Vincenzo Incenzo è un cantautore, scrittore e regista italiano nato a Roma il 24 gennaio del 1965.

Tra le sue collaborazioni più importanti spiccano quelle con Renato Zero – con il quale ha iniziato il proprio percorso artistico nella veste di autore, Armando Trovajoli, Lucio Dalla, PFM, Michele Zarrillo (con lui presente come autore, al Festival di Sanremo, del brano “Cinque giorni”, “L’elefante e la farfalla”, “L’acrobata”, “L’alfabeto degli amanti”), Sergio Endrigo, Ron, Antonello Venditti, Patty Pravo, Ornella Vanoni, Franco Califano, Tosca, Al Bano (con Carrisi, sempre per il Festival della Città dei Fiori, autore del brano“Nel perdono”), Massimo Di Cataldo (con questi protagonista al Festival sanremese, poiché autore del brano “Che sarà di me”), Paolo Vallesi e molti altri.


Per il teatro Vincenzo Incenzo ha invece scritto la versione italiana del musical “Romeo e Giulietta – Ama e cambia il mondo” di Gerard Presgurvic e “Dracula Opera Rock” su musiche del gruppo Premiata Forneria Marconi, entrambi prodotti da David Zard. Ha poi scritto e diretto i musical “Diana & Lady D” e “Rosso Napoletano”; con il sorcino Renato Fiacchini “Zerovskij, solo per amore” e con Rosalino Cellamare “Lucio!”, dedicato a Lucio Dalla.

L’artista romano ha inoltre composto le canzoni per la pellicola “Il principe abusivo” di Alessandro Siani e Christian De Sica, e ha curato la versione italiana delle canzoni di Cole Porter in “Vacanze romane”, riconosciuta come versione ufficiale dalla Cole Porter Society. Egli ha persino pubblicato i libri “La Partitura infernale” per la collana Fonòpili, “Il sorriso d’avorio d’una ragazza d’ebano” per LietoColle e sempre pubblicato da LietoColle “Cinema Mundi”, “La Canzone in cui viviamo” e “#Romeo&Giulietta nel duemilaniente#” editi da No Replay, “Valentina Giovagnini” per Zona e “Zero” uscito per Tattica.

Vincenzo Incenzo è pure direttore artistico e autore della mostra del 2014 “Zero”, dedicata a Renato Zero e per la televisione ha creato canzoni destinate alla fiction Mediaset “Non smettere di sognare” ed è coautore dell’edizione 2013 di “Capodanno in musica di Canale 5” e di “Romeo & Giulietta, una storia mai raccontata” per Raidue. Il suo canto “Creatura nuda” è entrato nella famosa serie internazionale Beatiful; i suoi brani appaiono nei film “Il paradiso all’improvviso” di Leonardo Pieraccioni, “Dalla vita in poi” di Gianfrancesco Lazzotti, “Ho sposato mia madre” di Domenico Costanzo e “Luce oltre il silenzio” di Giuseppe Racioppi. Nel 2018 infine è uscito in lingua italiana e spagnola “Credo”, il primo album da cantautore del poliedrico creativo, che è stato prodotto proprio da Renato Zero. Tra i numerosi riconoscimenti ricevuti due volte il Premio Lunezia, il Premio SIAE Autori, la Medaglia d’argento della Camera dei Deputati per l’attività d’autore, il Premio Internazionale di Poesia Alfonso Gatto e il Premio Giffoni Film Festival.      

Ed ecco che noi di Oggi Cronaca abbiamo con immenso piacere intervistato Vincenzo Incenzo, per la nostra rubrica Oggi Musica, a proposito anche della presentazione del suo nuovo album “Ego” – Verba Manent / distribuito da Artist First e prodotto da Jurij Ricotti [https://Ink.to/VincenzoIncenzo_EGO]. A seguire, la detta intervista.  

Vincenzo, come ti descriveresti in quanto persona e come artista? Un sognatore, un curioso, innamorato della vita e di tutte le sue espressioni che cerco di catturare in ogni modo attraverso l’arte, il viaggio e l’amore; e questo vale sia per la persona che per l’artista.

Con quale intenzione ed aspettativa viene alla luce il tuo brano “Fuori fuoco” (canzone contenuta in “EGO” insieme a “Allons Enfants”, “L’amore ha un nome solo”, “Benvenuta”, “Un’altra Italia”, “Il capolavoro”, “Il paradiso”, “Rispondimi”, “L’indifferenza”)? L’idea è quella di raccontare un “mondo di sotto”, totalmente fuori dai radar e che però è invece linfa vitale del nostro Paese. Mi riferisco per esempio a lavori estremamente utili eppure sottopagati, che sostengono parte della nostra economia. Il pregiudizio e certa propaganda politica tendono ad affondarlo sempre più. La vita del più debole oggi non ha valore, non ha mercato. Sembrano piuttosto trovare agio i violenti, osannati anche nei social e sponsorizzati dalle grandi firme. L’odio affascina, affascina la violenza come forma di negazione dell’altro.

Come nasce e perché il titolo “Fuori fuoco”? Una prima lettura del titolo infatti, ancor prima di ascoltare e vedere il video, potrebbe subito far pensare a qualcosa/qualcuno che non è ben “focalizzato”/tenuto in considerazione/capito all’esterno da terzi soggetti, ma pure a quanto “scotta” intorno a noi oppure ancora a noi quanto potremmo “scottare” chi/ciò che ci circonda… Sono partito da un cameo di Robin Williams in un film geniale di Woody Allen, “Harry a pezzi”; lui era l’attore fuori fuoco, condizione che manteneva anche nella vita reale, una volta tornato a casa. Una metafora fantastica dell’inadeguatezza e del senso di spaesamento. Il “focus” attualmente è rappresentato dalla convenzione, dal “politicamente corretto”, dal falso moralismo e dalle sue derive, spesso anticamere di razzismo e classismo.

Dicono della tua arte <<“Fuori fuoco” è uno dei brani più emozionanti dell’ultimo disco dell’autore, un vero pugno allo stomaco che vuole colpire la sensibilità di chi ascolta, affrontando in maniera estremamente diretta, e con un suono molto crudo, razzismo, bullismo e pregiudizio>>: tu hai vissuto in prima persona qualcuna di queste violenze e dunque, oltre a cercare di smuovere una coscienza sociale, hai scritto il brano altresì con finalità per te “terapeutica”? Sono stato vittima di bullismo da bambino, nelle colonie estive; sicuramente una traccia c’è di tutto questo. Ma c’è soprattutto l’osservazione di un mondo. Sono molto vicino a comunità extracomunitarie, con la mia compagna colombiana ho vissuto in prima persona in Italia l’esperienza del razzismo.

A tuo avviso da cosa nasce la violenza e il pregiudizio, e come è possibile dare origine ad un cambiamento da vedere nei fatti e non solo a parole? Ovvero oltre a prendere e tentare di far prendere coscienza della necessità di un cambiamento, come è possibile attuarlo operativamente? L’esempio è mancato. La cultura è morta nei salotti televisivi con gli intellettuali seppelliti di denaro e di ridicolo; la scuola, il teatro, l’editoria sono stati svenduti a trance; il linguaggio ridotto a gesti primitivi; le nostre difese immunitarie si sono abbassate giorno dopo giorno, ed è entrato mitridaticamente veleno nelle maglie rilassate della rete civile. Credo che i simboli incidano sulla sfera emotiva delle persone e rinviino a orizzonti concettuali precisi, fornendo direzioni all’agire sociale e politico. Questa è una società all’interno della quale il debole perderà sempre. Devono tornare al centro il pensiero e la parola, c’è violenza dove non c’è dialogo. Parlerei meno alla pancia, fossi un politico, e più alla testa e al cuore. È dimostrato che dove c’è cultura le cose cambiano. Un esempio per tutti: l’orchestra creata in Brasile da Caetano Veloso con i ragazzi di strada.

È stato inoltre affermato, a riguardo del tuo “Fuori fuoco” che <<Il brano, emblematico per tutti gli emarginati sociali, dà il nome anche al progetto che il cantautore romano ha presentato sui suoi canali social: l’istituzione di una borsa di studio in nome di Willy Monteiro, ucciso lo scorso mese a Colleferro (RM), per dare dignità ai ragazzi “fuori fuoco” e per riconoscere agli ambienti dello sport la loro nobile missione>>: da cosa deriva l’emarginazione sociale, a cosa ossia è attribuibile? I modelli dominanti tendono ad escludere, a recintare; vietato fallire, bisogna sempre vincere, essere perfetti, sembrano dirci la televisione e la rete, i social. Ma il problema arriva da lontano. Si parla di uguaglianza tuttavia il modello è ogni volta un’uguaglianza tra eguali e mai tra diversi. Mi ripeto nella convinzione che la cultura e in particolare la scuola possono fare tanto, creare circuiti virtuosi.

A proposito di sport, quale pensi sia la sua più nobile missione? E tu pratichi qualche sport attualmente, e da bambino/ragazzo? Lo sport è civiltà, salva ogni anno migliaia di ragazzi dalla strada. Ragazzi che a volte magari si riscattano e diventano campioni, come quelli che mi è capitato di incontrare realizzando il video di “Fuori fuoco”. Le derive economiche e l’esaltazione non appartengono al messaggio originario. Lo sport è stato al centro della mia formazione. Ho praticato nuoto, tennis, e ho sempre giocato a calcio, affinando il mio relazionarmi con gli altri, oltre che la mia salute fisica e mentale.

Perché hai deciso di istituire una borsa di studio per il Centro Montesacro Boxe Academy di Roma, ovvero perché dare la possibilità di studiare proprio arti marziali e non, magari, un’altra disciplina/sport? Le arti marziali hanno generato in questi anni una fusione virtuosa tra italiani e seconde generazioni di immigrati, creando le basi per una vera coscientizzazione sociale ed un’autentica cultura della pace. Ecco perché le ho messe al centro della mia iniziativa. Nessuna equazione è possibile tra arti marziali e violenza. Ancora una volta, dopo la tragica vicenda di Willy, è partito lo scarico delle responsabilità; il termine “chiudere” è il mantra di questi anni populistici. Ancora una volta il segnale dell’occasione persa per indagare davvero nel disagio, nel ruolo della famiglia, della scuola e nei modelli violenti ossessivamente proposti dal sistema e dai social, dove non c’è spazio per la sconfitta e per il fallire, dove l’offerta illimitata genera vuoti continui; modelli, questi sì, criminali, che non troveranno mai posto su un ring o dietro un sacco in quelle ore durissime di allenamento e durante le quali accanto a delle braccia e a delle gambe si forgiano valori umani, meritocrazia, rispetto delle regole e dell’altro, inclusione, amicizia.

La Musica invece, per te, quale missione ha (o per lo meno dovrebbe avere dal tuo punto di vista)?  Ed inoltre, detto in altre parole e a completamento della presente domanda, nel tuo caso ti senti più vicino alla Musica come espressione di un tuo stato interiore personale ed autocentrico oppure alla Musica come occasione di riflettere e far riflettere sul sociale? La musica, e l’arte in genere, hanno un valore immenso nella formazione dell’individuo, al di là che se ne faccia poi una professione. Tutto ciò che è creatività andrebbe valorizzato in ogni modo, la creatività è la fonte della nostra identità; avere una formazione artistica, anche basica, non è solo un diritto ma è un dovere civile, soprattutto in un mondo come quello di oggi, dove si tendono a livellare le differenze. L’arte parla ancora un linguaggio libero, almeno dove è ancora autentica. Per quello che mi riguarda, intimo e sociale viaggiano su binari paralleli. Il mio album “Ego” è la perfetta rappresentazione di questo, canzoni “intime” e canzoni “sociali”, anima e mondo, individuo e folla che si alternano, si rincorrono, si fondono, si soccorrono.

Cosa ami maggiormente dell’Arte in generale e della Musica nello specifico – e quando si può affermare di trovarsi di fronte ad un’Artista con la –A maiuscola? Amo la possibilità di coltivare la propria differenza. L’artista vero è unico, irripetibile, nel bene e nel male.

Al di là delle impressioni soggettive che tutti quanti proviamo, pensi che sia possibile per gli “addetti ai lavori” cioè per i critici e per gli studiosi d’Arte giungere ad un’unica vera interpretazione oggettiva dell’elaborato e di quanto l’artista ha voluto ed è riuscito, forse persino in parte inconsapevolmente, a trasmettere con esso? Difficile, ma possibile. Qualcuno ha detto “(…) bisognerebbe giudicare godendo e godere giudicando”. Non è una forma mentis della critica “lasciarsi andare”, il critico è quasi sempre sulla difensiva, lascia spesso fuori dalla porta il suo retaggio emotivo e ludico in nome di una grammatica seriosa, accademica e a volte calcificata. Ma ci sono critici illuminati che oltre a parlare, ascoltano, si divertono, godono giudicando e giudicano godendo.

Dal tuo punto di vista qual è il vero fallimento sia come persona, che come artista? E quali sono i valori principi per te come persona e come artista? Non vivere secondo i propri desideri, vivere una vita altra da quella che il nostro cuore e la nostra testa ci indicano. Si fallisce come individui e come artisti ogni volta che si bleffa con se stessi.

Qual è la maggiore debolezza e la maggiore forza di una persona, secondo te? E quale la tua di maggiore forza e debolezza? Non voglio giocare con le parole, ma credo proprio che la maggior forza sia manifestare la propria debolezza e la maggiore debolezza sia ostentare una forza che non ci appartiene. A me l’arte ha concesso il privilegio di mettermi a nudo, e dalle mie debolezze ho preso forza.

Cosa ne pensi dello Stato e delle leggi (e/o della mancanza di leggi) italiane? Chiedo ciò proprio in riferimento ai tanti fatti di cronaca, come la morte di Willy e alle denunce senza seguito che tuttavia furono già fatte, invano, nei confronti dei suoi assassini… “Ruba una mela e finirai in galera, ruba un palazzo e ti faranno re”. Cantava qualcosa del genere Bob Dylan. È una condizione non solo italiana. Quando i deboli chiedono diritti devono aspettare, c’è prima da sbrigare la pratica dei forti.

“Ego” è un disco romantico e politico (…) in cui ti sei messo coraggiosamente a nudo raccontando tutta la tua rabbia, spaesamento sociale e bisogno d’amore in questo presente smaterializzato, che non ha più identità, voce e differenze: hai voglia di scendere ancora più nel dettaglio spiegandoci ulteriormente questa tua affermazione? La totale perdita di identità e tutte queste derive di pensiero che tendono a livellare in una dimensione planetaria le differenze e a massificare l’individuo, paradossalmente hanno generato un rifiuto dell’EGO, il vero ego, non quello che ammicca nei selfie o nei profili social. Nessuno fa il primo passo per uscire dalla folla. Io intendo difendere – con le mie canzoni – la coscienza di essere chi siamo, abbracciando tutti i nostri colori e tutte le nostre diversità. Nella folla la responsabilità del singolo è morta, abbiamo svenduto la libertà in nome della comodità e delegato ad altri l’angoscia di dover scegliere il nostro destino. Dobbiamo tornare al centro. Stanno saltando costituzioni, diritti, valori secolari, meriti; è scomparsa la privacy e domina l’apparire e l’educazione alla paura. Oggi l’impegno del singolo è centrale, dobbiamo uscire allo scoperto uno per uno.

E a proposito Ego, di autocoscienza, tu sei più cuore oppure ragione? E quali i “nei” e gli aspetti positivi rispettivamente dell’istinto e del cuore, e della razionalità? Credo di riuscire a mediare abbastanza i due mondi; mi muove il cuore, mi tiene a bada la ragione. La compresenza di entrambi è necessaria, altrimenti si rischia l’isolamento oppure, di contro, l’omologazione.

Cosa consiglieresti ai giovani che oggi desiderano dedicarsi alle proprie passioni per professione? Credi ovvero che basti volere qualcosa per poterla avere, per potersi dedicare ad essa oppure invece, secondo te, la quotidianità esige sempre l’arrivare a dei compromessi tanto che talvolta si è costretti a rinunciare ai propri sogni e si è costretti ad omettere quanto è in controtendenza con i tempi, con la società e con quanto non fa vendere? Consiglio sempre di coltivare la propria differenza, incuranti delle critiche. Consiglio di farsi trovare inoltre inattaccabili, pronti al contraddittorio con chi pensa di saperne di più, più di noi. Studiare, per dare forza al proprio istinto e alle proprie motivazioni. E sperimentare per la strada, nelle cantine, in viaggio. Io sto lottando in un nuovo percorso, dopo tanti anni come autore sto facendo il cantautore, ho lasciato il certo per l’incerto ma non si vive senza sfide. Non ho mai accettato compromessi, forse avrei potuto lavorare di più piegandomi a qualcosa eppure la libertà per me è vitale per creare, quindi non c’è stata mai rinuncia. Certo è che è sempre più difficile emergere, farsi notare, per il sistema che si è generato e per la lottizzazione dei canali di promozione.

Cosa ne pensi della DEMOCRAZIA DELL’ARTE: è cioè giusto/è un bene che tutti si possano alzare una mattina e dire di aver creato un’opera d’arte? Quello che desidero chiedere è ovvero se, secondo te, qualsiasi elaborato può essere chiamato opera d’arte. Credo che la rete abbia fatto tante cose buone, ma che abbia non di meno sdoganato il dilettantismo. Non mi sognerei mai di operare di appendicite un essere umano …non si capisce perché l’arte debba sfuggire ad un discorso di competenze e di talento e perché si debba rivendicare un valore a prescindere per qualsiasi tentativo di approccio alla materia artistica. Ma questo non vuol dire che qualcuno debba privarsi del proprio giardino creativo. Lo ripeto, la creatività fa bene sempre, anche se rimane nell’anticamera dello svago. Importante che non vengano meno la coscienza del limite e il senso critico. E il rispetto.

Quali i tuoi prossimi progetti? Mi mancano i concerti, ultimo tassello rimasto in sospeso del mio progetto “Ego”. Speriamo quanto prima di andare in tour, soprattutto perché questo vorrebbe dire che lo scenario è cambiato. Per il momento andiamo in streaming con i live, il primo è stato il 31 ottobre. Poi c’è il teatro; ho spettacoli pronti a partire che mi vedono come autore e regista. Vale la stessa speranza.

Giulia Quaranta Provenzano