunta proprio a seguito della pandemia? E quali le tue più urgenti speranze per il 2021? Mi auguro che possa essere un anno attento e d’attenzione alla sostenibilità ambientale, migliore. Solo tutti insieme si può rispettare la Terra. Quello che è successo spero faccia capire quanto sia fragile la nostra condizione e quella del nostro pianeta.

Poliedrico tant’è che sei musicista e compositore, cantante solista e corista, autore, dedito a produzioni discografiche, colonne sonore ed arrangiamenti pure per note aziende quale il principale potere, il maggior valore e pregio della Musica dal tuo punto di vista? Il potere della musica, a mio avviso, è quello di avere la possibilità di emozionare e nessun tipo di barriera. Suscitare emozioni e parlare una lingua comprensibile a tutti è proprio il bello della musica. Io dico sempre che se un brano suscita emozioni anche solamente in una persona, allora, ha raggiunto il suo scopo.

Come descriveresti il tuo fare musica, il tuo “mood” musicale? Per il mio modo di fare musica, è difficilissimo esprimere in una definizione un qualche “mood” musicale. Di sicuro, in ogni caso, cerco sempre di essere spontaneo e diretto. Realmente la semplicità è una caratteristica che apprezzo molto nella Musica e nel fare musica.

Cosa, a tuo parere, non può mancare ad un Artista con la A maiuscola e cosa gli si può invece “perdonare”? Ad un Artista con la A maiuscola, secondo me, non può mancare la necessità e la fame di creare mentre gli si può perdonare di essere un essere umano dacché, e non lo si dovrebbe mai dimenticare, dietro ad un grande Artista c’è tuttavia sempre un uomo con le sue fragilità.

Giulia Quaranta Provenzano