Malasanità? Mancanza di rispetto? Presa per i fondelli o episodio di puro razzismo? Le domande sorgono spontanee nel leggere la triste storia che ci ha raccontato un lettore e che andiamo a pubblicare oggi.

Il caso che emerge dalle sue parole è emblematico: naturalmente non riguarda tutta la categoria degli infermieri che lo stesso lettore elogia per lo spirito di abnegazione, professionalità e dedizione che quasi tutti mettono nello svolgere il proprio lavoro, ma solo, a suo dire, due infermiere, che di umanità, certo, ne hanno dimostrata davvero poca.


Purtroppo, in ogni ambiente, le “mele marce” si trovano dappertutto; ma quando capitano in un settore così delicato come quello della salute delle persone, non si può stare zitti.

Così, il nostro lettore, italiano e tortonese, di cui conosciamo perfettamente l’identità, ma ovviamente non possiamo comunicarla per il segreto professionale e per la legge sulla privacy, ha deciso di divulgare pubblicamente, quello che, secondo il suo racconto, è accaduto a sua moglie alcuni giorni fa, all’ospedale di Novi Ligure.

Ha deciso di farlo affinché le autrici, leggendo queste righe, forse, possano vergognarsi del loro comportamento e nella speranza che altri non debbano subire ciò che ha patito la sua consorte.

Se poi l’Asl avrà cura di avviare un’inchiesta e intervenire nei confronti di queste persone che certo non contribuiscono a migliorare la Sanità, meglio ancora.

Il racconto di un episodio vergognoso

Vi scrivo per segnalare un episodio di razzismo che si è verificato nel reparto di ginecologia dell’ospedale di Novi Ligure in questi giorni.

Tutto è iniziato quando mia moglie, alla 7^ settimana di gravidanza ha purtroppo avuto un aborto in casa. Siamo stati costretti a chiamare l’ambulanza e nonostante la forte neve e delle strade difficilmente praticabili, l’ambulanza è riuscita a raggiungerci e i ragazzi sono stati veramente pronti, professionali e soprattutto umani nel supportare mia moglie da Tortona fino all’ospedale di Novi Ligure.
Nel frattempo io avevo già chiamato il reparto di Ginecologia dell’ospedale e insieme a mia moglie abbiamo evidenziato direttamente alla dottoressa che era di turno a quell’ora, quello che era successo.

All’arrivo al Pronto soccorso in ospedale, il personale, anche in quel caso, si è dimostrato molto vicino a mia moglie non potendo io essere presente all’interno del nosocomio a causa della difficile situazione dovuta al Covid che stanno vivendo tutti gli ospedali.
Anche durante la prima visita nel reparto di ginecologia mia moglie è stata ben seguita professionalmente e umanamente.

Purtroppo così non è stato dal momento in cui è stata ricoverata per la notte dove, non i medici, ma una parte dello staff, ha bullizzato mia moglie perché lamentava dolori dopo l’aborto, convinti che, essendo lei straniera, lei non capisse la lingua itaiana.

Mia moglie è giovane, è straniera e non riesce ad esprimersi in un italiano perfetto ma riesce a capirlo correttamente e mi ha riferito che parlavano di lei ad alta voce esprimendo disappunto per il fatto che lei si lamentasse del dolore, sminuendo la sua situazione fisica e mentale.

Mi ha riferito che non ha neanche ricevuto la dovuta assistenza per quelle poche ore che è stata ricoverata; lasciandole l’acqua di fronte alla porta e se aveva sete doveva andare a prendersela autonomamente. Anche sentendola star male mentre vomitava nessuno l’ha assistita, né con medicinali, né personalmente.
Tra l’altro quando sono andato a prenderla il giorno dopo, io non potevo entrare in reparto e mia moglie è venuta verso di me a fatica senza neanche essere accompagnata o che le portassero i suoi effetti. Ho richiesto anche una sedia a rotelle per portarla verso l’uscita dell’ospedale ma questa mi è stata negata.

Preciso che questi episodi di mancanza di professionalità e comportamenti vessatori e sminuenti verso una donna che ha appena abortito e con delle evidenti difficoltà, sono da attribuire non a tutte le persone che l’hanno assistita in ospedale, ma solo due infermiere.

Provate a immaginare una situazione difficile come questa, in cui i parenti non possono andare a far visita o dare supporto, come possa essere psicologicamente deleterio avere a che fare con delle persone di quel genere…

Fortunatamente poi una volta casa, mia moglie ha ricevuto la vicinanza umana che le serve per superare questo triste momento.

Solitamente gli ospedali dovrebbero essere luoghi dove, oltre al valore professionale, dovrebbe esserci anche una forte componente umana, ma purtroppo, almeno per quanto riguarda mia moglie, così, almeno in parte, non è stato.

Mi duole dover evidenziare certi comportamenti in momento delicato come questo, però lo ritengo opportuno per coloro, italiani o stranieri, che hanno avuto esperienze simili alla nostra e ho deciso di farlo nella speranza di poterne impedire altri simili in futuro.
Allo stesso tempo volevo ringraziare i ragazzi della Croce rossa, lo staff del Pronto Soccorso di Novi Ligure e i medici che l’hanno assistita.
Grazie anche a voi nel caso prendiate in considerazione questa storia.
Vorrei divulgare il fatto in forma anonima e senza polemiche. Grazie .

Lettera Firmata